Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di resistenza a pubblico ufficiale, fornendo importanti chiarimenti sui limiti del ricorso in sede di legittimità. La vicenda riguarda un automobilista che, per sottrarsi a un controllo, ha trascinato un agente con la propria auto, cagionandogli lesioni. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di un’ammenda. Analizziamo i dettagli della decisione.
I Fatti: Fuga dal Controllo e Lesioni all’Agente
I fatti alla base della pronuncia vedono un giovane automobilista che, durante un controllo, invece di fermarsi, ha proseguito la marcia per circa dieci metri. La manovra non è stata considerata involontaria, ma un deliberato tentativo di fuga. Nel corso di questa azione, uno degli agenti, che si era sporto all’interno dell’abitacolo per fermare il veicolo, è stato trascinato, riportando lesioni personali. L’auto è stata bloccata solo grazie all’intervento di un’altra vettura di servizio che le ha tagliato la strada. La Corte d’Appello aveva già confermato la responsabilità penale dell’imputato.
I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandolo su diversi motivi, tutti respinti dalla Corte.
La non rivalutabilità del merito in Cassazione
I primi due motivi del ricorso miravano a ottenere una diversa valutazione dei fatti. La difesa sosteneva che la manovra fosse stata involontaria e legata al cambio automatico del veicolo. La Cassazione ha ritenuto tali motivi manifestamente infondati, sottolineando come il suo ruolo non sia quello di riesaminare le prove, ma di verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. La Corte d’Appello aveva già ampiamente e logicamente spiegato perché la condotta fosse intenzionale e finalizzata alla fuga, rendendo inaccoglibile una semplice rilettura dei fatti.
Il diniego delle attenuanti e la mancata richiesta di pene sostitutive
Anche il terzo motivo, relativo al trattamento sanzionatorio e al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, è stato rigettato. La Suprema Corte ha confermato che la decisione del giudice di merito di negare le attenuanti non era arbitraria, ma basata sui precedenti dell’imputato e sulla gravità della condotta.
Infine, per quanto riguarda il quarto motivo, con cui si lamentava la mancata applicazione di pene sostitutive, la Corte ha evidenziato un punto procedurale cruciale: il giudice non è tenuto a valutare d’ufficio tale possibilità se non vi è una specifica richiesta da parte della difesa nel corso del giudizio di appello. Citando un precedente specifico (Sez. 6, n. 46782 del 29/09/2023), ha stabilito che l’assenza di tale istanza preclude la possibilità di sollevare la questione per la prima volta in Cassazione.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione si fonda su principi cardine del processo penale. In primo luogo, la netta distinzione tra il giudizio di merito (primo grado e appello), dove si valutano le prove e si ricostruiscono i fatti, e il giudizio di legittimità (Cassazione), che si occupa solo di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità delle motivazioni. Tentare di ottenere dalla Cassazione un nuovo esame dei fatti, come nel caso di specie, porta inevitabilmente all’inammissibilità del ricorso.
In secondo luogo, l’ordinanza ribadisce l’onere della parte di formulare specifiche richieste processuali. La possibilità di beneficiare di pene sostitutive non è un diritto che il giudice deve considerare in automatico, ma una possibilità subordinata a una precisa istanza della difesa nei tempi e modi corretti.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia offre due importanti lezioni pratiche. Per gli imputati e i loro difensori, sottolinea l’importanza di strutturare il ricorso per cassazione esclusivamente su vizi di legittimità, evitando argomentazioni che invadano la sfera del merito, pena l’inammissibilità e l’aggravio di spese. Inoltre, evidenzia la necessità di avanzare tutte le richieste, come quelle relative alle pene sostitutive, già nel giudizio d’appello, per non precludersi tale possibilità in un secondo momento. Per i cittadini, la sentenza conferma la gravità della resistenza a pubblico ufficiale, un reato che viene sanzionato tenendo conto non solo dell’atto in sé, ma anche delle sue concrete e pericolose modalità di esecuzione.
Perché il ricorso dell’automobilista è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché chiedeva alla Corte di Cassazione una nuova valutazione dei fatti (merito), un’attività che non rientra nelle sue competenze. La Corte può solo verificare se la legge è stata applicata correttamente (legittimità), e ha ritenuto che la decisione della Corte d’Appello fosse logica e ben motivata.
Il giudice poteva applicare pene alternative al carcere anche senza una richiesta specifica?
No. L’ordinanza chiarisce che il giudice non è tenuto a considerare d’ufficio l’applicazione di pene sostitutive. È necessario che la difesa presenti una specifica richiesta nel corso del processo d’appello; in assenza di tale richiesta, la questione non può essere sollevata per la prima volta in Cassazione.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso penale viene dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese processuali e, in aggiunta, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14810 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14810 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/05/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi di ricorso,
OSSERVA
Ritenuto che i primi due motivi, esaminabili congiuntamente, sollecitano una diversa valutazione inerente al merito, preclusa in sede di legittimità, risultando comunque manifestamente infondati alla luce di quanto rilevato dalla Corte, che ha dato conto, senza incorrere in profili di illogicità, della condotta oppositiva del ricorrente, non limitatosi ad una involontaria manovra, correlata al cambio automatico, non compatibile con la distanza percorsa, ma intenzionato a sfuggire al controllo, procedendo oltre con la vettura per almeno dieci metri e trascinando uno degli operanti che si era lanciato all’interno, fino ad essere bloccato solo da vettura di servizio posta di traverso, frangente nel quale il luogotenente NOME aveva riportato lesioni personali, riconducibili alla condotta del ricorrente;
Ritenuto che il terzo motivo è volto a prospettare un diverso approccio valutativo, inerente al merito, in ordine al trattamento sanzionatorio e alle attenuanti generiche, che la Corte ha non arbitrariamente negato in ragione dei precedenti, dando inoltre rilievo alle modalità della condotta;
Ritenuto che il quarto motivo non è consentito, non essendo la Corte tenuta a formulare d’ufficio valutazioni in ordine alla possibilità di applicare pene sostitutive, in assenza di una specifica sollecitazione nel corso del giudizio di appello (sul punto Sez. 6, n. 46782 del 29/09/2023, COGNOME, Rv. 285564);
Ritenuto in conclusione che il ricorso è inammissibile, conseguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei sottesi profili di colpa, a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende,
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 febbraio 2024
Il Consigliere estensore