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Resistenza a pubblico ufficiale: quando la fuga è reato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 38657/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un automobilista condannato per resistenza a pubblico ufficiale. La condotta, consistente nel fingere di fermarsi per poi fuggire ad alta velocità sfiorando un agente, è stata ritenuta idonea a creare un pericolo concreto, integrando così il reato.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Fuga e Pericolo Concreto

L’ordinanza n. 38657 del 2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui confini del reato di resistenza a pubblico ufficiale. Il caso analizzato riguarda la condotta di un automobilista che, dopo aver finto di obbedire all’alt dei Carabinieri, si dava alla fuga ad alta velocità. La Suprema Corte ha confermato la condanna, stabilendo che per integrare il reato non è necessario un contatto fisico, ma è sufficiente creare una situazione di pericolo concreto per l’incolumità degli agenti.

I Fatti del Processo

Un automobilista veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di cui all’art. 337 del codice penale. L’imputazione nasceva da un episodio specifico: durante un controllo, l’uomo aveva inizialmente accostato il proprio veicolo, dando l’impressione di volersi fermare come richiesto dai Carabinieri. Improvvisamente, però, accelerava bruscamente per darsi alla fuga.

Nella manovra, l’imputato conduceva l’automobile a velocità elevata in uno spazio ristretto, compreso tra il proprio veicolo e uno degli agenti. La Corte d’Appello aveva evidenziato che diversi fattori avevano contribuito a creare una situazione di grave pericolo: l’alta velocità improvvisa, la presenza di brecciolino sulla strada (che aumenta il rischio di perdita di controllo del mezzo) e l’esigua ampiezza dello spazio a disposizione per il passaggio.

L’imputato presentava quindi ricorso per Cassazione, sostenendo di non aver messo in pericolo l’incolumità degli agenti né degli altri utenti della strada, e che la sua condotta non integrasse gli estremi del reato contestato.

La Decisione della Corte sulla Resistenza a Pubblico Ufficiale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che le argomentazioni del ricorrente non erano altro che un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La Cassazione, infatti, non è un terzo grado di giudizio sul merito, ma si limita a verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione della sentenza impugnata.

La Suprema Corte ha quindi confermato la decisione della Corte d’Appello, ritenendola correttamente motivata e giuridicamente fondata. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Corte

Il cuore della decisione risiede nella valutazione della condotta dell’imputato. La Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente identificato gli elementi che configurano il reato di resistenza a pubblico ufficiale. La condotta subdola – fingere di fermarsi per poi fuggire – era finalizzata a ostacolare, fin dal principio, l’attività di controllo dei pubblici ufficiali.

Ancora più importante, la manovra di fuga è stata giudicata intrinsecamente pericolosa. La combinazione di alta velocità, spazio ristretto e fondo stradale instabile (brecciolino) ha creato, secondo i giudici, una condizione di oggettivo e concreto pericolo per l’incolumità fisica dell’agente che si trovava nelle immediate vicinanze. Questo pericolo è sufficiente per integrare l’elemento della ‘violenza o minaccia’ richiesto dall’art. 337 c.p., anche in assenza di un contatto fisico diretto o di un tentativo di investimento.

La Corte ha specificato che il ricorso era meramente riproduttivo di doglianze già esaminate e respinte con argomenti logici e corretti dal giudice di merito, rendendolo così inammissibile.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza penale: per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, la ‘violenza’ non si limita all’aggressione fisica. Essa può consistere in qualsiasi comportamento che ponga in essere un pericolo concreto per gli agenti, idoneo a intimidirli o a ostacolarne l’operato. Una fuga ad alta velocità, eseguita con modalità tali da mettere a repentaglio la sicurezza di un agente, costituisce pienamente una forma di violenza rilevante ai fini della configurazione del reato. La decisione serve da monito: sottrarsi a un controllo con manovre pericolose non è una semplice infrazione al codice della strada, ma un grave delitto contro la Pubblica Amministrazione.

Per configurare la resistenza a pubblico ufficiale è necessario un contatto fisico con l’agente?
No, non è necessario un contatto fisico. La Corte ha stabilito che creare una situazione di concreto pericolo per l’incolumità dell’agente, come una fuga ad alta velocità in uno spazio ristretto, è sufficiente a integrare l’elemento della violenza richiesto dalla norma.

Fingere di fermarsi per poi accelerare e fuggire è considerato resistenza a pubblico ufficiale?
Sì. Secondo la Corte, questa condotta è subdola e finalizzata fin dal principio a ostacolare l’attività del pubblico ufficiale. Se la fuga avviene con modalità pericolose, integra pienamente il reato di cui all’art. 337 del codice penale.

Cosa significa che un ricorso in Cassazione è ‘inammissibile’ per ‘mera rilettura delle prove’?
Significa che il ricorrente non ha sollevato questioni sulla corretta applicazione della legge, ma ha tentato di convincere la Corte di Cassazione a riesaminare i fatti e le prove del processo, come se fosse un terzo grado di giudizio. Questa attività è preclusa alla Cassazione, il cui compito è solo verificare la legittimità della decisione impugnata, non il merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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