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Resistenza a pubblico ufficiale: quando non è reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 224/2024, ha rigettato il ricorso di un Procuratore, confermando la non convalida di un arresto. Il caso riguardava un cittadino che, recatosi in caserma per sporgere querela, aveva aggredito un agente. La Corte ha stabilito che per configurare il reato di resistenza a pubblico ufficiale, l’azione violenta o minacciosa deve essere finalizzata a contrastare un atto d’ufficio, e non essere una mera espressione di aggressività generica.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Non Basta l’Aggressione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 224/2024) offre un importante chiarimento sui confini del reato di resistenza a pubblico ufficiale. La Corte ha stabilito che non ogni atto aggressivo o violento verso un agente integra automaticamente questo delitto, essendo necessario un elemento finalistico preciso: la volontà di opporsi a un atto d’ufficio. Analizziamo insieme questa pronuncia per comprendere meglio i principi applicati.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un episodio avvenuto presso una caserma dei Carabinieri. Un cittadino si era recato sul posto per sporgere una querela nei confronti di alcuni agenti per delle lesioni che sosteneva di aver subito in un precedente intervento. Durante la stesura della querela, un Maresciallo si è avvicinato chiedendo all’uomo se fosse in possesso di un referto medico a supporto delle sue accuse.

A questa richiesta, il cittadino ha reagito in modo aggressivo, insultando, minacciando e infine colpendo il Maresciallo, causandogli lesioni giudicate guaribili in tre giorni. In seguito a questi fatti, l’uomo veniva arrestato per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali aggravate.

Tuttavia, il Tribunale competente non convalidava l’arresto. Secondo il giudice di prima istanza, mancava l’elemento fondamentale del reato di resistenza: la condotta dell’uomo non era volta a opporsi a un atto d’ufficio, ma era piuttosto una reazione scomposta nell’ambito di una richiesta di intervento da lui stesso avanzata. Di conseguenza, veniva meno anche l’aggravante per le lesioni (procedibili a querela) e, in ogni caso, l’arresto era ritenuto ingiustificato data la personalità del soggetto e la gravità del fatto.

L’analisi della Cassazione sulla resistenza a pubblico ufficiale

La Procura della Repubblica ha impugnato la decisione, sostenendo che il reato di resistenza fosse configurabile a prescindere dal fatto che l’atto d’ufficio fosse stato richiesto dall’indagato stesso. La Corte di Cassazione, però, ha rigettato il ricorso, confermando la visione del Tribunale.

I giudici hanno ribadito un principio consolidato: per aversi resistenza a pubblico ufficiale ai sensi dell’art. 337 c.p., non è sufficiente un generico comportamento aggressivo. È necessario che la violenza o la minaccia siano specificamente dirette a ‘costringere il soggetto a fare un atto contrario ai propri doveri o ad omettere un atto dell’ufficio’.

Nel caso di specie, la condotta dell’uomo, seppur riprovevole e integrante altri reati (ingiuria, minaccia, lesioni), è stata interpretata come una ‘espressione di volgarità ingiuriosa e di atteggiamento genericamente minaccioso’, priva di quella finalizzazione a incidere sull’attività dell’ufficio che caratterizza il delitto di resistenza.

La Valutazione sull’Arresto Facoltativo

Un altro punto cruciale della sentenza riguarda la valutazione sull’opportunità dell’arresto. La Cassazione riconosce che il Tribunale aveva commesso un errore nel valutare il reato di lesioni, ma sottolinea come questo errore non sia stato decisivo. La decisione di non convalidare l’arresto si basava infatti su un’altra, autonoma e valida argomentazione: la misura precautelare non era giustificata né dalla gravità del fatto né dalla personalità dell’imputato.

La Corte ricorda che, in caso di arresto facoltativo in flagranza, il giudice della convalida non deve limitarsi a un controllo formale (esistenza della flagranza, titolo del reato), ma deve estendere la sua valutazione ai presupposti sostanziali. Deve cioè verificare, con un giudizio di ragionevolezza, se la decisione della polizia di procedere all’arresto fosse giustificata dalla gravità del fatto o dalla pericolosità del soggetto, così come apparivano al momento dell’intervento.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha ritenuto infondato il ricorso del Procuratore perché, pur cogliendo un errore del Tribunale sul reato di lesioni, non aveva specificamente contestato la motivazione alternativa e assorbente sulla quale si fondava la mancata convalida. Il Tribunale aveva legittimamente esercitato il suo potere di valutazione discrezionale, concludendo che, date le circostanze, l’arresto non fosse una misura proporzionata. La condotta, per quanto illecita, non presentava i caratteri di gravità e pericolosità tali da giustificare la privazione della libertà personale in fase precautelare. La Corte ha quindi privilegiato la valutazione di merito del giudice, che ha ritenuto l’arresto una misura sproporzionata rispetto alla situazione concreta.

Conclusioni

Questa sentenza è di grande interesse perché traccia una linea netta tra una condotta genericamente aggressiva e il delitto specifico di resistenza a pubblico ufficiale. Affinché si configuri tale reato, è indispensabile dimostrare che l’intento dell’agente era quello di ostacolare attivamente il compimento di un atto d’ufficio. Inoltre, viene ribadita l’importanza del controllo sostanziale del giudice sull’operato della polizia giudiziaria in caso di arresto facoltativo, che deve sempre essere proporzionato alla gravità del fatto e alla pericolosità sociale del soggetto.

Un’aggressione fisica a un pubblico ufficiale costituisce sempre reato di resistenza?
No. Secondo la Corte, per configurare il reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) la violenza o la minaccia devono essere specificamente finalizzate a opporsi a un pubblico ufficiale mentre compie un atto del suo ufficio. Un comportamento aggressivo generico, non finalizzato a tale scopo, può integrare altri reati (es. lesioni, minaccia), ma non quello di resistenza.

Cosa valuta il giudice quando deve convalidare un arresto facoltativo?
Il giudice non si limita a un controllo formale (flagranza di reato, rispetto dei termini), ma deve effettuare anche un controllo sostanziale. Deve valutare, in termini di ragionevolezza, se la decisione della polizia di procedere all’arresto fosse giustificata dalla gravità del fatto o dalla pericolosità del soggetto, basandosi sugli elementi noti al momento dell’intervento.

Perché in questo caso l’arresto non è stato convalidato nonostante l’aggressione?
L’arresto non è stato convalidato principalmente per due ragioni. Primo, il Tribunale ha escluso la configurabilità del reato di resistenza a pubblico ufficiale. Secondo, e in modo decisivo, ha ritenuto la misura dell’arresto ingiustificata e sproporzionata rispetto alla gravità concreta del fatto e alla personalità dell’indagato, una valutazione di merito che la Procura non ha efficacemente contestato in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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