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Resistenza a pubblico ufficiale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati condannati per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni durante una manifestazione. La sentenza sottolinea che il ricorso in Cassazione non può riesaminare i fatti già accertati nei gradi di merito. Inoltre, chiarisce come i periodi di sospensione del processo, richiesti dalla difesa, posticipino la maturazione della prescrizione del reato, rendendo infondata l’eccezione sollevata da uno dei ricorrenti.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26626 del 2024, ha affrontato un caso di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, originato da scontri durante una manifestazione. La pronuncia offre importanti chiarimenti sui limiti del ricorso in Cassazione, sul calcolo della prescrizione e sull’applicabilità della causa di non punibilità per reazione ad atti arbitrari. La Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi, confermando le condanne emesse nei gradi di merito.

I Fatti del Processo

La vicenda giudiziaria trae origine da una manifestazione di protesta tenutasi a Palermo nel 2014. Durante il corteo, si verificarono tensioni tra i manifestanti e le forze dell’ordine, che sfociarono in condotte violente. Due partecipanti furono imputati e successivamente condannati in primo grado e in appello per i reati di lesioni e resistenza a pubblico ufficiale.

Contro la sentenza della Corte di Appello, i due imputati hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni:

1. Primo ricorrente: Ha contestato la sua identificazione come autore delle lesioni, lamentando contraddizioni nelle testimonianze degli agenti e nell’analisi delle prove video e fotografiche.
2. Secondo ricorrente: Ha articolato la sua difesa su più punti, sostenendo l’avvenuta prescrizione del reato, l’errata qualificazione della sua condotta come resistenza violenta anziché passiva, e la sussistenza della causa di giustificazione della reazione a un atto arbitrario del pubblico ufficiale.

L’Analisi della Corte sulla Resistenza a Pubblico Ufficiale

La Suprema Corte ha esaminato e respinto tutti i motivi di ricorso, dichiarandoli inammissibili. L’analisi si è concentrata sui precisi limiti del giudizio di legittimità e sulla corretta applicazione delle norme sostanziali e processuali.

Il Ricorso del Primo Imputato: La Questione dell’Identificazione

Per quanto riguarda il primo imputato, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: il ricorso per cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti. Le censure relative all’identificazione dell’imputato sono state giudicate come un tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità. La Corte di Appello aveva motivato in modo logico e congruo, basando il riconoscimento su un’analisi sinergica di video, fotografie e testimonianze, elementi che avevano portato all’identificazione certa dell’aggressore. Pertanto, il motivo è stato ritenuto inammissibile.

Il Ricorso del Secondo Imputato: Prescrizione e Legittimità dell’Azione

Anche i motivi del secondo ricorrente sono stati respinti. In particolare:

* Sulla prescrizione: La Corte ha evidenziato come il calcolo del ricorrente fosse errato, in quanto non teneva conto dei numerosi periodi di sospensione del processo dovuti a richieste della difesa (come rinvii per adesione ad astensioni di categoria o per esaminare prove). Tali sospensioni, per un totale di quasi quindici mesi, hanno spostato in avanti il termine di prescrizione, che non era ancora maturato al momento della sentenza d’appello.
* Sulla qualificazione della condotta: La Corte ha ritenuto che la distinzione tra resistenza passiva e resistenza a pubblico ufficiale attiva e violenta fosse una questione di fatto, adeguatamente risolta dai giudici di merito. Le prove video avevano dimostrato una condotta aggressiva (calci e pugni), incompatibile con la mera resistenza passiva.
* Sulla reazione ad atto arbitrario (art. 393-bis c.p.): La Corte ha escluso l’applicabilità di tale scriminante. L’operato delle forze dell’ordine era finalizzato a garantire l’ordine pubblico durante una visita istituzionale e non presentava alcun profilo di arbitrarietà. Anche l’ipotesi di una percezione erronea da parte dei manifestanti (causata da un presunto invito ad avanzare da parte di un agente in borghese) non è stata ritenuta sufficiente a giustificare una reazione violenta.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Cassazione si fonda su principi consolidati. In primo luogo, viene ribadita la natura del giudizio di legittimità, che non consente una rilettura del compendio probatorio, ma solo la verifica di vizi di legge o di motivazione manifestamente illogica. Le doglianze degli imputati, risolvendosi in una mera contestazione della ricostruzione fattuale operata dai giudici di merito, sono state ritenute inammissibili.

In secondo luogo, la Corte ha applicato rigorosamente la disciplina della prescrizione, sottolineando come le sospensioni del termine, specialmente se derivanti da richieste difensive, debbano essere correttamente computate. Viene inoltre riaffermato il principio, stabilito dalle Sezioni Unite, secondo cui l’inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di dichiarare la prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata.

Infine, la Corte ha confermato che la causa di non punibilità per reazione ad atti arbitrari richiede la prova certa e oggettiva di un abuso di potere da parte del pubblico ufficiale, prova che nel caso di specie mancava del tutto.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre importanti spunti pratici. Anzitutto, evidenzia l’importanza di formulare i motivi di ricorso per cassazione nel rispetto dei limiti del giudizio di legittimità, concentrandosi su vizi di diritto e non su contestazioni fattuali. In secondo luogo, serve come monito sulla gestione dei tempi processuali: le richieste di rinvio, sebbene legittime, comportano la sospensione della prescrizione, con effetti che possono essere decisivi per l’esito del processo. Infine, la pronuncia ribadisce la difficile applicabilità della scriminante della reazione ad atti arbitrari, che presuppone una condotta palesemente illegittima e prevaricatrice da parte del pubblico ufficiale.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando non verte su questioni di legittimità (cioè sulla corretta applicazione della legge), ma si limita a proporre una diversa ricostruzione dei fatti già valutati dai giudici di primo e secondo grado, oppure quando manca dei requisiti formali previsti dalla legge.

Come si calcola la prescrizione di un reato in presenza di sospensioni del processo?
Il termine di prescrizione viene sospeso per tutto il periodo in cui il processo è rinviato su richiesta della difesa o per altre cause previste dalla legge (es. astensione degli avvocati). La durata totale di queste sospensioni viene sommata al termine di prescrizione originario, posticipandone la scadenza.

È possibile giustificare la resistenza a un pubblico ufficiale sostenendo che il suo atto era arbitrario?
Sì, l’art. 393-bis del codice penale prevede una causa di non punibilità per chi reagisce a un atto arbitrario di un pubblico ufficiale. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha chiarito che per applicare questa norma è necessaria la prova di una condotta oggettivamente e palesemente illegittima e prevaricatrice da parte dell’agente, non essendo sufficiente una mera percezione soggettiva di illegittimità da parte del cittadino.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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