Resistenza passiva o reato? La Cassazione traccia il confine
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sulla distinzione tra resistenza passiva e il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Questo tema è cruciale per comprendere i limiti della legittima opposizione ai provvedimenti delle forze dell’ordine. La Corte, con una decisione netta, ha stabilito che opporsi con violenza e riottosità non può mai essere considerato una forma di resistenza passiva penalmente irrilevante.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, ai sensi dell’art. 337 del codice penale. La condanna, emessa dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello di Milano, riguardava il comportamento tenuto dall’imputato al momento della notifica di un’ordinanza di custodia cautelare da parte dei Carabinieri. L’imputato si era opposto con violenza e riottosità, cercando di impedire l’esecuzione del provvedimento.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basando la sua difesa su tre punti principali:
1. Errata qualificazione del fatto: Sosteneva che il suo comportamento dovesse essere qualificato come mera resistenza passiva, e non come la condotta violenta richiesta per integrare il reato contestato.
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Lamentava il diniego delle attenuanti, ritenendolo ingiustificato.
3. Eccessività della pena: Contestava l’entità della sanzione inflitta, giudicandola sproporzionata.
In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Suprema Corte una rilettura completa del quadro probatorio che aveva portato alla sua condanna.
L’analisi della Corte sulla differenza tra resistenza attiva e passiva
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni della difesa. I giudici hanno sottolineato che i motivi del ricorso non introducevano nuove questioni di diritto, ma si limitavano a riproporre le stesse doglianze già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello. Il tentativo del ricorrente era quello di sollecitare un riesame dei fatti, attività preclusa alla Corte di Cassazione, il cui compito è limitato al cosiddetto ‘sindacato di legittimità’, ovvero alla verifica della corretta applicazione delle norme di diritto.
Le motivazioni
La Corte ha ritenuto ineccepibile il ragionamento della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva evidenziato come la ricostruzione dei fatti dimostrasse in modo chiaro che l’imputato era pienamente consapevole di trovarsi di fronte a Forze dell’Ordine e che il suo comportamento – opporsi con ‘violenza e riottosità’ – rientrava pacificamente nello schema del reato di resistenza e non in quello della resistenza passiva. Per quanto riguarda le attenuanti generiche, la loro negazione è stata giudicata corretta a causa della mancanza di elementi positivi a favore dell’imputato, considerando la gravità del reato, le modalità di commissione e la sua attitudine a delinquere. La pena è stata quindi considerata congrua.
Le conclusioni
Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare le prove. I motivi di ricorso devono sollevare questioni sulla corretta interpretazione della legge, non contestare l’accertamento dei fatti come operato dai giudici di merito. La decisione conferma che un comportamento oppositivo violento nei confronti delle forze dell’ordine che eseguono un provvedimento legittimo costituisce reato di resistenza a pubblico ufficiale, e non può essere derubricato a semplice resistenza passiva. La declaratoria di inammissibilità ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Opporsi con violenza alla notifica di un’ordinanza è considerata resistenza passiva?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che opporsi con “violenza e riottosità” ai Carabinieri, intenti a notificare un’ordinanza di custodia cautelare, integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale e non può essere classificato come mera resistenza passiva.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti di un processo?
No, il ricorso è stato dichiarato inammissibile proprio perché i motivi proposti miravano a una rivalutazione delle prove e a una rilettura alternativa dei fatti, un’attività che esula dal sindacato di legittimità della Corte di Cassazione, la quale si limita a verificare la correttaapplicazione della legge.
Perché non sono state concesse le attenuanti generiche all’imputato?
La Corte d’Appello, con decisione confermata dalla Cassazione, ha negato le attenuanti generiche perché non sono stati individuati elementi positivi a favore dell’imputato. La pena è stata inoltre ritenuta congrua in relazione alla gravità del reato, alle modalità di esecuzione e all’attitudine del soggetto a commettere reati.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38670 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38670 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/02/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe, con cui la Corte di appello ha confermato la condanna dell’imputato il reato di cui all’art. 337 cod. pen.;
rilevato che i motivi dedotti, con cui il ricorrente ha censurato sia l’affermazione della responsabilità per il delitto ascrittogli, sostenendo trattarsi una resistenza passiva, sia il diniego delle attenuanti generiche, oltre alla determinazione della pena, sono tesi a sollecitare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità, e so meramente riproduttivi di profili di doglianza già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal Giudice di merito (cfr. pagina 3 della sentenza impugnata, in cui la Corte di appello ha evidenziato che la ricostruzione dei fatti rendeva evidente che l’imputato era consapevole di interloquire con Forze dell’ordine e che il comportamento, consistito nell’opporsi con violenza e riottosità ai carabinieri, intenti a notificargli un’ordinanza di custodia cautelare, er pacificamente riconducibile allo schema della resistenza e non già alla mera resistenza passiva; cfr. pagina 4 in cui la menzionata Corte ha sottolineato che la pena era congrua in considerazione della gravità del reato, delle modalità tramite le quali si era estrinsecato e dell’attitudine del soggetto a commettere reati; ha aggiunto che difettavano elementi positivi, neppure individuati nei motivi di appello, per concedere all’imputato le attenuanti generiche);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9/9/2024