Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando le Minacce Bastano a Integrare il Reato
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sul reato di resistenza a pubblico ufficiale e sui requisiti di ammissibilità di un ricorso. La Suprema Corte ha confermato la condanna di un individuo, chiarendo che anche le sole minacce verbali, se concrete e idonee a intimidire, sono sufficienti a configurare il delitto. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni dei giudici.
I Fatti del Caso
Un cittadino veniva condannato nei primi due gradi di giudizio per i reati di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale. La condanna scaturiva da frasi offensive e minacciose rivolte a militari durante l’esercizio delle loro funzioni. L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, sostenendo principalmente due punti: la mancanza di dolo specifico per il reato di resistenza e l’assenza dell’elemento oggettivo e del nesso causale per quello di oltraggio. In sostanza, la difesa mirava a derubricare le sue parole a una mera espressione di sentimenti ostili, priva della reale intenzione di opporsi agli agenti.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che i motivi presentati fossero generici e, di fatto, una semplice riproposizione di censure già esaminate e respinte correttamente dalla Corte d’Appello. Di conseguenza, la Corte non è entrata nel merito delle questioni, ma ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione: Focus sulla Resistenza a Pubblico Ufficiale
Le motivazioni alla base della decisione sono cruciali. La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero già ampiamente e correttamente argomentato la colpevolezza dell’imputato. In particolare, la Corte d’Appello aveva evidenziato:
1. La Natura delle Minacce: Non si trattava di un semplice sfogo o di espressioni ostili. Le parole pronunciate erano vere e proprie minacce, la cui serietà e capacità intimidatoria derivava da riferimenti a eventi concreti che l’agente avrebbe potuto scatenare con la sua iniziativa.
2. La Finalità: Le minacce erano finalisticamente dirette a “condizionare e idonee turbare i militari nell’esercizio delle proprie funzioni”. Questo elemento è centrale per configurare la resistenza a pubblico ufficiale, che non richiede necessariamente violenza fisica ma anche una minaccia sufficientemente grave da ostacolare l’attività del pubblico ufficiale.
3. Il Contesto dell’Oltraggio: Per il reato di oltraggio, era stata accertata la natura offensiva delle frasi, pronunciate nei confronti dei pubblici ufficiali mentre erano in servizio e, fattore determinante, alla presenza di altre persone.
La Cassazione, quindi, ha ritenuto che il ricorso non presentasse argomenti nuovi o critiche specifiche alla logicità della sentenza impugnata, limitandosi a riproporre una diversa interpretazione dei fatti, operazione non consentita in sede di legittimità.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce due principi fondamentali. In primo luogo, per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, la minaccia non deve essere sottovalutata: se è concreta, seria e volta a interferire con l’operato delle forze dell’ordine, integra pienamente il delitto previsto dall’art. 337 del codice penale. Non è necessario arrivare alla violenza fisica. In secondo luogo, il provvedimento è un monito sull’importanza della tecnica redazionale dei ricorsi in Cassazione. Un ricorso che si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di merito, senza individuare vizi logici o giuridici specifici nella sentenza d’appello, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna a spese e sanzioni pecuniarie.
Quando una minaccia verbale integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale?
Secondo questa ordinanza, una minaccia verbale integra il reato quando non è una mera espressione di ostilità, ma una vera e propria minaccia la cui serietà e capacità intimidatoria è finalizzata a condizionare e turbare i pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile per genericità, ovvero quando i motivi presentati sono una mera riproduzione di censure già adeguatamente esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio, senza sollevare specifiche critiche alla logicità o alla correttezza giuridica della sentenza impugnata.
Quali elementi sono necessari per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale secondo questa ordinanza?
L’ordinanza conferma che per il reato di oltraggio sono necessarie frasi di natura offensiva rivolte a pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni e, elemento cruciale, pronunciate alla presenza di altre persone.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32287 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32287 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 26/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a THIENE il 26/01/1998
avverso la sentenza del 12/09/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per i reati di cui agli artt. 337 cod. pen. e 341-bis cod. pen.);
esaminati i motivi di ricorso.
OSSERVA
Il ricorso è inammissibile per genericità dei due motivi – relativi alla assenza di dolo specifico in relazione al reato di resistenza a pubblico ufficiale e alla assenza dell’elemento oggettivo e del nesso di causalità psicologica tra offesa e funzioni esercitate in relazione al reato di oltraggio a pubblico ufficiale – riproduttivi di censure già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dalla Corte di appello (pag. 4).
In particolare, la Corte di appello ha evidenziato la natura offensiva delle frasi pronunciate rivolte agli operanti e la circostanza che le stesse furono pronunciate nei confronti dei pubblici ufficiali, alla presenza di altre persone.
I Giudici hanno, poi, precisato che non di mera reattiva espressione di sentimenti ostili si era trattato, ma di vere e proprie minacce, la cui serietà e capacità intimidatoria derivava dai riferimenti dell’agente a concrete evenienze riconducibili alla sua iniziativa e finalisticamente dirette a condizionare e idonee turbare i militari nell’esercizio delle proprie funzioni, avuto riguardo al contesto e all’attività in corso.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/0 2025.