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Responsabilità amministratore prestanome: la Cassazione

La Corte di Cassazione affronta il tema della responsabilità amministratore prestanome in un caso di dichiarazione fiscale infedele. Pur confermando la condanna penale sulla base del dolo eventuale, la Corte ha annullato la sentenza riguardo la confisca. L’amministratore, pur consapevole dei rischi legati alla figura del ‘dominus’ occulto, non può subire una confisca sproporzionata rispetto al suo ruolo marginale. La Corte ha quindi rinviato il caso per una nuova valutazione dell’importo da confiscare.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Responsabilità amministratore prestanome: i limiti secondo la Cassazione

La questione della responsabilità amministratore prestanome è un tema ricorrente e delicato nel diritto penale societario e tributario. Spesso, per amicizia o ingenuità, si accetta di ricoprire formalmente la carica di amministratore di una società, lasciando la gestione effettiva a un’altra persona, il cosiddetto dominus. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti, distinguendo nettamente tra la colpevolezza penale e la proporzionalità delle sanzioni patrimoniali come la confisca.

I fatti del caso: l’amministratore di facciata

Il caso riguarda un amministratore unico di una S.r.l., condannato in primo grado e in appello per il reato di dichiarazione infedele (art. 4 del D.Lgs. 74/2000). La sua difesa si basava su un punto centrale: egli era un mero prestanome, un amministratore di facciata che aveva accettato l’incarico per amicizia con il vero dominus della società. Quest’ultimo non poteva figurare ufficialmente per “ragioni legate a rischi” che correva. L’amministratore, pur svolgendo attività di docente e coordinatore per la società, sosteneva di essere all’oscuro delle irregolarità fiscali, in quanto le dichiarazioni erano predisposte dal commercialista e da lui firmate senza alcun controllo.

L’appello e i motivi del ricorso

In Cassazione, la difesa ha sollevato tre principali motivi di ricorso:

1. Violazione del diritto di difesa: Si lamentava che i documenti su cui si basava la testimonianza chiave dell’accusa non erano mai stati materialmente prodotti in giudizio, impedendo un’efficace contestazione.
2. Insussistenza dell’elemento soggettivo: Si contestava la presenza del dolo, sostenendo che l’amministratore era inconsapevole dell’attività illecita, agendo come un semplice prestanome.
3. Illegittimità della confisca: Si criticava sia la quantificazione del profitto, basata su atti non disponibili, sia l’omessa valutazione della proporzionalità della misura rispetto al ruolo marginale svolto dal ricorrente.

La decisione della Cassazione sulla responsabilità amministratore prestanome

La Suprema Corte ha adottato una decisione articolata, respingendo i primi due motivi ma accogliendo il terzo, relativo alla confisca.

Il rigetto delle censure procedurali e sul dolo

La Corte ha ritenuto infondato il motivo sulla violazione del diritto di difesa. I giudici hanno osservato che i documenti in questione erano digitalizzati e accessibili tramite il sistema informatico ministeriale (TIAP), per cui la difesa avrebbe potuto consultarli. Inoltre, l’eccezione andava sollevata durante il processo di primo grado e non tardivamente in appello.

Anche riguardo al dolo, la Cassazione ha confermato la condanna. I giudici di merito avevano correttamente evidenziato che l’imputato non era un soggetto sprovveduto. Il rapporto decennale con il dominus, la consapevolezza che quest’ultimo non potesse apparire per evitare “rischi”, e il suo ruolo operativo all’interno dell’azienda erano tutti elementi che configuravano almeno un dolo eventuale. L’amministratore, accettando la carica in quel contesto, aveva accettato il rischio che venissero commessi illeciti fiscali.

L’accoglimento del motivo sulla confisca

Il punto di svolta della sentenza riguarda la confisca. La Corte ha ritenuto fondata la doglianza della difesa, rilevando come la Corte d’Appello avesse completamente omesso di motivare in merito alla proporzionalità della misura. Pur essendo accertata la responsabilità amministratore prestanome, non si può ignorare che la figura del dominus era emersa chiaramente nel processo come il vero beneficiario dell’attività illecita.

Le motivazioni

Nelle motivazioni, la Cassazione ha sottolineato un principio fondamentale: la responsabilità penale non implica automaticamente una sanzione patrimoniale indifferenziata. Nel determinare l’importo della confisca, il giudice deve compiere una valutazione autonoma e tenere conto della ricostruzione complessiva dei fatti, inclusa la presenza e il ruolo di altri soggetti, come il dominus effettivo. Ignorare la questione della proporzionalità, specialmente quando sollevata dalla difesa, costituisce un vizio di motivazione che porta all’annullamento della sentenza su quel punto.

Le conclusioni

La sentenza stabilisce un importante equilibrio. Da un lato, ribadisce che accettare il ruolo di prestanome, essendo consapevoli dei rischi e del contesto opaco in cui opera il dominus, integra la colpevolezza per i reati tributari a titolo di dolo eventuale. Dall’altro, impone ai giudici di merito di non applicare sanzioni ablative come la confisca in modo automatico, ma di ponderare attentamente la misura in base al ruolo concreto e marginale svolto dal prestanome. La Corte ha quindi annullato la sentenza impugnata limitatamente alla quantificazione della confisca, rinviando ad altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio che tenga conto del principio di proporzionalità.

Un amministratore ‘prestanome’ può essere ritenuto responsabile per reati fiscali?
Sì, secondo la sentenza, un amministratore prestanome può essere ritenuto responsabile se è consapevole del contesto di illegalità o dei ‘rischi’ associati alla figura del dominus occulto. Tale consapevolezza può integrare il ‘dolo eventuale’, sufficiente per affermare la responsabilità penale.

Cosa si intende per ‘dolo eventuale’ nei reati tributari?
Il dolo eventuale si configura quando l’amministratore, pur non avendo come obiettivo primario l’evasione fiscale, accetta consapevolmente il rischio che la sua condotta (come la firma di dichiarazioni non verificate in un contesto opaco) possa portare alla commissione di un reato tributario.

La confisca del profitto del reato deve essere proporzionata al ruolo effettivo svolto dall’imputato?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello ha errato omettendo di valutare la proporzionalità della confisca. Il giudice deve considerare il ruolo marginale del prestanome rispetto a quello del dominus, che è il vero beneficiario dell’illecito, e adeguare la sanzione patrimoniale di conseguenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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