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Resistenza a pubblico ufficiale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. La Corte ha stabilito che non è possibile, in sede di legittimità, proporre una diversa interpretazione delle prove già valutate dai giudici di merito. La condanna è stata confermata, negando le attenuanti generiche a causa dei precedenti e dell’intensità del dolo.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Il caso in esame riguarda un’imputata condannata per resistenza a pubblico ufficiale e altri reati, il cui ricorso è stato dichiarato inammissibile perché mirava a una semplice rilettura delle prove, attività preclusa alla Suprema Corte. Questo provvedimento offre spunti importanti sui limiti dell’impugnazione e sulla valutazione della condotta criminosa.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una condotta aggressiva e minacciosa tenuta da una donna nei confronti di alcuni agenti di polizia intervenuti per compiere un atto d’ufficio. Durante l’alterco, l’imputata non solo si opponeva con violenza all’operato degli agenti, ma procurava anche una ferita a uno di essi. Successivamente, la stessa donna teneva un comportamento intimidatorio anche verso il personale sanitario del 118, sopraggiunto sul posto, nel tentativo di indurlo ad attestare falsamente delle lesioni che il figlio avrebbe subito per mano dei poliziotti.

L’imputata proponeva ricorso in Cassazione sostenendo di aver agito per legittima difesa, temendo per l’incolumità del figlio, e chiedendo una riqualificazione del reato. Contestava inoltre il trattamento sanzionatorio, ritenendo ingiusta la mancata concessione delle attenuanti generiche.

La Decisione della Corte e la Resistenza a Pubblico Ufficiale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. I giudici hanno sottolineato come i motivi di ricorso non facessero altro che riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte nei gradi di merito, sollecitando una nuova e alternativa lettura del compendio probatorio. Tale operazione, tuttavia, esula completamente dalle competenze della Corte di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare i fatti.

La Corte ha confermato la correttezza della qualificazione giuridica dei fatti come resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, escludendo la possibilità di derubricare il reato in oltraggio. Anche la tesi della legittima difesa è stata respinta come manifestamente infondata, poiché basata su un presupposto (le percosse al figlio) smentito dalle stesse dichiarazioni dell’interessato nell’immediatezza dei fatti.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte si articola su più punti chiave. In primo luogo, si ribadisce il principio secondo cui il ricorso per cassazione non è una terza istanza di giudizio dove si possono rivalutare le prove. L’apprezzamento dei fatti è di esclusiva competenza dei giudici di primo e secondo grado.

In secondo luogo, la Corte ha ritenuto la sentenza d’appello correttamente motivata in ogni sua parte. Era stato dato conto sia della condotta violenta e minacciosa verso i poliziotti, finalizzata a impedire un atto d’ufficio, sia delle lesioni procurate a un operante, comprovate dalla documentazione sanitaria. Anche l’aggressione verbale ai sanitari del 118 è stata considerata come un ulteriore elemento a carico dell’imputata.

Infine, per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio, i giudici hanno confermato la decisione di non concedere le attenuanti generiche. A sfavore dell’imputata militavano non solo un suo precedente penale, ma anche la “pervicacia e l’intensità del dolo”, ovvero la determinazione e la gravità dell’intento criminale dimostrato in tutta la vicenda.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un chiaro monito: il ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità (violazione di legge o vizio di motivazione) e non può essere utilizzato come un pretesto per chiedere ai giudici di riconsiderare le prove a proprio piacimento. La decisione consolida l’orientamento secondo cui la valutazione del materiale probatorio è un’attività riservata ai giudici di merito. Inoltre, conferma che elementi come i precedenti penali e l’intensità del dolo sono fattori determinanti che il giudice può legittimamente considerare per negare il riconoscimento delle attenuanti generiche, giustificando un trattamento sanzionatorio più severo.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, non può effettuare una nuova valutazione delle prove o dei fatti.

La reazione violenta per difendere un familiare da un presunto abuso delle forze dell’ordine può essere considerata legittima difesa?
In questo caso specifico, la tesi della legittima difesa è stata giudicata manifestamente infondata. La Corte ha rilevato che il presupposto della difesa (il pericolo corso dal figlio) era stato negato dallo stesso figlio nell’immediatezza dei fatti, facendo così venir meno la base per l’applicazione di tale scriminante.

Avere un precedente penale impedisce di ottenere le attenuanti generiche?
Non lo impedisce automaticamente, ma è un elemento che il giudice valuta negativamente. Come stabilito in questa ordinanza, la presenza di un precedente, unita ad altri fattori come la pervicacia e l’intensità del dolo, può legittimamente portare il giudice a negare la concessione delle attenuanti generiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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