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Resistenza a pubblico ufficiale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per resistenza a pubblico ufficiale. I motivi sono stati giudicati generici, manifestamente infondati e una mera riproposizione di argomentazioni già respinte. La Corte ha confermato la corretta valutazione dei fatti, delle lesioni subite dall’agente e della recidiva dell’imputato, condannandolo al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di resistenza a pubblico ufficiale, ribadendo i criteri di ammissibilità del ricorso e sottolineando l’impossibilità di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti nel giudizio di legittimità. La pronuncia offre spunti importanti sulla differenza tra un valido motivo di ricorso e una semplice riproposizione di tesi difensive già esaminate e rigettate.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso presentato da un uomo, condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di resistenza a un pubblico ufficiale ai sensi dell’art. 337 del codice penale. L’imputato contestava la sua responsabilità penale adducendo diverse motivazioni: la mancanza di dolo (cioè l’intenzione di commettere il reato), l’assenza di una certificazione medica che attestasse le lesioni subite dall’agente e una motivazione carente riguardo al riconoscimento della recidiva.

L’Analisi della Cassazione sulla Resistenza a Pubblico Ufficiale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi proposti generici e manifestamente infondati. L’analisi dei giudici si è concentrata su tre aspetti principali.

Genericità e Reiterazione dei Motivi

In primo luogo, la Corte ha osservato che i motivi del ricorso erano una semplice riproposizione di questioni già ampiamente esaminate e respinte con motivazione congrua dalla Corte d’Appello. Il tentativo di fornire una ‘lettura alternativa’ dei fatti è stato considerato inaccettabile in sede di legittimità, dove il ruolo della Cassazione non è quello di riesaminare le prove, ma di verificare la corretta applicazione della legge.

La Ricostruzione dei Fatti e le Lesioni all’Agente

Per quanto riguarda la condotta dell’imputato, la Corte ha evidenziato come la ricostruzione operata nella sentenza impugnata descrivesse un comportamento oppositivo e minatorio così intenso da richiedere l’intervento di altri operatori. In merito alle lesioni subite da un agente, i giudici hanno chiarito che queste erano già emerse dalla ricostruzione dell’azione violenta e avevano trovato riscontro in una certificazione presente agli atti, sebbene non trasmessa formalmente dal Pubblico Ministero. Questo dettaglio procedurale non inficiava la prova della lesione.

La Valutazione della Recidiva

Infine, anche il motivo relativo alla recidiva è stato giudicato infondato. La motivazione della Corte d’Appello era stata chiara nel dare conto dei precedenti penali dell’imputato, tra cui uno specifico per lesioni. Tali precedenti sono stati correttamente valutati come espressivi di una ‘perdurante capacità a delinquere’ e di una ‘maggiore pericolosità’, giustificando così l’applicazione dell’aggravante.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte di Cassazione si fonda sul principio consolidato per cui il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. I motivi di ricorso devono denunciare vizi di legittimità (violazione di legge o vizi della motivazione) e non possono limitarsi a contestare la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o contraddittoria. In questo caso, i motivi erano generici e cercavano di ottenere un nuovo giudizio sui fatti, proponendo una versione alternativa smentita dalle prove e dalla logica della sentenza impugnata. La Corte ha quindi applicato rigorosamente i limiti del proprio sindacato, dichiarando l’inammissibilità.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un monito importante: per accedere al giudizio di Cassazione, è necessario formulare censure specifiche e pertinenti, che attengano a reali errori di diritto o a vizi logici della motivazione, e non una mera riproposizione delle stesse argomentazioni difensive. La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, evidenziando le conseguenze negative di un ricorso presentato senza validi presupposti giuridici.

Quando un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi sono generici, manifestamente infondati, o si limitano a riproporre censure già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio, senza sollevare reali questioni sulla corretta applicazione della legge.

La mancanza di un certificato medico impedisce di provare le lesioni a un pubblico ufficiale?
No. Secondo questa ordinanza, le lesioni possono essere provate anche dalla ricostruzione complessiva dell’azione violenta descritta in sentenza. La presenza del certificato agli atti del processo è sufficiente a confermare la prova, anche se non formalmente trasmesso dal PM.

Come viene giustificata l’applicazione della recidiva?
La recidiva viene giustificata analizzando i precedenti penali dell’imputato in relazione al nuovo reato commesso. Se i precedenti, come in questo caso uno specifico per lesioni, dimostrano una perdurante capacità a delinquere e una maggiore pericolosità, la sua applicazione è ritenuta correttamente motivata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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