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Resistenza a pubblico ufficiale: quando l’atto è legittimo

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un cittadino condannato per resistenza a pubblico ufficiale. La Corte ha stabilito che l’accompagnamento in caserma, anche se precede l’formalizzazione dell’arresto, è un atto legittimo se finalizzato a compiere le operazioni necessarie all’arresto stesso, escludendo così la scusante dell’atto arbitrario.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando l’Atto dell’Agente è Legittimo?

La resistenza a pubblico ufficiale è un reato che si configura quando un cittadino usa violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale mentre compie un atto del suo ufficio. Tuttavia, la legge prevede che la reazione non sia punibile se il pubblico ufficiale agisce in modo arbitrario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini della legittimità dell’azione degli agenti, in particolare riguardo l’accompagnamento in caserma.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di resistenza a pubblico ufficiale ai sensi dell’art. 337 del codice penale. L’imputato decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo di aver reagito a un atto che riteneva arbitrario: l’accompagnamento presso la caserma delle forze dell’ordine, a suo dire, avvenuto senza un valido motivo.

La tesi difensiva si basava sull’idea che, non essendoci una ragione legittima per condurlo in ufficio, la sua reazione fosse giustificata. La Corte di Appello aveva già respinto questa argomentazione, ma il ricorrente ha insistito sul punto anche davanti ai giudici di legittimità.

La Decisione della Corte sulla resistenza a pubblico ufficiale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che le motivazioni presentate non fossero nuove, ma una semplice riproposizione di argomenti già esaminati e respinti correttamente dalla Corte di Appello.

Con questa decisione, la condanna è diventata definitiva e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su due punti fondamentali che chiariscono quando l’azione di un pubblico ufficiale debba considerarsi legittima, escludendo così la possibilità di invocare la scusante dell’atto arbitrario.

In primo luogo, i giudici hanno evidenziato che la Corte di Appello aveva già accertato che l’accompagnamento in caserma era avvenuto dopo l’arresto del soggetto. Di conseguenza, tale atto era pienamente legittimo in quanto funzionale alla gestione della persona arrestata.

In secondo luogo, la Cassazione ha aggiunto un principio di diritto ancora più ampio. Ha affermato che l’accompagnamento coattivo sarebbe stato legittimo in ogni caso, anche se l’arresto fosse avvenuto successivamente all’arrivo in caserma. Questo perché tale azione sarebbe stata comunque finalizzata all’esecuzione delle operazioni necessarie a formalizzare l’arresto stesso. In altre parole, l’accompagnamento è considerato un atto strumentale e necessario per il compimento del dovere d’ufficio dell’agente, e quindi non può essere qualificato come arbitrario.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza un principio consolidato nella giurisprudenza: la nozione di “atto arbitrario” deve essere interpretata in modo molto restrittivo. Per poter giustificare una reazione violenta o minacciosa, l’atto del pubblico ufficiale deve essere palesemente illegale e ingiustificato, una vera e propria prevaricazione.

L’accompagnamento in caserma, essendo strettamente connesso alle funzioni di polizia giudiziaria e in particolare all’arresto, difficilmente potrà essere considerato arbitrario. La decisione sottolinea che le azioni preparatorie o consequenziali a un arresto rientrano a pieno titolo nell’esercizio legittimo delle funzioni pubbliche. Per il cittadino, ciò significa che opporsi a un accompagnamento coattivo, anche se si ritiene ingiusto, comporta un elevato rischio di essere accusati e condannati per resistenza a pubblico ufficiale.

È possibile opporre resistenza a un pubblico ufficiale se si ritiene che il suo atto sia ingiusto?
No, a meno che l’atto non sia palesemente e inequivocabilmente arbitrario. La sentenza chiarisce che un’azione funzionale a un arresto, come l’accompagnamento in caserma, non è considerata arbitraria e quindi la resistenza non è giustificata.

L’accompagnamento in caserma è sempre un atto legittimo?
Secondo la Corte, l’accompagnamento in caserma è legittimo se è successivo a un arresto. Inoltre, è considerato legittimo anche se avviene prima, qualora sia finalizzato a compiere le operazioni necessarie per formalizzare l’arresto stesso. Di conseguenza, rientra quasi sempre negli atti d’ufficio legittimi.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta la fine del processo. La sentenza impugnata diventa definitiva e non può più essere contestata. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata di 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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