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Responsabilità amministrativa ente: non è automatica

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per responsabilità amministrativa ente a carico di una società armatrice, il cui comandante aveva causato uno sversamento di idrocarburi in mare. La Corte ha stabilito che la responsabilità della società non può derivare automaticamente dal reato del dipendente, ma richiede una prova specifica che l’illecito sia stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso, valutazione che il tribunale di merito aveva omesso.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Responsabilità amministrativa ente: non è automatica se il dipendente commette un reato

La responsabilità amministrativa ente, disciplinata dal D.Lgs. 231/2001, rappresenta un pilastro nel diritto penale d’impresa, ma la sua applicazione non è mai un automatismo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione lo ribadisce con forza, annullando la sanzione a una società per un reato ambientale commesso da un suo dipendente. La decisione chiarisce che, per affermare la colpevolezza dell’ente, non basta la condanna della persona fisica; è indispensabile dimostrare che l’illecito sia stato compiuto nell'”interesse” o a “vantaggio” della società stessa.

I fatti del caso: uno sversamento in mare

Il caso ha origine da un incidente ambientale. Il comandante di un motopesca, durante le operazioni di rifornimento, cagionava per colpa lo sversamento in mare di un ingente quantitativo di idrocarburi. A seguito di ciò, il Tribunale di Rimini condannava il comandante al pagamento di un’ammenda per la contravvenzione ambientale e, di conseguenza, sanzionava anche la società armatrice del peschereccio con una sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi del D.Lgs. 231/2001.

I ricorsi in Cassazione: due posizioni distinte

Contro la sentenza di primo grado, sia il comandante che la società hanno proposto ricorso in Cassazione, ma con motivazioni diverse:

1. Il comandante: lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per “particolare tenuità del fatto” (art. 131-bis c.p.), sostenendo che ne sussistessero i presupposti.
2. La società: denunciava l’errata applicazione della normativa sulla responsabilità degli enti. Sosteneva che il Tribunale avesse desunto la responsabilità della società in modo automatico dalla condanna del suo dipendente, senza fornire alcuna prova o motivazione sul fatto che il reato fosse stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente. Anzi, la società evidenziava di aver subito un danno economico, dovendo bonificare a proprie spese l’area inquinata.

La decisione della Corte sulla responsabilità amministrativa ente

La Corte di Cassazione ha esaminato separatamente i due ricorsi, giungendo a conclusioni opposte.

Il ricorso del comandante: inammissibile

Il ricorso del comandante è stato dichiarato inammissibile. I giudici hanno ritenuto la sua richiesta generica e infondata, sottolineando che lo sversamento era stato “ingente” e che la condotta negligente di un professionista durante operazioni pericolose come il rifornimento non poteva essere considerata di lieve entità.

Il ricorso della società: fondato

Di tutt’altro avviso è stata la Corte riguardo al ricorso della società. I giudici hanno accolto pienamente la tesi difensiva, ribadendo un principio fondamentale del D.Lgs. 231/2001: la responsabilità amministrativa ente non è una forma di responsabilità oggettiva o indiretta. Per poter sanzionare una società, è necessario che il giudice accerti e motivi in modo specifico la sussistenza di due criteri alternativi:

L’interesse: un criterio soggettivo, da valutare ex ante*. Riguarda la finalità della condotta del reo-persona fisica, che deve aver agito con l’intenzione di procurare un beneficio all’ente.
Il vantaggio: un criterio oggettivo, da valutare ex post*. Consiste nel godimento effettivo, da parte dell’ente, di un beneficio concreto derivante dalla commissione del reato.

Nel caso di specie, il Tribunale si era limitato ad affermare la responsabilità della società come una conseguenza necessaria della colpevolezza del suo dipendente, senza indagare su questi aspetti.

Le motivazioni

La Cassazione ha spiegato che, specialmente nei reati colposi come quello in esame, l’interesse o il vantaggio non vanno riferiti all’evento dannoso (lo sversamento), che non è voluto, ma alla condotta che lo ha causato. Ad esempio, si potrebbe ravvisare un interesse se la violazione delle norme cautelari fosse stata consapevolmente attuata per conseguire un’utilità per l’ente (es. risparmiare tempo o denaro). Allo stesso modo, si potrebbe ravvisare un vantaggio se la violazione sistematica delle norme di prevenzione avesse consentito una riduzione dei costi e una massimizzazione del profitto.

La sentenza impugnata era del tutto carente su questo punto. Non specificava quale interesse o vantaggio la società avesse tratto dalla condotta negligente del suo comandante. Anzi, la condotta aveva prodotto un danno economico diretto. Questa insufficienza di motivazione ha reso l’affermazione di responsabilità illegittima, in quanto non supportata da una giustificazione adeguata.

Le conclusioni

La sentenza è stata quindi annullata con rinvio limitatamente alla posizione della società. Il Tribunale di Rimini dovrà riesaminare il caso, accertando specificamente se la condotta del comandante sia stata posta in essere nell’interesse o a vantaggio della società armatrice e se sussista una colpa organizzativa dell’ente. Questa pronuncia riafferma l’autonomia della responsabilità amministrativa ente rispetto a quella penale individuale, imponendo ai giudici di merito un’indagine rigorosa e una motivazione puntuale sui presupposti normativi richiesti dal D.Lgs. 231/2001, impedendo qualsiasi automatismo sanzionatorio.

La responsabilità di una società per un reato commesso da un suo dipendente è automatica?
No, non è automatica. La sentenza chiarisce che la responsabilità dell’ente non può essere desunta come mera conseguenza della condanna penale della persona fisica. È necessario che il giudice accerti in modo autonomo che il reato sia stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso.

Cosa si intende per ‘interesse’ e ‘vantaggio’ ai fini della responsabilità dell’ente?
L’ ‘interesse’ è un criterio soggettivo da valutare ‘ex ante’, che consiste nella prospettiva finalistica del reo di giovare all’ente con la sua condotta. Il ‘vantaggio’ è invece un criterio oggettivo da valutare ‘ex post’, che consiste nell’effettivo e concreto beneficio, anche non patrimoniale, che l’ente ha tratto dalla commissione del reato.

Perché il ricorso del comandante è stato respinto mentre quello della società è stato accolto?
Il ricorso del comandante è stato dichiarato inammissibile perché generico e perché il fatto (uno sversamento ‘ingente’ di idrocarburi) è stato ritenuto grave e non di ‘particolare tenuità’. Il ricorso della società è stato invece accolto perché la sentenza di merito aveva affermato la sua responsabilità senza alcuna motivazione sui presupposti dell’interesse o del vantaggio richiesti dalla legge, limitandosi a farla derivare automaticamente dalla colpevolezza del dipendente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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