Resistenza a Pubblico Ufficiale: Fuga e Pericolo Concreto
L’ordinanza n. 38657 del 2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui confini del reato di resistenza a pubblico ufficiale. Il caso analizzato riguarda la condotta di un automobilista che, dopo aver finto di obbedire all’alt dei Carabinieri, si dava alla fuga ad alta velocità. La Suprema Corte ha confermato la condanna, stabilendo che per integrare il reato non è necessario un contatto fisico, ma è sufficiente creare una situazione di pericolo concreto per l’incolumità degli agenti.
I Fatti del Processo
Un automobilista veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di cui all’art. 337 del codice penale. L’imputazione nasceva da un episodio specifico: durante un controllo, l’uomo aveva inizialmente accostato il proprio veicolo, dando l’impressione di volersi fermare come richiesto dai Carabinieri. Improvvisamente, però, accelerava bruscamente per darsi alla fuga.
Nella manovra, l’imputato conduceva l’automobile a velocità elevata in uno spazio ristretto, compreso tra il proprio veicolo e uno degli agenti. La Corte d’Appello aveva evidenziato che diversi fattori avevano contribuito a creare una situazione di grave pericolo: l’alta velocità improvvisa, la presenza di brecciolino sulla strada (che aumenta il rischio di perdita di controllo del mezzo) e l’esigua ampiezza dello spazio a disposizione per il passaggio.
L’imputato presentava quindi ricorso per Cassazione, sostenendo di non aver messo in pericolo l’incolumità degli agenti né degli altri utenti della strada, e che la sua condotta non integrasse gli estremi del reato contestato.
La Decisione della Corte sulla Resistenza a Pubblico Ufficiale
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che le argomentazioni del ricorrente non erano altro che un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La Cassazione, infatti, non è un terzo grado di giudizio sul merito, ma si limita a verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione della sentenza impugnata.
La Suprema Corte ha quindi confermato la decisione della Corte d’Appello, ritenendola correttamente motivata e giuridicamente fondata. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Corte
Il cuore della decisione risiede nella valutazione della condotta dell’imputato. La Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente identificato gli elementi che configurano il reato di resistenza a pubblico ufficiale. La condotta subdola – fingere di fermarsi per poi fuggire – era finalizzata a ostacolare, fin dal principio, l’attività di controllo dei pubblici ufficiali.
Ancora più importante, la manovra di fuga è stata giudicata intrinsecamente pericolosa. La combinazione di alta velocità, spazio ristretto e fondo stradale instabile (brecciolino) ha creato, secondo i giudici, una condizione di oggettivo e concreto pericolo per l’incolumità fisica dell’agente che si trovava nelle immediate vicinanze. Questo pericolo è sufficiente per integrare l’elemento della ‘violenza o minaccia’ richiesto dall’art. 337 c.p., anche in assenza di un contatto fisico diretto o di un tentativo di investimento.
La Corte ha specificato che il ricorso era meramente riproduttivo di doglianze già esaminate e respinte con argomenti logici e corretti dal giudice di merito, rendendolo così inammissibile.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza penale: per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, la ‘violenza’ non si limita all’aggressione fisica. Essa può consistere in qualsiasi comportamento che ponga in essere un pericolo concreto per gli agenti, idoneo a intimidirli o a ostacolarne l’operato. Una fuga ad alta velocità, eseguita con modalità tali da mettere a repentaglio la sicurezza di un agente, costituisce pienamente una forma di violenza rilevante ai fini della configurazione del reato. La decisione serve da monito: sottrarsi a un controllo con manovre pericolose non è una semplice infrazione al codice della strada, ma un grave delitto contro la Pubblica Amministrazione.
Per configurare la resistenza a pubblico ufficiale è necessario un contatto fisico con l’agente?
No, non è necessario un contatto fisico. La Corte ha stabilito che creare una situazione di concreto pericolo per l’incolumità dell’agente, come una fuga ad alta velocità in uno spazio ristretto, è sufficiente a integrare l’elemento della violenza richiesto dalla norma.
Fingere di fermarsi per poi accelerare e fuggire è considerato resistenza a pubblico ufficiale?
Sì. Secondo la Corte, questa condotta è subdola e finalizzata fin dal principio a ostacolare l’attività del pubblico ufficiale. Se la fuga avviene con modalità pericolose, integra pienamente il reato di cui all’art. 337 del codice penale.
Cosa significa che un ricorso in Cassazione è ‘inammissibile’ per ‘mera rilettura delle prove’?
Significa che il ricorrente non ha sollevato questioni sulla corretta applicazione della legge, ma ha tentato di convincere la Corte di Cassazione a riesaminare i fatti e le prove del processo, come se fosse un terzo grado di giudizio. Questa attività è preclusa alla Cassazione, il cui compito è solo verificare la legittimità della decisione impugnata, non il merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38657 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38657 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME PALMANOVA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/11/2023 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe, con cui la Corte di appello ha confermato la condanna dell’imputato per il reato di cui all’art. 337 cod. pen.;
rilevato che il motivo dedotto – con cui il ricorrente ha censurato l’affermazione della responsabilità per il delitto ascrittogli, non avendo egli messo in pericolo l’incolumità degli agenti operanti e degli utenti della strada – è teso a sollecitare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatori estranee al sindacato di legittimità, ed è meramente riproduttivo di profili di doglianza già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal Giudice di merito (cfr. pagina 4 della sentenza impugnata, in cui la Corte di appello ha evidenziato che l’imputato, per ostacolare già sul nascere il possibile inseguimento da parte dei carabinieri, aveva adottato una condotta subdola, consistita in un’apparente iniziale adesione all’invito di fermarsi, accostando l’automobile, per poi improvvisamente accelerare e scappare ad alta velocità. Nel fare questo, l’imputato ha condotto l’automobile a passare a velocità elevata in uno spazio libero compreso tra il veicolo e il maresciallo COGNOME. La Corte territoriale ha sottolineato che l’alta velocità imposta al veicolo all’improvviso unita alla presenza di brecciolino sulla strada, in uno con la non eccessiva ampiezza dello spazio a disposizione per passare, creava condizioni di pericolo per l’incolumità del carabiniere);
ritenuto che il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9/9/2024