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Responsabilità 231: quota a 103€ senza danno

La Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità 231 di una società unipersonale per reati ambientali, chiarendo che un’autorizzazione è inefficace se non vengono eseguiti i lavori prescritti. Pur confermando la colpevolezza, la Corte ha annullato la sanzione pecuniaria, rideterminando il valore di ogni quota a € 103,00, come previsto dalla legge in assenza di un danno ambientale accertato, correggendo l’errore del giudice di merito che l’aveva fissata a € 300,00.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Responsabilità 231 e Società Unipersonale: la Cassazione riduce la pena

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 22082/2025, offre spunti cruciali sulla responsabilità 231 per le società unipersonali e sulla corretta determinazione delle sanzioni pecuniarie in materia ambientale. La Corte, pur confermando la colpevolezza di una società per gestione illecita di rifiuti, ha annullato la pena stabilita in appello, correggendo un errore di diritto sul valore della singola quota.

I Fatti del Caso

Una società a responsabilità limitata unipersonale, operante nel settore del recupero di rifiuti, veniva condannata dalla Corte d’Appello per l’illecito amministrativo previsto dal D.Lgs. 231/01. Il reato presupposto era la gestione non autorizzata di rifiuti. La Corte territoriale aveva inflitto una sanzione di 75 quote, fissando il valore di ciascuna in € 300,00. Parallelamente, il procedimento penale contro l’amministratore unico si era concluso con una declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.

La società ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su tre motivi principali.

I Motivi del Ricorso

La difesa della società ha articolato il proprio ricorso contestando tre aspetti fondamentali della decisione d’appello:

1. Insussistenza del reato presupposto: La società sosteneva di operare sulla base di un’autorizzazione valida, rendendo quindi inconfigurabile il reato di gestione illecita di rifiuti.
2. Mancanza di interesse o vantaggio per l’ente: Si argomentava che, trattandosi di una società unipersonale, non fosse possibile distinguere un interesse della società da quello personale dell’amministratore e socio unico. Di conseguenza, mancherebbe uno dei requisiti fondamentali per la responsabilità 231.
3. Eccessività e illegalità della pena: La difesa ha eccepito che il valore della quota, fissato a € 300,00, fosse illegittimo. Poiché la stessa Corte d’Appello aveva applicato l’attenuante prevista dall’art. 12, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 231/01 (per assenza di danno ambientale), avrebbe dovuto applicare anche la disposizione dell’art. 11, comma 3, che fissa inderogabilmente il valore della quota a € 103,00 in tali casi.

La Decisione della Cassazione sulla responsabilità 231

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso, giungendo a una decisione che accoglie parzialmente le doglianze della società.

Inammissibilità dei primi due motivi

La Corte ha dichiarato inammissibili i primi due motivi. Sul primo punto, ha sottolineato che lo snodo cruciale della sentenza impugnata non era l’esistenza formale dell’autorizzazione, ma la sua inefficacia, dovuta alla mancata esecuzione dei lavori progettuali previsti. Operare con un’autorizzazione inefficace equivale a operare senza autorizzazione. Riguardo al secondo motivo, la Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato: la responsabilità 231 è applicabile anche alle società unipersonali, a condizione che sia possibile individuare un interesse sociale distinto da quello dell’unico socio, tenendo conto dell’organizzazione, dell’attività e delle dimensioni dell’impresa. La Corte d’Appello aveva correttamente motivato su questo punto.

Accoglimento del motivo sulla pena

Il terzo motivo è stato invece ritenuto fondato. La Cassazione ha confermato che, avendo la Corte territoriale riconosciuto l’ipotesi attenuata di cui all’art. 12, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 231/01, era legalmente vincolata a determinare il valore della singola quota nell’importo fisso di € 103,00, come prescritto dall’art. 11, comma 3 dello stesso decreto. La fissazione di un valore superiore (€ 300,00) costituiva una violazione di legge.

Di conseguenza, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena, rideterminando direttamente il valore della singola quota in € 103,00.

Le Motivazioni

La motivazione della sentenza si articola su due pilastri fondamentali. Il primo riguarda la conferma della colpevolezza: la Corte chiarisce che la liceità di un’attività non dipende solo dal possesso di un titolo autorizzativo, ma dalla sua concreta efficacia. Se l’autorizzazione è subordinata a condizioni (come la realizzazione di opere) che non vengono adempiute, essa non produce effetti e l’attività svolta è da considerarsi illecita. Il secondo pilastro è di natura strettamente sanzionatoria. La Cassazione ha agito come custode della corretta applicazione della legge, evidenziando un automatismo normativo che il giudice di merito aveva ignorato. La scelta di applicare una circostanza attenuante specifica (quella dell’art. 12) comporta una conseguenza obbligata sul piano della determinazione del valore della quota, escludendo qualsiasi discrezionalità del giudice su quel punto. Questo intervento garantisce uniformità di trattamento e certezza del diritto.

Le Conclusioni

La sentenza offre due importanti lezioni. In primo luogo, ribadisce che le società unipersonali non sono immuni dalla responsabilità 231, smontando l’argomento della totale sovrapposizione tra l’interesse dell’ente e quello dell’imprenditore. In secondo luogo, e con grande impatto pratico, stabilisce un principio vincolante per il calcolo delle sanzioni: quando si applicano le attenuanti dell’art. 12 del D.Lgs. 231/01, il valore della quota non è discrezionale ma è fissato per legge a € 103,00. Questa decisione rappresenta un importante precedente per tutti i casi di responsabilità d’ente in cui, pur essendo provato il reato, non si accertano conseguenze dannose significative, come un effettivo danno ambientale.

Una società unipersonale può essere soggetta alla responsabilità 231?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la disciplina sulla responsabilità degli enti si applica anche alle società di capitali unipersonali, a condizione che sia individuabile un interesse sociale distinto da quello dell’unico socio, tenendo conto dell’organizzazione, dell’attività svolta e delle dimensioni dell’impresa.

Avere un’autorizzazione è sempre sufficiente per operare nel rispetto della legge?
No. La sentenza chiarisce che un’autorizzazione può essere considerata inefficace se non vengono rispettate le condizioni essenziali previste, come l’esecuzione di specifici lavori. Operare sulla base di un’autorizzazione inefficace è giuridicamente equiparato a operare in assenza di autorizzazione.

Quando il valore della quota per la sanzione 231 è fissato per legge a 103 euro?
Il valore della singola quota è fissato obbligatoriamente a € 103,00 nei casi in cui il giudice riconosca una delle circostanze attenuanti previste dall’art. 12, comma 1, del D.Lgs. 231/01. Nel caso di specie, è stata riconosciuta l’assenza di un danno ambientale accertato, il che ha reso illegale la fissazione di un valore superiore da parte del giudice d’appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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