Resistenza a pubblico ufficiale: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un caso di resistenza a pubblico ufficiale, delineando con chiarezza i confini tra questo reato e le semplici condotte di ingiuria o minaccia. La Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la condanna e fornendo importanti chiarimenti sia sul piano sostanziale che processuale.
I Fatti: la condotta contestata
I giudici di merito avevano accertato la responsabilità di un individuo per il reato di cui all’art. 337 del codice penale. L’imputato, per opporsi a degli agenti intervenuti per sedare una sua aggressione ai danni di un’altra persona, aveva posto in essere condotte violente e minacciose. Nello specifico, aveva sputato verso gli agenti, li aveva spintonati e aveva proferito frasi intimidatorie come “io vi sparo, vi uccido”, accompagnate da insulti e vanterie sulla sua presunta posizione di “collaboratore di giustizia”.
I motivi del ricorso e la resistenza a pubblico ufficiale
Il ricorrente aveva impugnato la sentenza di condanna della Corte d’Appello basandosi su due motivi principali, entrambi ritenuti manifestamente infondati dalla Cassazione.
La violenza e minaccia come elemento del reato
Il primo motivo contestava la qualificazione giuridica dei fatti. Secondo la difesa, le azioni dell’imputato non integravano la resistenza a pubblico ufficiale. La Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa tesi. Ha ribadito che il delitto di resistenza si configura quando il comportamento aggressivo è specificamente diretto a costringere il pubblico ufficiale a compiere un atto contrario ai suoi doveri o a omettere un atto d’ufficio. La condotta, quindi, deve trascendere la mera espressione di volgarità o una generica minaccia, essendo finalizzata a incidere concretamente sull’attività del pubblico ufficiale.
La nullità per correzione dell’errore materiale
Il secondo motivo era di natura procedurale. La difesa lamentava la nullità della sentenza d’appello perché la Corte territoriale aveva corretto de plano (cioè senza fissare udienza) un errore materiale relativo alla data della sentenza di primo grado, violando così la procedura prevista dall’art. 130 del codice di procedura penale. L’errore consisteva nell’aver indicato come data della decisione quella del deposito delle motivazioni anziché quella dell’udienza effettiva.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando entrambi i motivi. Sul primo punto, ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse motivato in modo adeguato, logico e corretto. Le azioni dell’imputato (sputi, spintoni e minacce esplicite di morte) non erano semplici insulti, ma un comportamento aggressivo e minaccioso chiaramente finalizzato a coartare la volontà degli agenti e a impedir loro di svolgere il proprio dovere.
Sul secondo punto, relativo alla procedura di correzione, la Corte ha richiamato un suo precedente orientamento. La correzione de plano di un errore materiale può comportare una nullità solo se il ricorrente dimostra di avere un “concreto interesse” a partecipare all’udienza camerale per la correzione. Nel caso di specie, l’errore sulla data era evidente dall’intestazione stessa della sentenza di primo grado e, soprattutto, il ricorrente non aveva spiegato in alcun modo quale sarebbe stato il suo interesse a discutere in udienza la correzione di una data palesemente sbagliata.
Le conclusioni
L’ordinanza consolida due principi importanti. In primo luogo, definisce che la resistenza a pubblico ufficiale si configura quando la violenza o la minaccia sono strumentali a ostacolare un atto d’ufficio, superando il livello di una mera reazione verbale o di un’offesa. In secondo luogo, in ambito processuale, stabilisce che le nullità non possono essere eccepite in modo formalistico: per contestare la procedura di correzione di un errore materiale, è necessario dimostrare che la mancata partecipazione all’udienza ha causato un pregiudizio concreto e reale, e non solo teorico.
Quando le minacce e gli insulti a un poliziotto diventano resistenza a pubblico ufficiale?
Secondo la Corte, ciò avviene quando il comportamento aggressivo è specificamente diretto a costringere il pubblico ufficiale a omettere un atto del proprio ufficio o a compierne uno contrario ai suoi doveri, trascendendo la mera espressione di volgarità o una minaccia generica.
È possibile annullare una sentenza se il giudice corregge un errore di data senza un’udienza formale?
No, non è possibile se l’errore è palesemente materiale e se la parte che si duole della procedura non dimostra di avere un interesse concreto e specifico a partecipare all’udienza per la correzione di detto errore.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, giudicata congrua dalla Corte (in questo caso tremila euro), in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6200 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6200 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il 05/11/1966
avverso la sentenza del 29/02/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME Mario; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso – con il quale si eccepisce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla conferma in appello della condanna dell’imputato per il reato di cui all’art. 337 cod. pen. – deve essere dichiarato inammissibile in quanto i motivi dedotti sono manifestamente infondati. Invero, la Corte di appello ha ritenuto la responsabilità dell’imputato in ordine al reato contestato evidenziando in modo adeguato le condotte violente e minacciose poste in essere dal predetto per opporsi agli operanti intervenuti per porre fine all’aggressione posta in essere dal COGNOME ai danni di altro soggetto. In particolare, viene dato atto che il ricorrente ha sputato verso gli agenti, spintonandoli e proferendo l’espressione “io vi sparo, vi uccido, voi chi cazzo siete sono un collaboratore di giustizia, figli di puttana non potete farmi niente”; condotta che, in modo non illogico, la sentenza impugnata ha ritenuto minacciosa e aggressiva e idonea a coartare la volontà degli operanti. In tal modo, la sentenza impugnata ha fatto buon governo del principio secondo cui sussiste il delitto di cui all’art. 337 cod. pen., e non quelli di ingiuria e di minaccia, quando il comportamento aggressivo nei confronti del pubblico ufficiale è – come nel caso di specie – diretto a costringere il soggetto a fare un atto contrario ai propri doveri o ad omettere un atto dell’ufficio, trascendendo la mera espressione di volgarità ingiuriosa e di atteggiamento genericamente minaccioso, essendo invece finalizzato ad incidere sull’attività dell’ufficio o del servizio (Sez. 6, n. 23684 del 14/05/2015, COGNOME, Rv. 263813 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rilevato che inammissibile risulta anche il secondo motivo, con il quale si deduce nullità della sentenza di appello per avere la stessa disposto la correzione de plano dell’errore materiale relativo alla data della sentenza di primo grado, senza rispettare il procedimento camerale indicato dall’art. 130 cod. proc. pen. La Corte territoriale, rilevato che nella sentenza di primo grado era indicata, come data dell’udienza di decisione, il 21 settembre 2022 (data del deposito della motivazione) anziché il 24 giugno 2022 ha direttamente proceduto alla correzione. Al riguardo, si è già precisato che «l’adozione “de plano”, senza fissazione della camera di consiglio ed avviso alle parti, del provvedimento di correzione di errore materiale comporta una nullità di ordine generale ex art. 178 cod. proc. pen. che può essere dedotta con il ricorso per cassazione soltanto qualora il ricorrente indichi un concreto interesse a partecipare all’udienza camerale» (Sez. 1, n. 20984 del 23/06/2020, COGNOME, Rv. 279219 – 01). Nella specie, da un lato, emerge in
modo evidente il mero errore materiale (atteso che l’intestazione della sentenza del Tribunale indica come data della sua emissione il 24 giugno 2022); dall’altro lato, il ricorrente non ha indicato in alcun modo quale sarebbe stato il proprio interesse a partecipare all’udienza camerale per la correzione di detto errore.
Rilevato,’ pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma giudicata congrua – di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/01/2025