Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 45350/2024, ha fornito importanti chiarimenti sui limiti dell’impugnazione per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Questa pronuncia sottolinea un principio fondamentale del nostro sistema giudiziario: il ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione di argomenti già esaminati e respinti nei precedenti gradi di giudizio. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo, confermata sia in primo grado che in appello, per il reato di resistenza a pubblico ufficiale previsto dall’articolo 337 del codice penale. Non accettando la decisione della Corte d’Appello di Bari, l’imputato ha deciso di presentare ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, tentando di ottenere l’annullamento della condanna.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla Resistenza a Pubblico Ufficiale
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito della colpevolezza o meno dell’imputato, ma si è concentrata sulla struttura stessa del ricorso presentato. La Corte ha ritenuto che i motivi addotti dal ricorrente fossero una mera riproduzione di censure già adeguatamente vagliate e respinte dal giudice di merito. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: la Ripetitività dei Motivi e il Ruolo della Cassazione
Il cuore della decisione risiede nella motivazione con cui la Corte ha giustificato l’inammissibilità. I giudici supremi hanno evidenziato come i giudici di merito avessero già offerto una motivazione “corretta, logica ed esaustiva” per confermare la condanna. In particolare, le sentenze precedenti avevano già dato conto della piena legittimità e non arbitrarietà dell’operato dei pubblici ufficiali e avevano accertato la presenza di tutti gli elementi costitutivi del reato di resistenza a pubblico ufficiale sulla base delle prove raccolte.
La Cassazione ha ribadito il proprio ruolo di giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti per una terza volta, ma assicurare che la legge sia stata interpretata e applicata correttamente nei gradi precedenti. Un ricorso che si limita a riproporre le stesse questioni di fatto, senza evidenziare vizi di legge o difetti logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata, è destinato a essere dichiarato inammissibile.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza serve da monito per chi intende adire la Corte di Cassazione. Per avere una possibilità di successo, un ricorso non può essere una sterile ripetizione delle difese già sostenute in appello. È necessario, invece, articolare motivi nuovi e specifici, che attacchino la sentenza impugnata sotto il profilo della violazione di legge o del vizio di motivazione, secondo i canoni stabiliti dal codice di procedura penale.
In sintesi, la decisione rafforza il principio di economia processuale e il ruolo deflattivo del giudizio di legittimità, impedendo che la Suprema Corte venga sovraccaricata da ricorsi meramente dilatori o che cercano un riesame dei fatti, compito esclusivo dei giudici di primo e secondo grado.
Perché il ricorso per resistenza a pubblico ufficiale è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a riproporre gli stessi motivi di censura che erano già stati esaminati e correttamente respinti dai giudici di merito nei precedenti gradi di giudizio.
Cosa avevano già accertato i giudici di merito secondo la Cassazione?
I giudici di merito avevano già accertato, con motivazione corretta e logica, sia la legittimità e non arbitrarietà dell’operato dei pubblici ufficiali, sia la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato di resistenza a pubblico ufficiale.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45350 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45350 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SAN GIOVANNI ROTONDO il 11/01/1998
avverso la sentenza del 13/09/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
R.G.N. 13879/24 MANSI
OSSERVA
Ritenuto che il motivo dedotti nel ricorso in relazione alla condanna del ricorrente per il reato di cui all’art. 337 cod. pen. è inammissibile in quanto riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito;
Considerato, invero, che i giudici di merito, con motivazione corretta, logica ed esaustiva, hanno dato conto della legittimità e non arbitrarietà dell’operato dei pubblici ufficiali, nonché dell’integrazione – alla luce delle risultanze probatorie – di tutti gli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 337 cod. pen. (cfr. sent. primo grado pp. 3 e 4 e sent. appello p. 3);
Ritenuto che il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/09/2024.