Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30114 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30114 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1.COGNOME ValentinoCOGNOME nato a Piazza Armerina il 26/04/1954
COGNOME BenedettoCOGNOME nato a Piazza Armerina il 07/05/1955
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Caltanissetta 1’08/04/2024;
visti gli atti ed esaminato il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, dott.ssa NOME COGNOME che ha chiesto per COGNOME COGNOME l’assorbimento del reato previsto dall’art. 341 bis cod. pen. in quello di resistenza a pubblico ufficiale, con conseguente rideterminazione della pena e il rigetto dei ricorsi per il resto:
lette le conclusioni e le note di trattazione dell’Avv. NOME COGNOME difensore degli imputati, che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza con cui COGNOME COGNOME e COGNOME Benedetto sono stati condannati rispettivamente per resistenza a pubblico ufficiale e per i reati previsti dagli artt. 337 – 341 bis cod. pen.
A COGNOME COGNOME è contestato di essersi opposto al comandante della Polizia Municipale, NOME COGNOME mentre procedeva alla redazione di un verbale di accertamento per violazione delle norme in materia di commercio, usando minaccia consistita nell’uso di frasi del tipo “perché tuo compare NOME non lo controlli? Ricorda che puoi vincere una battaglia ma perderai la guerra, in galera vai a finire– sei fini
A COGNOME COGNOME è contestato, quanto al reato di resistenza, di essersi opposto al comandante della Polizia Municipale, NOME COGNOME e all’agente NOME COGNOME mentre procedevano al sequestro della merce abusivamente posta in vendita, usando minaccia consistita con frasi del tipo “voi non potete sequestrarmi questa merce perché vi denuncio… voi la dovere finire di venire qui… io la stavo aspettando comandante, or la posso denunciare per estorsione, non dovete fare il sequestro…. vedere quello che succede, finalmente finirete di rompere”.
Ha proposto ricorso per cassazione COGNOME articolando due motivi, che possono essere descritti congiuntamente, e con i quali si deduce violazione di legge e vizio di motivazione; il tema attiene alla configurabilità della minaccia e del dolo reato di resistenza a pubblico ufficiale.
Si assume che “avvertire” di adire le vie legali, dopo avere subito diversi controlli sequestri a distanza di tempo, non equivarrebbe a prospettare un male ingiusto.
Le frasi sarebbero state pronunciate non con l’intento di impedire le operazioni di polizia quanto, piuttosto, come manifestazioni di volgarità ingiuriosa (così il ricorso) ragione del fatto che i controlli venivano compiuti sempre solo nei suoi confronti e non anche nei riguardi degli altri commercianti della zona.
Ha proposto ricorso per cassazione COGNOME articolando tre motivi.
3.1. I primi due sono sostanzialmente coincidenti con quelli del coimputato.
3.2. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge quanto al giudizio di responsabilità per il reato di cui all’art. 341 bis cod. pen.
Le frasi sarebbero state conseguenti all’attività di sequestro e non sarebbero state indirizzate verso la persona.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono fondati.
Non è in contestazione sul piano fattuale che gli imputati fossero titolari di u regolare permesso e licenza per poter vendere libri e brochure presso l’area della INDIRIZZO del INDIRIZZO di INDIRIZZO e, che, a causa della chiusura dell’area di vendita, perché dichiarata inagibile, avevano montato le loro bancarelle a ridosso dell’ingresso del sito (cfr., sentenza di appello pag. 1).
In tale contesto, il giudizio di responsabilità è stato fatto discendere dalla Cort appello da alcuni assunti costitutivi e cioè:
-quanto a COGNOME COGNOME, che questi avrebbe usato minaccia verso il pubblico ufficiale, avendo prospettato a questi la possibilità di “farlo finire in galera” sull di una denuncia “evidentemente volta ad attribuire al predetto favoritismi nei confront del suo “compare COGNOME” e che, a dire dell’imputato, non veniva sottoposto ai controlli che invece avrebbe dovuto subire. La minaccia di incolpare il Comandante integra certamente una condotta penalmente rilevante” (così testualmente la Corte a pag. 1 della sentenza impugnata);
quanto, invece, a COGNOME COGNOME, che questi usava minaccia non tanto per “avere minacciato di adire le vie legali a fronte di un controllo ritenuto ingiusto”, q piuttosto, per “avere minacciato i predetti di denunciarli per estorsione e, dunque, pe averli minacciati …. di un male ben preciso … una condotta minacciosa idonea a coartare la volontà e la libertà di azine dei pubblici ufficiali (così la Corte a pag. 2 della sente
3. Si tratta di un ragionamento viziato.
La Corte di cassazione ha in più occasioni spiegato come, ai fini dell’integrazione del delitto di resistenza a pubblico ufficiale, non sia necessaria una minaccia espressa, cioè la prospettazione di un male ingiusto, diretta o personale, essendo invece sufficiente l’uso di qualsiasi coazione, anche morale, ovvero una minaccia anche indiretta, purché sussista la idoneità a coartare la libertà di azione del pubblico ufficiale.
Si è chiarito che la prospettazione di una denuncia penale diretta a far desistere taluno da un comportamento illegittimo o ad indurlo ad una prestazione dovuta non costituisce male ingiusto se correlata, in modo non implausibile, con il diritto preteso.
La prospettazione di un male futuro ed ingiusto integrativa del reato di minaccia può infatti derivare anche dall’esercizio di una facoltà legittima che, tuttavia, sia utili per scopi diversi da quelli per cui è tipicamente preordinata dalla legge (Sez. 5, n. 8251 del 26/01/2006, COGNOME, Rv. 233226).
Solo il preannuncio di denuncia che risulti del tutto estraneo alla pretesa esercitata così rivelandosi non funzionale alla realizzazione del preteso diritto, costituis prospettazione di un male ingiusto (Sez. 6, n. 57231 del 09/11/2017, COGNOME, Rv. 271672; sul tema, cfr., Sez. 6, n. 24774 del 06/06/2022, COGNOME, Rv. 283607).
4. La Corte di appello non ha fatto corretta applicazione di detti principi.
Ciò che infatti non è stato chiarito sul piano fattuale è: a) se le frasi pronunci dagli imputati e, in particolare, le accuse di favoritismi rivolte ai pubblici ufficiali pretestuose e slegate dal contesto in cui i fatti si verificarono; b) se, in particolar minaccia di sporgere denuncia fosse del tutto slegata dagli avvenimenti; c) se, dunque, il comportamento dei pubblici agenti fu abusivo; d) se quel giorno vi fossero altr
soggetti nei cui riguardi i controlli non furono compiuti ovvero furono compiuti in modo diverso; d) quale fosse il rapporto tra i pubblici ufficiali e il soggetto “COGNOME,” che
gli imputati ritenevano ingiustamente favorito.
Si tratta di accertamenti fattuali decisivi rispetto ai quali la sentenza è silente.
Diversamente dagli assunti della Corte di appello, rappresentare la possibilità di denunciare un pubblico ufficiale non costituisce di per sé una minaccia: è necessario
verificare sul piano fattuale le ragioni e il fondamento della prospettata denuncia al fi di verificare se si tratta della prospettazione di un male ingiusto ovvero il tentativ
esercitare un proprio diritto.
5. Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata; la Corte di appello applicherà i principi indicati e verificherà se e in che limiti sia configurabile il d
resistenza a pubblico ufficiale.
Il terzo motivo del ricorso proposto nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE è assorbito.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Caltanissetta.
Così deciso in Roma 1’8 maggio 2025
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