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Resistenza a pubblico ufficiale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per resistenza a pubblico ufficiale. Il motivo del ricorso, relativo alla configurabilità del dolo, è stato ritenuto generico e riproduttivo di doglianze già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, la quale aveva correttamente motivato come la violenza fosse stata usata al fine di sottrarsi a un controllo.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il reato di resistenza a pubblico ufficiale, previsto dall’art. 337 del Codice Penale, rappresenta un tema delicato che interseca la tutela dell’ordine pubblico con i diritti del cittadino. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 23989 del 2024, offre spunti fondamentali per comprendere i limiti e le condizioni di ammissibilità di un ricorso presentato contro una condanna per tale reato. La Suprema Corte ha chiarito che non basta lamentare genericamente un vizio di motivazione per ottenere una revisione della sentenza, specialmente se le argomentazioni sono mere ripetizioni di quanto già discusso e respinto nei gradi di merito.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una sentenza della Corte d’Appello che confermava la condanna di un individuo per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, l’imputato aveva usato violenza nei confronti di alcuni pubblici ufficiali al chiaro scopo di evitare di essere sottoposto a un controllo di polizia. Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidando la sua difesa a un unico motivo: la presunta erronea motivazione della sentenza d’appello in merito alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo.

L’Analisi della Cassazione sulla Resistenza a Pubblico Ufficiale

Il fulcro del ricorso verteva sulla critica alla motivazione con cui la Corte d’Appello aveva ritenuto provato l’intento dell’imputato di opporsi all’atto d’ufficio. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le argomentazioni difensive, qualificandole come inammissibili. I giudici di legittimità hanno osservato che il motivo di ricorso era formulato in modo generico e, soprattutto, si limitava a riproporre una doglianza già ampiamente esaminata e motivatamente respinta dalla Corte territoriale.

La Genericità del Motivo come Causa di Inammissibilità

La Suprema Corte ha ribadito un principio cardine del processo di legittimità: il ricorso non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul fatto. Il compito della Cassazione è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare le prove. Un motivo di ricorso è considerato generico quando non si confronta specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, ma si limita a riproporre le stesse tesi difensive già disattese, senza evidenziare vizi logici o giuridici concreti nel ragionamento del giudice di merito.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello non solo corretta, ma anche esaustiva. I giudici di secondo grado avevano chiaramente accertato e spiegato che la condotta violenta dell’imputato era finalizzata proprio a sottrarsi al controllo. Questa finalità integra pienamente l’elemento soggettivo (il dolo) richiesto per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. L’azione non era stata casuale o involontaria, ma scientemente diretta a impedire ai pubblici ufficiali di compiere il loro dovere. Di fronte a una motivazione così solida, il ricorso dell’imputato è apparso come un tentativo sterile di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, compito precluso in sede di legittimità. Di conseguenza, ai sensi dell’art. 616 del Codice di Procedura Penale, all’inammissibilità del ricorso è seguita la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante insegnamento processuale: per avere successo in Cassazione, un ricorso deve essere specifico, puntuale e criticare in modo pertinente i vizi logico-giuridici della sentenza impugnata. Limitarsi a ripetere argomentazioni già vagliate e respinte nei precedenti gradi di giudizio conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Per i cittadini, ciò significa che l’opposizione a un controllo deve sempre avvenire nel rispetto della legge, poiché l’uso della violenza, anche se minimo, per sottrarsi a un atto d’ufficio configura il grave reato di resistenza, con conseguenze processuali ed economiche significative in caso di condanna.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato era formulato in modo generico e si limitava a riproporre una doglianza già adeguatamente vagliata e disattesa con corretti argomenti giuridici dalla Corte d’Appello.

Qual era l’elemento centrale contestato nel ricorso?
L’elemento centrale contestato era la motivazione della sentenza impugnata in relazione alla configurabilità del dolo, cioè l’elemento soggettivo, nel reato di resistenza a pubblico ufficiale di cui all’art. 337 del codice penale.

Quali sono le conseguenze dell’inammissibilità del ricorso?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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