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Resistenza a pubblico ufficiale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. I giudici hanno ritenuto i motivi del ricorso generici e meramente riproduttivi di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, confermando la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21228/2024, ha affrontato un caso di resistenza a pubblico ufficiale, fornendo importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità del ricorso. Questa decisione sottolinea un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non può essere una semplice ripetizione delle argomentazioni già esposte nei precedenti gradi di giudizio, ma deve individuare vizi specifici della sentenza impugnata. Analizziamo insieme i dettagli della vicenda e le conclusioni dei giudici.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per il reato previsto dall’art. 337 del codice penale, ovvero resistenza a pubblico ufficiale. Dopo la sentenza di primo grado, la decisione era stata confermata anche dalla Corte d’Appello di Palermo. L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, ha proposto ricorso per Cassazione, cercando di ribaltare l’esito del processo.

Nel suo ricorso, la difesa ha contestato l’affermazione di responsabilità, sostenendo, tra le altre cose, che la condotta dell’imputato fosse scriminata, in quanto costituiva una reazione legittima a presunti atti arbitrari posti in essere dagli agenti di polizia giudiziaria.

L’Analisi della Cassazione sulla Resistenza a Pubblico Ufficiale

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso, giungendo a una conclusione netta: l’impugnazione è inammissibile. I giudici hanno osservato che le argomentazioni difensive, definite “doglianze”, erano del tutto generiche. Invece di contestare in modo puntuale e specifico le motivazioni della sentenza della Corte d’Appello, il ricorrente si era limitato a riproporre le stesse censure già vagliate e respinte nel secondo grado di giudizio.

La Corte territoriale, infatti, aveva già adeguatamente analizzato il caso, con un “puntuale e logico apparato argomentativo”, confermando la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato di resistenza a pubblico ufficiale. Allo stesso modo, aveva ritenuto infondata la tesi difensiva della reazione a un atto arbitrario, non ravvisando alcuna illegittimità nell’operato degli agenti.

La Genericità dei Motivi di Ricorso

Il punto centrale della decisione è il principio secondo cui il ricorso in Cassazione non può essere un terzo grado di merito. Non è sufficiente manifestare un generico dissenso con la decisione impugnata. È necessario, invece, che il ricorrente si confronti direttamente con la motivazione della sentenza precedente, evidenziando specifici errori di diritto o vizi logici. Quando i motivi di ricorso si limitano a ripetere argomentazioni di fatto già esaminate, senza attaccare la coerenza logico-giuridica del ragionamento del giudice d’appello, il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità sulla base del consolidato orientamento giurisprudenziale che richiede specificità e concretezza nei motivi di ricorso. L’imputato non ha dimostrato dove e perché la Corte d’Appello avrebbe errato nell’applicare la legge o nel valutare le prove. La sua difesa si è risolta in una mera riproposizione di una tesi, quella della legittima reazione, che era già stata giudicata insussistente. Di fronte a questa carenza argomentativa, la Cassazione non ha potuto fare altro che dichiarare l’inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un’importante lezione per chi intende impugnare una sentenza penale in Cassazione. Non basta essere in disaccordo con la condanna; è indispensabile articolare un’argomentazione giuridica solida e mirata, che metta in luce le specifiche falle della decisione impugnata. Un ricorso generico o ripetitivo non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche ulteriori conseguenze economiche per il ricorrente. La decisione conferma la natura della Corte di Cassazione come giudice di legittimità, il cui compito non è riesaminare i fatti, ma assicurare la corretta applicazione della legge.

Perché il ricorso per resistenza a pubblico ufficiale è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici, si limitavano a ripetere censure già respinte dalla Corte d’Appello e non contestavano in modo specifico il ragionamento logico-giuridico della sentenza impugnata.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la sentenza impugnata diventi definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, a favore della Cassa delle ammende.

La reazione a un atto arbitrario di un pubblico ufficiale può giustificare la resistenza?
In linea di principio, la legge prevede che la reazione a un atto arbitrario possa escludere la punibilità. Tuttavia, come emerge da questa ordinanza, la difesa deve provare l’effettiva arbitrarietà dell’atto, cosa che i giudici di merito hanno escluso nel caso specifico, ritenendo infondata tale tesi difensiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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