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Responsabilità 231 autonoma: il caso della Cassazione

Una società è stata sottoposta a sequestro preventivo per aver beneficiato di fondi illeciti, trasferiti da un’altra impresa per evadere il fisco. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, chiarendo un punto fondamentale sulla responsabilità 231: l’ente può essere ritenuto responsabile anche se non viene provata la colpevolezza individuale del suo legale rappresentante. La sentenza sottolinea l’autonomia della responsabilità dell’ente, purché il reato-presupposto sia stato commesso nel suo interesse o a suo vantaggio da una figura apicale.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Responsabilità 231 Autonoma: L’Ente Risponde Anche Senza la Colpa del Suo Amministratore

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di responsabilità 231 degli enti: la responsabilità amministrativa di una società è autonoma rispetto a quella penale della persona fisica che agisce per suo conto. Questo significa che un’azienda può essere sanzionata anche se il suo legale rappresentante viene scagionato dall’accusa di aver commesso il reato. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante caso.

I Fatti: Il Trasferimento di Fondi e il Sequestro

Il caso ha origine da un’operazione finanziaria sospetta. L’amministratore di una società, per sottrarsi al pagamento di ingenti debiti fiscali, aveva trasferito una somma superiore a 1,4 milioni di euro a un’altra azienda, “La Società Beneficiaria S.r.l.”. Quest’ultima era formalmente amministrata da una persona legata sentimentalmente all’amministratore della prima società.

Le autorità inquirenti hanno ipotizzato che tale trasferimento costituisse il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11, D.Lgs. 74/2000). Di conseguenza, il Giudice per le Indagini Preliminari ha disposto un sequestro preventivo di oltre 1,4 milioni di euro nei confronti della Società Beneficiaria, ritenendo che questa avesse tratto un vantaggio economico dal reato commesso da un soggetto terzo. Il sequestro è stato disposto ai sensi del D.Lgs. 231/2001, che disciplina la responsabilità amministrativa degli enti.

L’Appello e i Motivi del Ricorso

La Società Beneficiaria ha impugnato il provvedimento di sequestro, sostenendo diversi motivi. I principali argomenti difensivi erano:
1. Mancanza di coinvolgimento: I giudici avevano escluso la responsabilità penale diretta della legale rappresentante della Società Beneficiaria. Secondo la difesa, in assenza di una contestazione di concorso o di una qualifica di amministratore di fatto in capo all’autore del reato, la società non poteva essere chiamata a rispondere.
2. Violazione del principio di autonomia: La difesa ha sostenuto che, per configurare la responsabilità 231, il reato-presupposto deve essere formalmente attribuito a un soggetto apicale dell’ente beneficiario, cosa che a suo dire non era avvenuta.
3. Mancanza di motivazione sul periculum in mora: Il ricorso lamentava che il decreto di sequestro non spiegasse adeguatamente il pericolo che, nelle more del giudizio, i beni potessero essere dispersi.

La Responsabilità 231 Autonoma dell’Ente: Analisi della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo chiarimenti decisivi sul principio di autonomia che governa la responsabilità 231.

Il Principio di Autonomia

Il cuore della decisione risiede nell’articolo 8 del D.Lgs. 231/2001. Questa norma sancisce che la responsabilità dell’ente sussiste anche quando l’autore del reato non è stato identificato o non è imputabile. La Corte ha ribadito che, per affermare la responsabilità della società, non è necessario un accertamento definitivo della colpevolezza penale della persona fisica. È sufficiente un accertamento incidentale che confermi l’esistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi del reato-presupposto e la sua riferibilità a una delle figure indicate dall’art. 5 del decreto (soggetti in posizione apicale o sottoposti alla loro vigilanza).

Irrilevanza dell’Assoluzione della Persona Fisica

Di conseguenza, l’esclusione del coinvolgimento penale della legale rappresentante della Società Beneficiaria non è stata ritenuta sufficiente per escludere la responsabilità dell’ente. Ciò che conta è che il fatto storico (il reato-presupposto) sia stato accertato e che sia stato commesso nell’interesse o a vantaggio della società da parte di un soggetto in posizione apicale, anche se poi la responsabilità individuale di quest’ultimo non viene provata in giudizio. La responsabilità dell’ente, quindi, non viene meno automaticamente con l’assoluzione della persona fisica, a meno che questa non avvenga perché “il fatto non sussiste”.

Altri Aspetti della Decisione: Doppio Sequestro e Periculum

La Corte ha respinto anche gli altri motivi di ricorso. In particolare, ha chiarito che il sequestro verso la società che ha commesso il reato fiscale e quello verso la società beneficiaria ai sensi del D.Lgs. 231/2001 sono basati su titoli giuridici diversi e possono quindi coesistere.

Infine, riguardo alla doglianza sulla mancanza di motivazione del periculum in mora, la Cassazione ha dichiarato il motivo inammissibile. In base all’effetto devolutivo del riesame, tale questione avrebbe dovuto essere sollevata nel primo grado di impugnazione cautelare. Non essendo stata contestata in quella sede, non poteva essere introdotta per la prima volta davanti alla Corte di legittimità.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha motivato la propria decisione basandosi sul principio di autonomia della responsabilità dell’ente, come sancito dall’art. 8 del D.Lgs. 231/2001. La sentenza chiarisce che la responsabilità della persona giuridica non è una semplice conseguenza accessoria di quella penale della persona fisica. Al contrario, essa poggia su presupposti propri. Per configurare l’illecito amministrativo dell’ente, è sufficiente che sia accertata la commissione di un reato-presupposto da parte di un soggetto apicale nell’interesse o a vantaggio dell’ente. L’effettivo accertamento della colpevolezza individuale della persona fisica non è un prerequisito indispensabile, salvo che l’assoluzione non derivi dall’insussistenza del fatto stesso. Questa interpretazione garantisce l’efficacia dello strumento sanzionatorio previsto dal D.Lgs. 231/2001, impedendo che l’ente possa eludere la propria responsabilità a causa di vicende processuali relative alla persona fisica.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza. La responsabilità 231 è uno strumento pensato per colpire direttamente il patrimonio dell’ente che trae vantaggio da condotte illecite. L’autonomia di tale responsabilità rispetto a quella individuale impedisce che cavilli procedurali o difficoltà probatorie relative alla persona fisica possano vanificare l’intero impianto sanzionatorio. Per le aziende, ciò si traduce nella necessità di adottare ed attuare efficacemente modelli organizzativi e di gestione idonei a prevenire la commissione di reati, poiché la semplice assenza di colpa diretta del proprio management potrebbe non essere sufficiente a salvarle da pesanti conseguenze patrimoniali.

Un’azienda può essere ritenuta responsabile ai sensi del D.Lgs. 231/2001 se il suo legale rappresentante non è penalmente colpevole del reato-presupposto?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la responsabilità amministrativa dell’ente è autonoma. È sufficiente che il reato-presupposto sia stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente da una persona in posizione apicale, anche se la responsabilità penale di quest’ultima non viene accertata o viene esclusa (purché non per insussistenza del fatto).

È possibile disporre un sequestro sia verso la società che ha commesso il reato fiscale sia verso quella che ne ha beneficiato ai sensi del D.Lgs. 231/2001?
Sì. Secondo la Corte, si tratta di due titoli di apprensione diversi e distinti. Il primo è legato alla fattispecie di reato (es. fiscale), mentre il secondo è legato all’illecito amministrativo dell’ente che ha tratto vantaggio dal reato. Pertanto, possono coesistere.

Si può contestare per la prima volta in Cassazione la mancanza di motivazione sul ‘periculum in mora’ di un sequestro?
No. La Corte ha stabilito che tale questione, avendo natura fattuale, deve essere sollevata nei precedenti gradi di giudizio cautelare (riesame). A causa dell’effetto devolutivo dell’impugnazione, non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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