Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 16654 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 16654 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PISTICCI il 05/06/1991 avverso la sentenza del 03/05/2024 della Corte d’appello di Potenza Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che ha concluso chiedendo la inammissibilità
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza descritta in epigrafe, la Corte di appello di Potenza ha parzialmente riformato quella di primo grado emessa nei confronti di NOME COGNOME in primo grado condannato per più fatti di resistenza a pubblico ufficiale e di oltraggio.
In particolare, la Corte del merito ha annullato la condanna per l’oltraggio, assolvendo l’imputato per la ritenuta insussistenza del fatto; al contempo, ha confermato la condanna per le condotte punite ai sensi dell’art 337 cod. pen., riducendo la pen irrogata alla sola frazione di sanzione comminata per tali reati.
Propone ricorso la difesa dell’imputato e lamenta:
violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta configurabili delle ipotesi di resistenza ritenute in sentenza, avendo la Corte trascurato di considera nel rintracciare i costituti, anche di matrice soggettiva, del reato contestato che le proferite dal ricorrente in occasione dei controlli realizzati dagli operanti presso il domi ove lo stesso si trovava costretto agli arresti domiciliari erano prive di alcuna idon opposìtiva rìspetto all’atto d’ufficio realizzato dai soggetti qualificati perché pr funzionalità rispetto alla detta attività, sostanziandosi, di fatto, in un atteggia minaccioso comunque slegato dall’attività d’ufficio resa in quel frangente;
l’avvenuto apprezzamento di circostanze in fatto, quelle riferite dal test COGNOME, estranee agli episodi contestati con l’imputazione;
l’integrale pretermissione del motivo di appello con Il quale si rivendicava riconoscimento delle generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La fondatezza del primo motivo di ricorso porta all’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con conseguente assorbimento delle altre censure prospettate dall’impugnazione.
La situazione in fatto emergente dalle due conformi sentenze di merito non consente di pervenire alla configurazione del reato contestato all’imputato.
In disparte le considerazioni spese dalla Corte del merito nel rintracciare, in termi ritenuti coerenti al disposto di cui all’art 337 cod. pen., la giusta ipotesi di reato al ascrivere la regiudicanda (seguendo pedissequamente le quali si sarebbe dovuti pervenire ad una riconduzione della vicenda a giudizio all’egida dell’art 336 cod. pen., ritenersi errata, per quel che si dirà, ma nel caso esclusa in sentenza all’esito percorso argomentativo viziato da manifesta contraddittorietà logico giuridica, anche rispetto al fatto accertato), va messo in evidenza che:
l’atto d’ufficio, riguardo al quale sarebbe stata realizzata l’attività oppos contestata a Vinciguerra, ineriva al controllo relativo alla puntuale esecuzione, da pa del ricorrente, in quel frangente posto agli arresti domiciliari, della relativa m cautelare;
le frasi proferite dall’imputato in occasione del detto controllo, oltre che dirette offendere gli operanti (ma il dato non assume più rilievo, per la decretata assoluzione relazione all’oltraggio, originariamente ritenuto dai primo giudice), avevano anche un indubbio contenuto intimidatorio.
Tale situazione in fatto, mal si attaglia al reato ritenuto dai giudici del merito
3.1. La peculiarità dell’attività d’ufficio alla quale COGNOME si sarebbe oppost stessa contestualità del contegno minaccioso da questi tenuto rispetto alla verifica
quale si sostanziava la detta azione, finiscono per negare, a priori, ogni ef funzionalità oppositiva alla condotta intimidatoria posta in essere dall’impu
quantomeno dal punto di vista soggettivo, infatti, la valutazione in diritto privi dalla Corte del merito non può essere condivisa, atteso che, rivolgendosi agli oper
con il fare minaccioso descritto nell’imputazione, l’imputato non poteva in alcun m mirare ad ostacolare l’esecuzione di una verifica – quella relativa alla sua presenza
domicilio di restrizione- che egli stesso, per forza di cose, con quel determinato cont stava inequivocabilmente contribuendo a garantire.
In altre parole, rispondendo alla sollecitazione svolta dagli operanti con intimidatori riscontrati, COGNOME più che opporsi, dava concretezza al cont
relativo alla sua presenza nel domicilio di esecuzione della misura, che, dunque, di non provava ad impedire.
3.2. Al più, le intimidazioni verbali prospettate in direzione degli operanti i determinato contesto, emendate del dolo specifico proprio della resistenza imputata
ricorrente, avrebbero giustificato un inquadramento del fatto in termini di mina aggravata ai sensi dell’art. 61, n. 10, cod. pen. non punibile, tuttavia, in as querela.
Da qui la decisione di cui al dispositivo che segue
P.Q.M.
Riqualificato il fatto ai sensi dell’art. 612-61 n.10 cod. pen. annulla senza r sentenza impugnata per mancanza di querela.
Così deciso il 17/03/2025.