Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Il caso in esame riguarda un’imputata condannata per resistenza a pubblico ufficiale e altri reati, il cui ricorso è stato dichiarato inammissibile perché mirava a una semplice rilettura delle prove, attività preclusa alla Suprema Corte. Questo provvedimento offre spunti importanti sui limiti dell’impugnazione e sulla valutazione della condotta criminosa.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una condotta aggressiva e minacciosa tenuta da una donna nei confronti di alcuni agenti di polizia intervenuti per compiere un atto d’ufficio. Durante l’alterco, l’imputata non solo si opponeva con violenza all’operato degli agenti, ma procurava anche una ferita a uno di essi. Successivamente, la stessa donna teneva un comportamento intimidatorio anche verso il personale sanitario del 118, sopraggiunto sul posto, nel tentativo di indurlo ad attestare falsamente delle lesioni che il figlio avrebbe subito per mano dei poliziotti.
L’imputata proponeva ricorso in Cassazione sostenendo di aver agito per legittima difesa, temendo per l’incolumità del figlio, e chiedendo una riqualificazione del reato. Contestava inoltre il trattamento sanzionatorio, ritenendo ingiusta la mancata concessione delle attenuanti generiche.
La Decisione della Corte e la Resistenza a Pubblico Ufficiale
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. I giudici hanno sottolineato come i motivi di ricorso non facessero altro che riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte nei gradi di merito, sollecitando una nuova e alternativa lettura del compendio probatorio. Tale operazione, tuttavia, esula completamente dalle competenze della Corte di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare i fatti.
La Corte ha confermato la correttezza della qualificazione giuridica dei fatti come resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, escludendo la possibilità di derubricare il reato in oltraggio. Anche la tesi della legittima difesa è stata respinta come manifestamente infondata, poiché basata su un presupposto (le percosse al figlio) smentito dalle stesse dichiarazioni dell’interessato nell’immediatezza dei fatti.
Le Motivazioni della Sentenza
La motivazione della Corte si articola su più punti chiave. In primo luogo, si ribadisce il principio secondo cui il ricorso per cassazione non è una terza istanza di giudizio dove si possono rivalutare le prove. L’apprezzamento dei fatti è di esclusiva competenza dei giudici di primo e secondo grado.
In secondo luogo, la Corte ha ritenuto la sentenza d’appello correttamente motivata in ogni sua parte. Era stato dato conto sia della condotta violenta e minacciosa verso i poliziotti, finalizzata a impedire un atto d’ufficio, sia delle lesioni procurate a un operante, comprovate dalla documentazione sanitaria. Anche l’aggressione verbale ai sanitari del 118 è stata considerata come un ulteriore elemento a carico dell’imputata.
Infine, per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio, i giudici hanno confermato la decisione di non concedere le attenuanti generiche. A sfavore dell’imputata militavano non solo un suo precedente penale, ma anche la “pervicacia e l’intensità del dolo”, ovvero la determinazione e la gravità dell’intento criminale dimostrato in tutta la vicenda.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un chiaro monito: il ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità (violazione di legge o vizio di motivazione) e non può essere utilizzato come un pretesto per chiedere ai giudici di riconsiderare le prove a proprio piacimento. La decisione consolida l’orientamento secondo cui la valutazione del materiale probatorio è un’attività riservata ai giudici di merito. Inoltre, conferma che elementi come i precedenti penali e l’intensità del dolo sono fattori determinanti che il giudice può legittimamente considerare per negare il riconoscimento delle attenuanti generiche, giustificando un trattamento sanzionatorio più severo.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, non può effettuare una nuova valutazione delle prove o dei fatti.
La reazione violenta per difendere un familiare da un presunto abuso delle forze dell’ordine può essere considerata legittima difesa?
In questo caso specifico, la tesi della legittima difesa è stata giudicata manifestamente infondata. La Corte ha rilevato che il presupposto della difesa (il pericolo corso dal figlio) era stato negato dallo stesso figlio nell’immediatezza dei fatti, facendo così venir meno la base per l’applicazione di tale scriminante.
Avere un precedente penale impedisce di ottenere le attenuanti generiche?
Non lo impedisce automaticamente, ma è un elemento che il giudice valuta negativamente. Come stabilito in questa ordinanza, la presenza di un precedente, unita ad altri fattori come la pervicacia e l’intensità del dolo, può legittimamente portare il giudice a negare la concessione delle attenuanti generiche.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14825 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14825 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MAINZ( GERMANIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/05/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi di ricorso,
OSSERVA
Ritenuto che il primo e il secondo motivo di ricorso si risolvono nell’assertiva riproposizione di deduzioni volte a sollecitare un’alternativa lettura del compendio probatorio, ciò che si pone al di fuori dello scrutinio di legittimità, a fronte di quanto rilevato dai Giudici di merito in ordine alla condotta aggressiva e minacciosa tenuta dalla ricorrente nei confronti dei poliziotti, per opporsi al compimento dell’atto di ufficio in corso, condotta ispirata da uno specifico intendimento e di per sé reputata idonea a turbare lo svolgimento dell’attività di ufficio, anche considerando che nella circostanza la ricorrente aveva procurato una ferita ad uno degli operanti;
Ritenuto dunque che correttamente non si è proceduto a riqualificazione del delitto contestato al capo A) in quello di oltraggio e che risulta manifestamente infondata, oltre che genericamente reiterativa, la doglianza riguardante la configurabilità del delitto di lesioni, essendo stato dato conto della ferita procurata, emergente anche dalla scheda di Pronto soccorso;
Ritenuto che in relazione al quadro probatorio valutato dai Giudici di merito risultano manifestamente infondate le doglianze volte ad accreditare l’assunto di una reazione ispirata da legittima difesa, rispetto al pericolo corso dal figlio della ricorrente, già tratto in arresto, che secondo l’assunto difensivo sarebbe stato sottoposto a percosse, peraltro negate nell’immediatezza dall’interessato;
Ritenuto inoltre che il terzo motivo di ricorso risulta volto a sollecitare un diverso apprezzamento del merito, non consentito in questa sede, essendo stato dato conto della condotta aggressiva e minacciosa tenuta dalla ricorrente nei confronti dei sanitari del 118, sopraggiunti in loco, al fine di indurli a compiere un atto contrario ai propri doveri, riguardante l’attestazione di lesioni riportate dal figlio per opera dei poliziotti;
Ritenuto infine che il primo motivo, nella parte riguardante il trattamento sanzionatorio, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, nella quale è stato dato conto delle ragioni per cui a fronte della non applicazione della recidiva non siano stati ravvisati i presupposti per il riconoscimento delle
attenuanti generiche, in senso contrario militando sia il precedente da cui la ricorrente è gravata sia la pervicacia e l’intensità del dolo;
Ritenuto dunque che il ricorso è inammissibile, conseguendone la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei sottesi profili di colpa, a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende,
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 febbraio 2024