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Responsabilità 231: Cassazione annulla per difetto di motivazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29735/2024, ha affrontato un complesso caso di associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e al contrabbando di prodotti petroliferi. Mentre ha dichiarato inammissibili i ricorsi degli imputati persone fisiche, ha annullato con rinvio la condanna inflitta alla società coinvolta. La decisione sottolinea un principio fondamentale in materia di responsabilità 231: non basta la commissione di un reato da parte degli amministratori, ma è necessario che l’accusa dimostri in modo specifico la ‘colpa in organizzazione’ dell’ente e il vantaggio concreto da esso ottenuto.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Responsabilità 231 e Associazione a Delinquere: La Cassazione Annulla per Difetto di Motivazione

La Responsabilità 231, che estende alle società la responsabilità per reati commessi dai propri dirigenti o dipendenti, è un pilastro del diritto penale d’impresa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 29735/2024) offre un’importante lezione pratica: per condannare un ente non è sufficiente provare il reato commesso a suo vantaggio, ma è cruciale dimostrare in modo puntuale la sua ‘colpa organizzativa’. Analizziamo questo caso emblematico.

I Fatti: Una Rete Criminale per l’Evasione delle Accise

Il caso trae origine da una complessa indagine che ha smantellato un’associazione a delinquere dedita all’importazione illegale di prodotti petroliferi dalla Slovenia. Il meccanismo fraudolento era ben collaudato: il carburante veniva introdotto in Italia venendo falsamente qualificato come olio lubrificante, un prodotto con un regime fiscale molto più favorevole. In questo modo, l’organizzazione riusciva a evadere ingenti somme dovute a titolo di accise e IVA.

Per dare una parvenza di legalità alle operazioni, il gruppo si avvaleva di ‘società cartiere’, entità fittizie che emettevano fatture false per simulare transazioni commerciali legittime. Al vertice dell’organizzazione vi erano gli amministratori di una società operativa, la quale beneficiava direttamente dell’illecito commercio. Altri soggetti, come gli autisti dei mezzi pesanti, fungevano da partecipi all’associazione.

Il Percorso Giudiziario e l’Arrivo in Cassazione

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano confermato la colpevolezza di tutti gli imputati, sia le persone fisiche con i rispettivi ruoli (promotori, partecipi) sia la società come ente, condannata ai sensi del D.Lgs. 231/2001 a pesanti sanzioni pecuniarie e interdittive.

I ricorsi in Cassazione presentati dai singoli imputati sono stati giudicati inammissibili, in quanto ritenuti generici o volti a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Di tutt’altro avviso è stata la Corte riguardo al ricorso della società, che ha trovato accoglimento su un punto decisivo.

La Decisione della Cassazione sulla Responsabilità 231

Il cuore della decisione ruota attorno ai requisiti necessari per affermare la Responsabilità 231. La difesa della società sosteneva, tra le altre cose, che il reato-scopo (il contrabbando) non fosse previsto nel catalogo dei reati presupposto del D.Lgs. 231/2001. La Corte ha respinto questa tesi, chiarendo che il reato contestato all’ente era l’associazione a delinquere (art. 416 c.p.), che invece è espressamente inclusa tra i presupposti della responsabilità d’impresa (art. 24-ter del decreto).

L’elemento vincente del ricorso è stato un altro: la totale assenza di motivazione, da parte della Corte d’Appello, sulla ‘colpa in organizzazione’ e sul ‘vantaggio’ per l’ente.

Le Motivazioni: L’Onere della Prova sulla ‘Colpa in Organizzazione’

La Suprema Corte ha stabilito che la condanna di un ente non può essere un automatismo derivante dalla semplice commissione di un reato da parte dei suoi amministratori. I giudici di merito avevano omesso completamente di motivare in relazione a due presupposti fondamentali:

1. L’individuazione dei profili di colpa in organizzazione: La sentenza d’appello non spiegava quali specifiche carenze organizzative e procedurali della società avessero permesso la commissione del reato. Non basta affermare che il reato è stato commesso; bisogna dimostrare che l’ente non aveva adottato ed efficacemente attuato un modello organizzativo idoneo a prevenirlo.

2. L’identificazione del vantaggio in capo all’ente: Anche su questo punto, la motivazione era carente. I giudici non avevano specificato in cosa consistesse il concreto vantaggio economico o patrimoniale ottenuto dalla società grazie all’attività criminale, limitandosi a un’affermazione generica.

Questa omissione ha reso la motivazione meramente apparente, violando l’obbligo di legge. Per questo motivo, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna nei confronti della società, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello di Firenze per un nuovo esame che tenga conto di questi principi.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Aziende

Questa pronuncia rafforza un concetto essenziale per tutte le imprese. La Responsabilità 231 non è una forma di responsabilità oggettiva. Per essere condannata, non basta che un’azienda abbia tratto un vantaggio da un reato. L’accusa deve superare un onere probatorio rigoroso, dimostrando che l’illecito è stato reso possibile da un deficit organizzativo imputabile all’ente stesso. La sentenza ribadisce, ancora una volta, l’importanza cruciale per le aziende di dotarsi di Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo (MOG 231) non solo sulla carta, ma che siano concretamente attuati, vigilati e aggiornati, poiché rappresentano la principale difesa contro l’imputazione di responsabilità amministrativa.

Può una società essere ritenuta responsabile ai sensi del D.Lgs. 231/2001 se il reato-scopo di un’associazione a delinquere (es. contrabbando) non è tra quelli previsti dal decreto?
Sì. La sentenza chiarisce che se il reato-presupposto contestato all’ente è l’associazione a delinquere (art. 416 c.p.), che è inclusa nel catalogo del D.Lgs. 231/2001, la responsabilità dell’ente sussiste, a prescindere dal fatto che i singoli reati-scopo non siano inclusi.

Per affermare la Responsabilità 231 di un ente, è sufficiente che i suoi amministratori abbiano commesso un reato a suo vantaggio?
No, non è sufficiente. La Cassazione ha ribadito che la condanna non è automatica. È necessario che i giudici motivino in modo specifico su due elementi ulteriori e distinti: la ‘colpa in organizzazione’ (cioè la mancanza di un modello organizzativo idoneo a prevenire il reato) e l’effettivo ‘vantaggio’ o ‘interesse’ che l’ente ha tratto dall’illecito.

Cosa significa ‘annullamento con rinvio’ in questo contesto?
Significa che la Corte di Cassazione ha riscontrato un errore di diritto nella sentenza della Corte d’Appello (in questo caso, un difetto di motivazione). Pertanto, ha annullato quella decisione e ha ordinato che il processo per la società sia celebrato nuovamente da una diversa sezione della stessa Corte d’Appello, la quale dovrà attenersi ai principi di diritto stabiliti dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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