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Resistenza a pubblico ufficiale: quando il reato sussiste

Un individuo, condannato per resistenza a pubblico ufficiale, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando vizi procedurali e l’impossibilità del reato, dato che il suo motociclo non era funzionante. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Ha stabilito che il reato di resistenza sussiste se la condotta è pericolosa e ostacola l’operato delle forze dell’ordine, a prescindere dal funzionamento del veicolo. Le eccezioni procedurali, inoltre, sono state ritenute tardive.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a pubblico ufficiale: la Cassazione conferma la condanna anche con veicolo non funzionante

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.), offrendo importanti chiarimenti sui presupposti del reato e su alcuni aspetti procedurali. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la condanna inflitta nei gradi di merito, e ha ribadito che la pericolosità della condotta è l’elemento chiave per integrare il reato, anche se il mezzo utilizzato per la fuga non è marciante.

I Fatti di Causa e l’Iter Processuale

Il caso trae origine dalla condanna di un uomo per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. L’imputato, secondo le sentenze di primo e secondo grado, aveva posto in essere una serie di manovre di guida spericolate con il suo ciclomotore per sottrarsi a un controllo delle forze dell’ordine, mettendo a rischio l’incolumità degli agenti e degli altri utenti della strada, anche in una zona pedonale.

La difesa aveva proposto ricorso per Cassazione basandosi su diverse argomentazioni:
1. Nullità della sentenza d’appello: per omessa notifica del decreto di citazione a giudizio all’imputato.
2. Violazione di legge: sostenendo l’insussistenza del reato, in quanto il ciclomotore non era marciante e quindi la fuga era di per sé un “reato impossibile” ai sensi dell’art. 49 c.p.
3. Vizi procedurali: per la mancata riapertura dell’istruttoria in appello e per l’errata applicazione dell’aumento di pena per la continuazione e della recidiva.

La configurabilità della resistenza a pubblico ufficiale secondo la Corte

Il punto centrale della sentenza riguarda la sussistenza del reato di resistenza a pubblico ufficiale. La Corte di Cassazione ha rigettato la tesi difensiva del “reato impossibile”. I giudici hanno chiarito che, ai fini della configurabilità del reato, non è rilevante che il veicolo fosse o meno funzionante. Ciò che conta è la condotta complessiva dell’agente.

Nel caso specifico, l’imputato, attraverso una serie di manovre pericolose e una concatenazione di azioni, aveva concretamente ostacolato l’esercizio delle funzioni dei pubblici ufficiali, inducendo in loro una percezione di pericolo per la propria incolumità. La Corte ha richiamato il principio consolidato secondo cui integra il reato la condotta di chi, per sottrarsi alle forze dell’ordine, non si limita a una semplice fuga, ma pone in essere manovre finalizzate a impedire l’inseguimento, ostacolando l’attività pubblica.

L’analisi delle questioni procedurali

La Corte ha esaminato e respinto anche le altre censure. Per quanto riguarda la presunta nullità per omessa notifica, i giudici, dopo aver ricostruito l’iter delle notificazioni, hanno qualificato l’eventuale vizio come una “nullità a regime intermedio”. Questo tipo di nullità deve essere eccepita tempestivamente in udienza, cosa che non era avvenuta. La memoria difensiva presentata tardivamente e senza le formalità richieste non è stata ritenuta idonea a sollevare validamente la questione.

Anche la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria è stata giudicata infondata, poiché la Corte d’Appello aveva motivato congruamente la sua decisione, ritenendo le prove già acquisite chiare ed esaustive.

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibile la censura relativa al riconoscimento della recidiva, poiché sollevata per la prima volta con i motivi aggiunti d’appello, in violazione di un principio consolidato (ius receptum) che limita l’ambito di tali motivi.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La decisione della Suprema Corte si fonda su una rigorosa applicazione dei principi di diritto penale e processuale. In primo luogo, viene ribadita la natura del reato di resistenza a pubblico ufficiale come reato di pericolo, la cui esistenza prescinde dall’effettivo verificarsi di un danno. L’elemento essenziale è l’idoneità della violenza o minaccia a ostacolare l’atto d’ufficio. Le manovre spericolate, anche con un veicolo non marciante, sono state ritenute sufficienti a integrare tale idoneità.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato la necessità di rispettare le scansioni e le preclusioni processuali. Le eccezioni di nullità, anche quelle relative al diritto di difesa, devono essere sollevate nei tempi e nei modi previsti dal codice di rito. La tardività o l’informalità nella proposizione dell’eccezione ne determina l’inefficacia, sanando il vizio.

Infine, la sentenza conferma che la resistenza opposta a più pubblici ufficiali nel medesimo contesto fattuale configura un’ipotesi di concorso formale di reati (art. 81 c.p.), che giustifica l’applicazione di un aumento di pena, senza che ciò leda il diritto di difesa dell’imputato.

Le Conclusioni

La sentenza in commento offre due importanti insegnamenti. Sul piano sostanziale, consolida l’interpretazione secondo cui la resistenza a pubblico ufficiale si configura ogni qualvolta la condotta dell’agente sia oggettivamente pericolosa e di ostacolo all’attività pubblica, indipendentemente dai mezzi utilizzati. Sul piano processuale, ribadisce il principio di auto-responsabilità delle parti, che sono tenute a far valere le proprie ragioni nel rispetto delle forme e dei termini stabiliti dalla legge, pena l’inammissibilità delle loro istanze.

Si può essere condannati per resistenza a pubblico ufficiale se il veicolo usato per la “fuga” non è funzionante?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che il reato sussiste se la condotta complessiva è pericolosa e ostacola l’operato delle forze dell’ordine. La funzionalità del veicolo non è l’elemento decisivo; ciò che conta è la serie di manovre spericolate e rischiose poste in essere dall’imputato per impedire l’inseguimento.

Un’irregolarità nella notifica di un atto processuale all’imputato rende sempre nulla la sentenza?
No, non sempre. Secondo la sentenza, un’irregolarità come quella contestata nel caso di specie determina una “nullità a regime intermedio”. Questo significa che deve essere eccepita dalla difesa tempestivamente, cioè alla prima occasione utile in udienza. Se non viene sollevata nei termini corretti, il vizio si considera sanato e la sentenza resta valida.

È possibile contestare l’applicazione della recidiva per la prima volta con i motivi aggiunti d’appello?
No. La Corte ha ribadito un principio consolidato (ius receptum) secondo cui i motivi aggiunti non possono introdurre censure su punti della decisione (come la configurabilità della recidiva) che non erano stati oggetto dell’atto di appello originario, specialmente se quest’ultimo riguardava altri aspetti del trattamento sanzionatorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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