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Resistenza pubblico ufficiale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. La Corte ha stabilito che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p., non è applicabile a tale reato, considerandolo un presupposto ostativo. Inoltre, ha confermato la correttezza del bilanciamento tra la recidiva contestata e le attenuanti generiche, rigettando i motivi del ricorso come manifestamente infondati e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’ordinanza n. 11297/2024 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui limiti di impugnazione per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Questa pronuncia analizza due aspetti cruciali: l’applicabilità della causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’ e il bilanciamento delle circostanze in presenza di recidiva. La decisione sottolinea come non tutti i reati possano beneficiare di istituti premiali e come la genericità dei motivi di ricorso porti inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.

I Fatti del Caso e i Motivi del Ricorso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato in Corte d’Appello per il reato previsto dall’art. 337 del codice penale. L’imputato ha basato il proprio ricorso in Cassazione su due motivi principali:
1. Una critica al trattamento sanzionatorio, ritenendo errata la valutazione della recidiva contestatagli.
2. La lamentela per la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., ovvero la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

L’appellante sosteneva, in sostanza, di meritare una pena più mite e che il suo comportamento dovesse essere considerato talmente lieve da non giustificare una condanna penale.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Resistenza a Pubblico Ufficiale

La Suprema Corte ha respinto entrambe le doglianze, dichiarando il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno ritenuto i motivi presentati dall’imputato in parte generici e in parte manifestamente infondati, confermando la decisione dei giudici di merito.

L’Analisi sul Bilanciamento della Recidiva

Con riferimento al primo motivo, la Corte ha osservato che le censure erano generiche e non si confrontavano adeguatamente con la motivazione della sentenza d’appello. I giudici di secondo grado avevano correttamente evidenziato come il giudizio di bilanciamento tra la recidiva e le attenuanti generiche già concesse trovasse un limite invalicabile nelle disposizioni dell’art. 69, ultimo comma, del codice penale. Di conseguenza, non era possibile escludere la recidiva come richiesto dalla difesa.

L’Esclusione della Tenuità del Fatto per la Resistenza a Pubblico Ufficiale

Il punto più significativo della decisione riguarda il secondo motivo di ricorso. La Cassazione ha ritenuto manifestamente infondata la richiesta di applicare l’art. 131-bis c.p. La Corte territoriale, secondo gli Ermellini, ha correttamente applicato i principi che regolano la materia. Il giudizio sulla tenuità del fatto richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità del caso concreto, basata sui criteri dell’art. 133 c.p. (modalità della condotta, grado di colpevolezza, entità del danno o del pericolo).

In modo dirimente, la Corte ha evidenziato che, per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, la sussistenza stessa del delitto costituisce un presupposto ostativo all’applicazione della causa di non punibilità. La natura del reato, che offende il corretto funzionamento della Pubblica Amministrazione e il principio di autorità, è intrinsecamente incompatibile con un giudizio di ‘particolare tenuità’.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una duplice constatazione. Da un lato, la genericità delle censure relative al trattamento sanzionatorio, che non attaccavano specificamente la logica giuridica della sentenza impugnata in merito ai limiti legali del bilanciamento tra circostanze. Dall’altro, e con maggior peso, la manifesta infondatezza della richiesta di applicare l’art. 131-bis c.p. La Corte ha ribadito che il giudizio di tenuità del fatto deve essere completo e ancorato a tutti gli indici dell’art. 133 c.p. Tuttavia, ha stabilito un principio ancora più netto: per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, la sua stessa configurazione giuridica agisce come un impedimento all’applicazione di tale causa di non punibilità, rendendo la relativa doglianza priva di fondamento.

le conclusioni

La pronuncia consolida un importante orientamento giurisprudenziale: l’istituto della particolare tenuità del fatto non è un meccanismo applicabile indiscriminatamente a tutti i reati. Per delitti come la resistenza a pubblico ufficiale, che ledono beni giuridici di primaria importanza per l’ordinamento, la soglia di offensività è considerata intrinsecamente non trascurabile. Questa ordinanza serve da monito: i ricorsi in Cassazione devono essere fondati su vizi specifici e argomentati della sentenza impugnata. Motivi generici o manifestamente infondati non solo non trovano accoglimento, ma comportano la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie.

È possibile applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) al reato di resistenza a pubblico ufficiale?
No, secondo questa ordinanza della Cassazione, la sussistenza del reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) è un presupposto ostativo all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

Come viene gestita la recidiva in presenza di attenuanti generiche?
Il giudice deve effettuare un giudizio di bilanciamento tra le circostanze aggravanti (come la recidiva) e quelle attenuanti. Tuttavia, come specifica la Corte, questo bilanciamento incontra i limiti legali previsti dall’art. 69, ultimo comma, del codice penale, che possono impedire di neutralizzare o far prevalere le attenuanti sulla recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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