LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Resistenza a pubblico ufficiale: quando la fuga è reato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 35617/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un automobilista condannato per resistenza a pubblico ufficiale. L’imputato sosteneva che la sua fosse stata una mera fuga, ma la Corte ha stabilito che la guida spericolata, con manovre azzardate e ad alta velocità per sottrarsi a un controllo, non costituisce una resistenza passiva ma una condotta attiva e pericolosa che integra pienamente il reato, in quanto ostacola concretamente l’operato delle forze dell’ordine e mette a repentaglio l’incolumità pubblica.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Non è una Semplice Fuga

Il confine tra una semplice fuga per sottrarsi a un controllo e il reato di resistenza a pubblico ufficiale è spesso oggetto di dibattito nelle aule di tribunale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale, stabilendo che una fuga spericolata e caratterizzata da manovre pericolose integra pienamente il reato previsto dall’articolo 337 del codice penale. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un automobilista che, dopo aver ricevuto l’ordine di fermarsi da una pattuglia dei Carabinieri, si dava alla fuga. L’inseguimento che ne scaturiva non era una semplice accelerazione, ma una sequenza di manovre altamente rischiose: l’uomo procedeva a forte velocità, percorrendo strade trafficate e caratterizzate da numerose intersezioni, mettendo in pericolo non solo gli agenti che lo inseguivano, ma anche gli altri utenti della strada. Il motivo della fuga era presto chiaro: il conducente era privo della patente di guida.

L’Impugnazione e la Tesi Difensiva

Condannato in appello, l’imputato presentava ricorso in Cassazione sostenendo una tesi difensiva precisa: la sua condotta si sarebbe limitata a una “mera fuga”, un comportamento passivo di chi si sottrae al controllo, che, secondo la sua interpretazione, non potrebbe configurare la violenza o la minaccia richieste dal reato di resistenza a pubblico ufficiale.

La Differenza tra Fuga e Resistenza a Pubblico Ufficiale

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente questa linea difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato come la condotta dell’imputato non si fosse affatto esaurita in una “mera fuga”. Al contrario, è consistita in una serie di manovre attive, finalizzate non solo a scappare, ma a impedire concretamente l’inseguimento e a ostacolare l’esercizio della funzione pubblica.

Le Motivazioni della Decisione

Il punto centrale della motivazione risiede nella distinzione tra una resistenza passiva (come il non fermarsi all’alt) e una resistenza attiva. La Corte ha evidenziato che la guida spericolata, le manovre azzardate e l’alta velocità in un contesto urbano non sono semplici atti di omissione, ma azioni positive che creano un pericolo concreto e tangibile. Questa condotta, inducendo negli inseguitori una “percezione di pericolo per la propria e altrui incolumità”, integra pienamente gli estremi del reato. La violenza richiesta dall’articolo 337 c.p. non deve essere necessariamente diretta contro la persona del pubblico ufficiale, ma può manifestarsi anche attraverso azioni che mettono a repentaglio la sicurezza della circolazione stradale per neutralizzare l’azione dell’autorità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La decisione della Suprema Corte ribadisce un principio giuridico di notevole importanza pratica. Chiunque tenti di sottrarsi a un controllo delle forze dell’ordine deve essere consapevole che il modo in cui lo fa determina le conseguenze legali. Una fuga che si trasforma in una corsa pericolosa per le strade, mettendo a rischio la vita altrui, non sarà considerata una semplice infrazione al codice della strada, ma un grave reato contro la Pubblica Amministrazione. L’ordinanza serve da monito: la legge non tollera che il tentativo di sfuggire a una responsabilità (come guidare senza patente) si trasformi in una minaccia per la sicurezza della collettività e per gli stessi agenti che svolgono il loro dovere.

Scappare dalla polizia è sempre reato di resistenza a pubblico ufficiale?
No. Secondo la Corte, la “mera fuga” passiva, intesa come il semplice allontanarsi senza compiere azioni pericolose, non integra necessariamente il reato. Diventa resistenza quando la fuga è caratterizzata da manovre attive e pericolose che ostacolano l’operato degli agenti e creano un concreto pericolo per sé o per gli altri.

Quali comportamenti trasformano una fuga in resistenza attiva?
Nel caso esaminato, la Corte ha identificato come resistenza attiva la guida a forte velocità, l’esecuzione di manovre azzardate e l’attraversamento di incroci in modo pericoloso. Tali condotte sono state considerate finalizzate a impedire l’inseguimento, ostacolando così la funzione pubblica.

Qual è stata la decisione finale della Corte e perché?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Ha stabilito che la condotta dell’automobilista non era una semplice fuga, ma una serie di atti pericolosi volti a ostacolare attivamente il controllo di polizia. Questa condotta, creando un pericolo concreto per gli agenti e per terzi, ha integrato pienamente gli elementi del reato di resistenza a pubblico ufficiale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati