LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Resistenza a pubblico ufficiale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per resistenza a pubblico ufficiale. L’imputato, trovato in possesso di stupefacenti, aveva tentato la fuga e ingaggiato una colluttazione con gli agenti. Il ricorso è stato giudicato generico e manifestamente infondato, confermando sia la responsabilità penale sia l’adeguatezza della sanzione, motivata dalla gravità della condotta e dall’intensità del dolo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a pubblico ufficiale: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei criteri di ammissibilità del ricorso in Cassazione, in particolare nel contesto del reato di resistenza a pubblico ufficiale. Con la sua decisione, la Suprema Corte ribadisce un principio fondamentale: un ricorso basato su motivi generici e manifestamente infondati, che non contesta specificamente le argomentazioni della sentenza impugnata, è destinato a essere dichiarato inammissibile. Analizziamo i dettagli del caso per comprendere le ragioni della Corte.

I Fatti alla Base della Condanna

Il caso trae origine da un controllo di polizia durante il quale un individuo è stato trovato in possesso di sostanze stupefacenti. Alla richiesta degli agenti, l’uomo ha reagito opponendo una forte resistenza. La sua condotta non si è limitata a una semplice opposizione verbale, ma si è concretizzata in azioni violente e pericolose:

1. Tentativo di fuga: L’imputato ha cercato di sottrarsi al controllo scappando.
2. Violenza fisica: Una volta bloccato, ha reagito con violenza, sgomitando e sferrando calci contro gli agenti.
3. Colluttazione: Ne è scaturita una vera e propria colluttazione, un violento scontro fisico con le forze dell’ordine.

Sulla base di questi elementi, i giudici di merito avevano affermato la sua responsabilità per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, applicando una sanzione ritenuta adeguata alla gravità dei fatti.

I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte di Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione contestando sia l’affermazione di responsabilità sia il trattamento sanzionatorio ricevuto. Tuttavia, secondo la Suprema Corte, i motivi del ricorso erano viziati da ‘genericità e manifesta infondatezza’. In altre parole, la difesa non ha sollevato critiche specifiche e puntuali contro la motivazione della sentenza della Corte d’Appello, ma si è limitata a una contestazione generale, insufficiente a mettere in discussione la solidità della decisione precedente.

La Decisione sulla Resistenza a Pubblico Ufficiale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione comporta due conseguenze dirette per il ricorrente:

* La condanna al pagamento delle spese processuali.
* Il versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista per chi adisce la Corte con ricorsi infondati.

La Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente valutato tutti gli elementi a disposizione, giungendo a una conclusione logicamente e giuridicamente ineccepibile.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda su argomentazioni chiare e consolidate. Innanzitutto, il ricorso è stato considerato inammissibile perché non affrontava in modo specifico le ragioni della condanna. I giudici di merito avevano ampiamente motivato la loro decisione, evidenziando come la condotta dell’imputato integrasse pienamente gli estremi del reato di resistenza. Il tentativo di fuga e la successiva aggressione fisica (gomitate e calci) non lasciavano dubbi sulla volontà di opporsi con violenza all’atto legittimo degli agenti.

Anche la critica relativa alla sanzione è stata respinta come infondata. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata completa, in quanto aveva tenuto conto di fattori cruciali per la determinazione della pena: l’offensività della condotta, la pervicacia dimostrata dall’imputato e l’intensità del dolo, ovvero la piena intenzione di commettere il reato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza alcuni principi chiave del nostro sistema processuale penale. In primo luogo, un ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle proprie tesi, ma deve contenere una critica argomentata e specifica della sentenza impugnata. In assenza di ciò, il ricorso è destinato all’inammissibilità. In secondo luogo, viene confermato che una reazione violenta e fisica, come un tentativo di fuga seguito da una colluttazione, costituisce una chiara manifestazione del reato di resistenza a pubblico ufficiale. Infine, la decisione sottolinea che la determinazione della pena deve essere ancorata a criteri concreti come l’offensività e l’intenzionalità della condotta, e se la motivazione del giudice è completa e logica, non è sindacabile in sede di legittimità.

Quando un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono generici e manifestamente infondati, ovvero quando non contestano in modo specifico le argomentazioni giuridiche della sentenza impugnata ma si limitano a una critica generale.

Quali elementi hanno caratterizzato il reato di resistenza a pubblico ufficiale in questo caso?
Il reato è stato caratterizzato da una condotta oppositiva violenta e attiva, che includeva il tentativo di fuga e, una volta bloccato, una colluttazione con gli agenti tramite gomitate e calci.

Perché il ricorrente è stato condannato al pagamento di una somma alla cassa delle ammende?
La condanna al pagamento di una somma alla cassa delle ammende è una conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità del ricorso. È una sanzione pecuniaria prevista per scoraggiare la presentazione di ricorsi infondati, che impegnano inutilmente il sistema giudiziario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati