Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23391 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23391 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 16/05/2025
QUINTA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
UP – 16/05/2025
R.G.N. 6704/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a DELICETO il 25/08/1957 avverso la sentenza del 20/11/2024 della Corte d’appello di Torino Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso udito il difensore che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 20 novembre 2024, la Corte di appello di Torino confermava la sentenza del Gup del locale Tribunale, che aveva ritenuto NOME COGNOME colpevole dei delitti di bancarotta così ascrittigli:
al capo B (assorbita la condotta contestata al capo A), per avere, quale amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita il 23 agosto 2017, cagionato il fallimento della stessa con le operazioni dolose ivi descritte (nei bilanci e nelle dichiarazioni fiscali erano state esposte voci non corrispondenti al vero, così ingenerando una rilevante esposizione debitoria in particolare nei confronti dell’erario);
al capo C, nella qualità di cui sopra, per avere sottratto o distrutto o occultato i libri e le altre scritture contabili della fallita e ciò allo scopo di recare pregiudizio ai creditori;
al capo D, ancora nella qualità di cui sopra, per non avere adottato i provvedimenti previsti dagli artt. 2482 ter e 2484 cod. civ., pur sussistendone i presupposti, così violando il disposto dell’art. 224 legge fall.
All’imputato, esclusa la recidiva e ritenute le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta, con la diminuzione del rito, veniva irrogata la pena di anni due e mesi due di reclusione.
1.1. In risposta ai dedotti motivi di appello, la Corte distrettuale osservava quanto segue.
Nell’atto di appello non si era contestata la materialità degli addebiti ma solo la loro ascrivibilità all’imputato e non, invece ed esclusivamente, al professionista che aveva provveduto a tenere la contabilità.
La tesi difensiva non aveva pregio posto che per la tenuta della contabilità l’imputato si era sempre avvalso dell’opera del medesimo professionista, a cui aveva affidato analogo incarico anche in relazione ad altre società sempre a lui facenti capo. NØ il rapporto di fiducia si era incrinato quando gli erano stati contestati gravi irregolarità contabili, tali da generare una rilevante esposizione debitoria nei confronti del fisco.
Era, comunque, del tutto evidente, che era stato l’imputato, quale amministratore della fallita, a consegnare al professionista la documentazione contabile che, riportata nei bilanci (di cui al capo A dell’imputazione) e nelle dichiarazioni fiscali (indicate al capo B della rubrica) aveva generato quel debito complessivo verso l’erario che aveva cagionato il dissesto.
Del pari, l’interesse alla mancata consegna di tutto il compendio contabile era, ancora, nell’interesse del prevenuto onde impedire, a danno dei creditori, la verifica della amministrazione della società.
L’ingente danno economico complessivamente causato ai creditori escludeva che si potesse configurare l’attenuante specifica.
Propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore Avv. NOME COGNOME articolando le proprie censure in tre motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità dell’imputato.
L’argomentazione spesa dai giudici del merito in ordine alla ascrivibilità delle condotte non al solo professionista incaricato della tenuta delle scritture ma anche all’amministratore della società doveva considerarsi superata da quanto emerso dopo la sentenza del Tribunale.
Si doveva infatti ricordare come il professionista in questione, il dott. COGNOME avesse sporto a suo tempo una querela per estorsione nei confronti dell’imputato. E tuttavia, dopo la sentenza di prime cure di questo processo, nel diverso procedimento l’imputato era stato assolto.
Da ciò si sarebbe dovuto dedurre che in capo all’odierno imputato non poteva sussistere l’elemento soggettivo del reato.
Non si erano poi considerati i rilievi mossi dal consulente di parte dott. COGNOME che assumeva come il commercialista non avesse spiegato al prevenuto le conseguenze della registrazione nelle scritture delle fatture contestate.
Anche la redazione del bilancio in forma abbreviata derivava da una scelta del commercialista.
Il brig. COGNOME aveva confermato che si era trattato di scelte che poteva essere fatte soltanto da un esperto di contabilità.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed il difetto di motivazione in rodine alla ritenuta responsabilità del prevenuto in riferimento alla condotta di bancarotta documentale.
La documentazione contabile era rimasta nel possesso del commercialista e questi nonostante avesse assicurato al curatore che l’avrebbe consegnata non l’aveva fatto.
L’imputato non poteva risponderne solo per non aveva sollecito il commercialista a farlo.
Anche sotto questo aspetto, la Corte di merito non aveva considerato la definitiva assoluzione dell’imputato da delitto di estorsione denunciato nei suoi confronti dal commercialista.
2.3. Con il terzo motivo denuncia il vizio di motivazione in relazione al diniego della circostanza attenuante prevista dall’ultimo comma dell’art. 219 legge fall.
Il consulente COGNOME aveva provveduto a rideterminare i bilanci della società riducendo in modo considerevole gli scostamenti.
Di ciò la Corte non aveva tenuto conto limitandosi a negare l’attenuante per la supposta gravità dei fatti e per la personalità dell’imputato, senza esprimere valutazioni concrete sul danno cagionato ai creditori.
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha inviato una memoria con la quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il difensore dell’imputato ha inviato memoria con la quale ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse dell’imputato non merita accoglimento.
In ordine al riparto della responsabilità fra l’amministratore della società fallita (o il titolare dell’impresa individuale) ed il professionista incaricato della tenuta delle scritture contabili, in tema in
ordine al delitto di bancarotta fraudolenta documentale, questa Corte ha costantemente affermato che l’eventuale responsabilità del professionista non esclude, di regola, quella dell’amministratore (fatta salva la, rigorosa, prova contraria).
Si Ł infatti precisato che:
in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’imprenditore non Ł esente da responsabilità per il fatto che la contabilità sia stata affidata a soggetti forniti di specifiche cognizioni tecniche, in quanto, non essendo egli esonerato dall’obbligo di vigilare e controllare le attività svolte dai delegati, sussiste una presunzione semplice, superabile solo con una rigorosa prova contraria, che i dati siano stati trascritti secondo le indicazioni fornite dal titolare dell’impresa (Sez. 5, n. 36870 del 30/11/2020, COGNOME Rv. 280133 – 01; Sez. 5, n. 11931 del 27/01/2005, COGNOME, Rv. 231707 – 01; Sez. 5, n. 2812 del 17/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258947 – 01);
a norma degli artt. 2214 e 2241 cod. civ., l’imprenditore che esercita un’attività commerciale Ł obbligato, personalmente, alla regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili nella propria azienda. Egli può avvalersi dell’opera di un tecnico, sia esso un proprio dipendente o un libero professionista, ma resta sempre responsabile per l’attività da essi svolta nell’ambito dell’impresa. In caso di fallimento, quindi, risponde penalmente dell’attività e delle omissioni delle persone da lui incaricate che non hanno tenuto, in assoluto, o non hanno tenuto regolarmente i libri e le scritture contabili prescritte dalla legge. Il principio opera nel caso di inquadrabilità della condotta sia in reati punibili per dolo o colpa (bancarotta semplice), sia in delitti punibili soltanto a titolo di dolo (bancarotta fraudolenta documentale). In tale ultima ipotesi, l’imprenditore non va esente da responsabilità per aver affidato a un collaboratore le operazioni contabili, dovendosi presumere che i dati siano stati trascritti secondo le indicazioni e i documenti forniti dall’imprenditore medesimo. Trattasi, peraltro, di una presunzione “iuris tantum”, che può essere vinta da rigorosa prova contraria (Sez. 5, n. 709 del 01/10/1998, dep. 1999, COGNOME, Rv. 212147 – 01).
1.1. Nell’odierno caso di specie, invece, la prova contraria offerta dal ricorrente, al fine di addossare la responsabilità del delitto di bancarotta documentale (la cui materiale sussistenza non Ł oggetto di censura, risultando pacifico che non sia stato consegnato al curatore il compendio contabile, ad opera del legale rappresentate della fallita, sul quale incombeva, comunque, l’onere di tale adempimento) al solo professionista, non era stata affatto offerta nØ certo poteva definirsi ‘rigorosa’.
La Corte territoriale, infatti, con motivazione priva di manifesti vizi logici, aveva rilevato come il professionista si fosse limitato a ricevere i documenti contabili evidentemente consegnatigli dal prevenuto (posto che questi era il solo che amministrava la società) la cui irregolarità non poteva quindi essere attribuita ad altri che a costui.
Irregolarità – compiute anche per occultare dei ricavi e quindi a vantaggio della fallita e del suo amministratore e non certo del professionista incaricato di tenere la contabilità – che avevano condotto al dissesto della società per l’accumulo del conseguente debito fiscale, giunto ad una somma complessiva superiore ai cinque milioni di euro.
1.2. NØ poteva attribuirsi efficacia dirimente alla intervenuta assoluzione del prevenuto dal delitto di estorsione denunciato dal professionista come consumato a suo danno, posto che la stessa era dipesa dal riconoscimento di un rapporto professionale fra i due e, pertanto, dalla non illiceità della richiesta di somme fra i medesimi.
E, tuttavia, resta la considerazione che sia le operazioni dolose che hanno condotto al fallimento, sia la mancata consegna del compendio contabile erano tutte condotte commesse nell’interesse dell’imputato, quale amministratore della fallita, visto che, quanto ai fatti di bancarotta
documentale, era costui ad avere interesse a non consentire al curatore ed ai creditori di comprendere le ragioni del dissesto e di verificare l’eventuale presenza di poste attive o la possibilità di recuperarne, agendo così a danno della massa.
Sono pertanto privi di fondamento alcuno i due primi motivi di ricorso volti a negare l’ascrivibilità al prevenuto delle condotte di bancarotta al medesimo contestate.
2. Il terzo motivo Ł parimenti infondato.
La Corte d’appello aveva negato la configurabilità dell’attenuante specifica prevista dall’art. 219, ultimo comma, legge fall., considerando il danno cagionato ai creditori con le consumate condotte.
Deve allora rilevarsi come le operazioni dolose contestare al capo B (assorbito in esso il capo A) siano state consumate per importi rilevanti, tali da non poter essere certo definiti di particolare tenuità, e che, a fronte di tale dato quantitativo, la consulenza di parte (neppure allegata al ricorso) non appare dirimente, anche considerando che la materialità delle condotte (e, quindi, anche le somme indicate in imputazione), come si Ł detto, non Ł stata fatta oggetto di specifica contestazione.
E’ allora evidente come non sia concedibile l’attenuante invocata anche considerando quanto questa Corte ha già avuto modo di affermare, sia in via piø generale sia con particolare riguardo ai fatti di bancarotta fraudolenta documentale, che:
in tema di bancarotta fraudolenta, il giudizio relativo all’attenuante della particolare tenuità del danno patrimoniale, di cui all’art. 219, comma 3, legge fall. 16 marzo 1942, n. 267, deve essere posto in relazione alla diminuzione globale che il comportamento del fallito ha provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto ove non si fossero verificati gli illeciti (Sez. 5, n. 19981 del 01/04/2019, COGNOME, Rv. 277243 – 01);
in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili non consente l’applicazione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall’art. 219, comma 3, legge fall., qualora, rendendo impossibile la ricostruzione dei fatti di gestione dell’impresa fallita, impedisca la stessa dimostrazione del danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori (Sez. 5, n. 25034 del 16/03/2023, Cecere, Rv. 284943 – 01).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso, in Roma il 16 maggio 2025.