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Resistenza passiva: quando è reato? La Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per resistenza a pubblico ufficiale. L’imputato sosteneva si trattasse di resistenza passiva, ma la Corte ha confermato che opporsi con violenza e riottosità alla notifica di un’ordinanza di custodia cautelare integra il reato previsto dall’art. 337 c.p. La decisione sottolinea che il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per una nuova valutazione dei fatti, ma solo per questioni di legittimità.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza passiva o reato? La Cassazione traccia il confine

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sulla distinzione tra resistenza passiva e il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Questo tema è cruciale per comprendere i limiti della legittima opposizione ai provvedimenti delle forze dell’ordine. La Corte, con una decisione netta, ha stabilito che opporsi con violenza e riottosità non può mai essere considerato una forma di resistenza passiva penalmente irrilevante.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, ai sensi dell’art. 337 del codice penale. La condanna, emessa dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello di Milano, riguardava il comportamento tenuto dall’imputato al momento della notifica di un’ordinanza di custodia cautelare da parte dei Carabinieri. L’imputato si era opposto con violenza e riottosità, cercando di impedire l’esecuzione del provvedimento.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basando la sua difesa su tre punti principali:

1. Errata qualificazione del fatto: Sosteneva che il suo comportamento dovesse essere qualificato come mera resistenza passiva, e non come la condotta violenta richiesta per integrare il reato contestato.
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Lamentava il diniego delle attenuanti, ritenendolo ingiustificato.
3. Eccessività della pena: Contestava l’entità della sanzione inflitta, giudicandola sproporzionata.

In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Suprema Corte una rilettura completa del quadro probatorio che aveva portato alla sua condanna.

L’analisi della Corte sulla differenza tra resistenza attiva e passiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni della difesa. I giudici hanno sottolineato che i motivi del ricorso non introducevano nuove questioni di diritto, ma si limitavano a riproporre le stesse doglianze già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello. Il tentativo del ricorrente era quello di sollecitare un riesame dei fatti, attività preclusa alla Corte di Cassazione, il cui compito è limitato al cosiddetto ‘sindacato di legittimità’, ovvero alla verifica della corretta applicazione delle norme di diritto.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto ineccepibile il ragionamento della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva evidenziato come la ricostruzione dei fatti dimostrasse in modo chiaro che l’imputato era pienamente consapevole di trovarsi di fronte a Forze dell’Ordine e che il suo comportamento – opporsi con ‘violenza e riottosità’ – rientrava pacificamente nello schema del reato di resistenza e non in quello della resistenza passiva. Per quanto riguarda le attenuanti generiche, la loro negazione è stata giudicata corretta a causa della mancanza di elementi positivi a favore dell’imputato, considerando la gravità del reato, le modalità di commissione e la sua attitudine a delinquere. La pena è stata quindi considerata congrua.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare le prove. I motivi di ricorso devono sollevare questioni sulla corretta interpretazione della legge, non contestare l’accertamento dei fatti come operato dai giudici di merito. La decisione conferma che un comportamento oppositivo violento nei confronti delle forze dell’ordine che eseguono un provvedimento legittimo costituisce reato di resistenza a pubblico ufficiale, e non può essere derubricato a semplice resistenza passiva. La declaratoria di inammissibilità ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Opporsi con violenza alla notifica di un’ordinanza è considerata resistenza passiva?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che opporsi con “violenza e riottosità” ai Carabinieri, intenti a notificare un’ordinanza di custodia cautelare, integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale e non può essere classificato come mera resistenza passiva.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti di un processo?
No, il ricorso è stato dichiarato inammissibile proprio perché i motivi proposti miravano a una rivalutazione delle prove e a una rilettura alternativa dei fatti, un’attività che esula dal sindacato di legittimità della Corte di Cassazione, la quale si limita a verificare la correttaapplicazione della legge.

Perché non sono state concesse le attenuanti generiche all’imputato?
La Corte d’Appello, con decisione confermata dalla Cassazione, ha negato le attenuanti generiche perché non sono stati individuati elementi positivi a favore dell’imputato. La pena è stata inoltre ritenuta congrua in relazione alla gravità del reato, alle modalità di esecuzione e all’attitudine del soggetto a commettere reati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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