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Resistenza a pubblico ufficiale: quando la fuga è reato?

La Corte di Cassazione ha analizzato il caso di un uomo condannato per spaccio e resistenza a pubblico ufficiale dopo una breve fuga in auto. La Corte ha confermato la condanna per spaccio, ma ha annullato quella per resistenza, specificando che la semplice fuga non basta a configurare il reato se non viene provato un pericolo concreto per la pubblica incolumità. La sentenza chiarisce anche l’inapplicabilità retroattiva di norme sfavorevoli riguardo la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a pubblico ufficiale: la fuga non è sempre reato

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 18969/2025 offre spunti fondamentali per definire i contorni del reato di resistenza a pubblico ufficiale. Non ogni fuga da un controllo di polizia integra automaticamente questo delitto. La Suprema Corte ha ribadito un principio cruciale: è necessaria la prova di un pericolo concreto, non solo presunto. Analizziamo insieme questo interessante caso giudiziario.

I Fatti di Causa: La Fuga e il Ritrovamento della Sostanza Stupefacente

Il caso riguarda un uomo fermato in flagranza di reato per la detenzione di circa 20 grammi di cocaina, quantità da cui si sarebbero potute ricavare 30 dosi. Al momento del controllo, l’uomo non si fermava all’alt delle forze dell’ordine e si dava alla fuga in auto, percorrendo circa 150 metri prima di essere bloccato. Durante la fuga, si disfaceva della sostanza stupefacente.

Nei primi due gradi di giudizio, l’imputato veniva condannato sia per il reato di detenzione di stupefacenti a fini di spaccio (seppur nella forma lieve prevista dal comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/1990) sia per il reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.). L’imputato decideva quindi di ricorrere in Cassazione, contestando entrambe le accuse.

La Decisione della Cassazione: Due Reati, Due Destini Diversi

La Suprema Corte ha esaminato separatamente i due capi d’accusa, giungendo a conclusioni opposte.

La Condanna per Spaccio: Confermato l’impianto accusatorio

Per quanto riguarda la detenzione di droga, la Corte ha rigettato il ricorso. I giudici hanno ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse logica e completa. Elementi come la quantità della sostanza (sufficiente per 30 dosi), il confezionamento in due parti e il comportamento dell’imputato (la fuga e il tentativo di disfarsi della droga) sono stati considerati indizi sufficienti a escludere l’uso personale o di gruppo e a configurare la finalità di spaccio. La Corte ha anche confermato il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, data una precedente condanna a carico dell’imputato per un reato simile.

L’Annullamento della Condanna per Resistenza a Pubblico Ufficiale

La vera svolta della sentenza riguarda il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Su questo punto, la Cassazione ha accolto il ricorso dell’imputato, annullando la sentenza di condanna. La motivazione dei giudici di merito è stata giudicata carente e illogica. Sebbene la sentenza d’appello parlasse di una fuga a ‘velocità sostenuta’ e di un fermo avvenuto ‘con non poche difficoltà’, non specificava in che modo concreto questa condotta, protrattasi per soli 150 metri, avesse messo in pericolo l’incolumità degli agenti o di terze persone. Per integrare il reato di resistenza, infatti, non è sufficiente la semplice disobbedienza (la fuga), ma è necessario che tale condotta si traduca in un atto di violenza o minaccia, anche indiretta, idoneo a ostacolare l’operato del pubblico ufficiale e a creare un rischio concreto.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha precisato due principi fondamentali.

In primo luogo, per il reato di resistenza, la motivazione deve descrivere nel dettaglio gli elementi fattuali (luoghi, modalità della fuga, posizione degli agenti, presenza di altri veicoli o persone) da cui si desume l’esistenza di un pericolo reale e non meramente ipotetico. La generica affermazione di una ‘fuga precipitosa’ non è sufficiente a fondare una condanna.

In secondo luogo, la Corte ha censurato l’errata applicazione della legge in merito alla causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). Il fatto era stato commesso nel 2017. All’epoca, il reato di resistenza non era escluso dall’ambito di applicazione dell’art. 131-bis. La norma che ha introdotto tale esclusione è entrata in vigore solo nel 2019. I giudici di merito avevano erroneamente applicato la legge successiva, più sfavorevole, violando il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole. La Corte di Cassazione ha quindi stabilito che il giudice del rinvio dovrà rivalutare la possibilità di applicare la causa di non punibilità al caso di specie, basandosi sulla normativa vigente al momento del fatto.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce che la condanna per resistenza a pubblico ufficiale richiede un accertamento rigoroso del pericolo concreto generato dalla condotta dell’imputato. La semplice fuga, se non accompagnata da manovre pericolose specificamente descritte e provate, si risolve in un mero illecito amministrativo (violazione del Codice della Strada) ma non integra il più grave delitto penale. Inoltre, viene riaffermato il sacro principio del favor rei in materia di successione di leggi penali nel tempo: si applica sempre la legge più favorevole all’imputato, e una modifica normativa peggiorativa non può mai avere effetto retroattivo.

Fuggire da un posto di blocco integra sempre il reato di resistenza a pubblico ufficiale?
No, secondo la sentenza, la semplice fuga non è sufficiente. Per configurare il reato di resistenza è necessario che la condotta di fuga crei un pericolo concreto per l’incolumità degli agenti o di altre persone, e tale pericolo deve essere specificamente dimostrato e motivato dal giudice.

Una modifica legislativa che rende un reato non più compatibile con la ‘particolare tenuità del fatto’ può essere applicata a un crimine commesso prima della sua entrata in vigore?
No. La sentenza chiarisce che, in base al principio di irretroattività della legge penale sfavorevole, non si può applicare una modifica normativa successiva che escluda la possibilità di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) a un reato commesso quando tale esclusione non era ancora prevista.

La fuga dopo essere stati sorpresi con della droga è un indizio di spaccio?
Sì, la sentenza conferma che il comportamento dell’imputato, inclusa la fuga e il tentativo di disfarsi della sostanza, può essere considerato un elemento, insieme ad altri come la quantità e il confezionamento, per dimostrare che la detenzione era finalizzata alla cessione a terzi (spaccio) e non all’uso personale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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