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Responsabilità amministrativa degli enti: il caso Cass.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3211/2024, ha affrontato un complesso caso di concorrenza sleale, accesso abusivo a sistema informatico e rivelazione di segreti industriali. La vicenda vede ex dipendenti di un’azienda fondarne una nuova e concorrente, utilizzando presunte informazioni riservate della precedente. Il fulcro della decisione riguarda la responsabilità amministrativa degli enti (D.Lgs. 231/2001) per reati commessi da soggetti che, pur non essendo ancora formalmente inquadrati nella nuova società, agivano nel suo interesse. La Corte ha annullato con rinvio la condanna della società, sottolineando la necessità di un’indagine più approfondita sulla sussistenza di una ‘gestione e controllo di fatto’ da parte dei soggetti al momento del reato.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Responsabilità Amministrativa degli Enti: Quando la Società Risponde per i Futuri Dirigenti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3211 del 2024, ha offerto chiarimenti fondamentali sulla responsabilità amministrativa degli enti (D.Lgs. 231/2001), in un caso complesso che intreccia concorrenza sleale, spionaggio industriale e accesso abusivo a sistemi informatici. La decisione analizza il delicato confine che determina quando una nuova società può essere chiamata a rispondere per reati commessi nel suo interesse da soggetti non ancora formalmente assunti, ma destinati a ricoprire ruoli apicali.

I Fatti: Concorrenza Sleale e Segreti Industriali

La vicenda giudiziaria nasce dall’iniziativa di alcuni ex dipendenti e dirigenti di un’azienda leader in un settore tecnologico. Questi, dopo aver lasciato la loro posizione, costituiscono una nuova società operante nello stesso mercato. L’accusa mossa dalla Procura è grave: i fondatori della nuova impresa avrebbero sottratto e utilizzato informazioni commerciali e segreti industriali appartenenti alla loro ex azienda per avviare la nuova attività e proporsi sul mercato in modo aggressivo, arrivando a replicare un macchinario complesso.

Le indagini si concentrano sull’accesso abusivo ai server della vecchia società e sulla successiva utilizzazione di file e progetti per sviluppare prodotti concorrenti. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna degli imputati per i reati di rivelazione di segreti industriali e commerciali, nonché la condanna della nuova società per la responsabilità amministrativa derivante da tali reati.

Il Ricorso in Cassazione e la Responsabilità Amministrativa degli Enti

La difesa degli imputati e della società ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni procedurali e di merito. Tra i motivi principali, spiccavano:

1. L’inutilizzabilità di una consulenza tecnica depositata oltre i termini di scadenza delle indagini preliminari.
2. L’errata applicazione della normativa sulla responsabilità amministrativa degli enti. La difesa sosteneva che i reati erano stati commessi quando gli imputati non erano ancora formalmente parte della nuova società, che quindi non poteva essere ritenuta responsabile.
3. La natura dei segreti industriali, contestando che la semplice replica di un macchinario, potenzialmente realizzabile tramite ‘reverse engineering’, potesse integrare il reato.

L’Analisi della Cassazione: Punti Salienti

La Suprema Corte ha esaminato meticolosamente ogni motivo di ricorso, giungendo a conclusioni differenziate.

Sull’Utilizzabilità della Consulenza Tecnica

La Corte ha rigettato il motivo relativo all’inutilizzabilità della consulenza. Ha chiarito che, sebbene il deposito tardivo impedisca l’acquisizione diretta dell’elaborato nel fascicolo del dibattimento, non ne preclude l’utilizzo se il consulente viene esaminato in aula nel contraddittorio tra le parti. In questo modo, le conclusioni della perizia entrano legittimamente nel processo attraverso la testimonianza qualificata del tecnico.

La questione cruciale della Responsabilità Amministrativa degli Enti (D.Lgs. 231/2001)

Questo è il punto più innovativo e rilevante della sentenza. La Corte d’Appello aveva ritenuto la nuova società responsabile perché i reati, sebbene commessi prima della sua piena operatività e dell’inquadramento formale dei responsabili, erano stati posti in essere nel suo interesse. La Cassazione, pur non escludendo in linea di principio tale possibilità, ha ritenuto la motivazione della corte di merito insufficiente.

I giudici hanno specificato che, per affermare la responsabilità amministrativa degli enti, è necessario un accertamento rigoroso che i soggetti agenti esercitassero, già al momento del fatto, una ‘gestione e un controllo di fatto’ sulla società. Non basta dimostrare che agissero ‘nell’interesse’ dell’ente in via di costituzione. Occorre provare che essi, pur senza una nomina formale, si comportassero già come amministratori di fatto, esercitando poteri tipici in modo continuativo e significativo.

La Corte ha quindi annullato la sentenza di condanna della società con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello, che dovrà compiere una nuova e più approfondita valutazione su questo specifico punto.

La Definizione di Segreto Industriale e il ‘Reverse Engineering’

La Cassazione ha confermato un orientamento consolidato, rigettando le difese basate sulla legittimità del ‘reverse engineering’. I giudici hanno ribadito che il concetto di segreto industriale tutelato dal codice penale è molto ampio: include qualsiasi know-how, metodo produttivo o informazione che fornisca un vantaggio competitivo. La tutela si estende anche a singole componenti del processo produttivo.

Secondo la Corte, il ‘reverse engineering’, inteso come processo per ricostruire un prodotto partendo dall’analisi dell’oggetto finito, non è una scriminante. Anzi, viene definito come una ‘sofisticata modalità di copia’ che, se realizzata sfruttando informazioni riservate illecitamente acquisite, rientra a pieno titolo nell’ambito del reato di rivelazione di segreti industriali.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Cassazione si fonda sulla necessità di bilanciare la repressione dei reati d’impresa con la rigorosa applicazione dei principi di colpevolezza. Per quanto riguarda le persone fisiche, la Corte ha dichiarato la prescrizione per i reati di rivelazione di segreti, ma ha rigettato i ricorsi nel resto, confermando implicitamente la correttezza della ricostruzione dei fatti. Per la società, invece, la motivazione è garantista: la responsabilità amministrativa degli enti non può essere un’estensione automatica della responsabilità penale dell’individuo. Richiede un accertamento autonomo e rigoroso del collegamento funzionale tra l’autore del reato e l’ente, basato sull’effettivo esercizio di poteri di gestione e controllo, anche se solo ‘di fatto’. Annullare con rinvio significa imporre al giudice di merito di non dare per scontato questo legame, ma di provarlo oltre ogni ragionevole dubbio.

Le Conclusioni

Questa sentenza ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, ribadisce che la tutela del segreto industriale è forte e non può essere aggirata facilmente invocando pratiche come il reverse engineering. In secondo luogo, e soprattutto, traccia una linea netta per l’applicazione del D.Lgs. 231/2001: la responsabilità di una società per i reati commessi nella fase di ‘start-up’ da futuri dirigenti non è automatica. Sarà onere dell’accusa dimostrare che, al momento del reato, questi soggetti già esercitavano un dominio di fatto sull’ente, configurandosi come suoi gestori e controllori effettivi, anticipando di fatto la loro posizione formale.

Una consulenza tecnica depositata dopo la scadenza delle indagini è utilizzabile nel processo?
Sì, è utilizzabile a condizione che le sue risultanze siano confermate dal consulente durante il suo esame testimoniale nel dibattimento, garantendo così il contraddittorio tra le parti. L’elaborato in sé non può essere acquisito direttamente, ma il suo contenuto può entrare nel processo attraverso la testimonianza.

Quando una società è responsabile per reati commessi da persone non ancora formalmente assunte?
Una società può essere ritenuta responsabile solo se viene provato che le persone che hanno commesso il reato nel suo interesse o vantaggio esercitavano, già al momento del fatto, una ‘gestione e un controllo di fatto’ sull’ente. Non è sufficiente che agissero semplicemente in vista della futura operatività della società.

Copiare un prodotto tramite ‘reverse engineering’ costituisce reato di rivelazione di segreti industriali?
Sì, secondo la Corte di Cassazione. Se il processo di ‘reverse engineering’ è reso possibile o agevolato dall’utilizzo di informazioni riservate ottenute illecitamente, esso non esclude il reato, ma viene considerato una ‘sofisticata modalità di copia’ e, pertanto, penalmente rilevante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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