Resistenza a Pubblico Ufficiale: La Cassazione Chiarisce la Differenza con la Resistenza Passiva
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale del diritto penale: la distinzione tra una legittima opposizione non violenta e il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Con una decisione netta, i giudici supremi hanno dichiarato inammissibili i ricorsi di tre imputati, condannati per essersi opposti con la forza a un arresto, ribadendo un principio fondamentale: divincolarsi e strattonare gli agenti non è ‘resistenza passiva’, ma un’azione che integra pienamente il delitto previsto dall’art. 337 del codice penale.
I Fatti del Caso
Tre individui venivano condannati in primo grado e in appello per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, durante un controllo che stava per sfociare nel loro arresto, gli imputati avevano posto in essere condotte violente e minacciose per opporsi agli operanti. In sede di ricorso per Cassazione, la difesa sosteneva che le azioni dei propri assistiti si fossero limitate a semplici divincolamenti, configurabili al più come ‘resistenza passiva’ e, quindi, non punibili penalmente. Inoltre, i ricorrenti lamentavano la mancata concessione delle attenuanti generiche e la conferma della recidiva.
La Decisione della Corte e la nozione di resistenza a pubblico ufficiale
La Corte di Cassazione ha respinto su tutta la linea le argomentazioni difensive, giudicando i ricorsi manifestamente infondati e meramente reiterativi di doglianze già esaminate e rigettate in appello. I giudici hanno sottolineato come la Corte territoriale avesse adeguatamente motivato la responsabilità penale degli imputati, descrivendo le specifiche condotte violente poste in essere.
Il punto centrale della decisione riguarda la corretta interpretazione del concetto di resistenza a pubblico ufficiale. La Cassazione ha chiarito che il reato si configura ogni qualvolta un soggetto, per impedire un atto d’ufficio come l’arresto, non si limiti a una mera opposizione passiva (ad esempio, rifiutando di muoversi), ma impieghi la forza fisica per neutralizzare l’azione dell’agente e sottrarsi alla sua presa nel tentativo di fuggire. Azioni come lo ‘strattonare’ o il ‘divincolarsi’ con vigore rientrano pienamente in questa casistica, in quanto rappresentano un uso della forza finalizzato a vincere l’opposizione del pubblico ufficiale. Viene così confermato un orientamento giurisprudenziale consolidato, che distingue nettamente tra la resistenza meramente passiva, non punibile, e quella attiva, che integra il reato.
Il Rifiuto delle Attenuanti Generiche e la Conferma della Recidiva
Anche i motivi relativi alla mancata concessione delle attenuanti generiche e alla conferma della recidiva sono stati ritenuti inammissibili. La Corte ha evidenziato come la decisione dei giudici di merito fosse logica e non sindacabile in sede di legittimità. L’esclusione delle attenuanti era stata giustificata dall’assenza di elementi positivi da valorizzare, come la mancanza di qualsiasi segno di pentimento (resipiscenza) da parte degli imputati. Allo stesso modo, la conferma della recidiva era stata supportata da un’analisi dei precedenti penali a loro carico, considerati indicatori di una maggiore colpevolezza e pericolosità sociale.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri. Il primo è di natura procedurale: i ricorsi sono stati giudicati inammissibili perché non presentavano nuove argomentazioni, ma si limitavano a riproporre le stesse questioni già decise, e con motivazione congrua, dalla Corte d’Appello. Il secondo pilastro è di natura sostanziale e riguarda la corretta qualificazione giuridica della condotta. La Corte ha ribadito che la ‘resistenza passiva’ si esaurisce in un comportamento di mera non collaborazione, mentre l’uso della forza fisica, anche se non diretto a ledere ma solo a sfuggire al controllo (‘vis a corpore’ per divincolarsi), costituisce la violenza richiesta dall’art. 337 c.p. La decisione si allinea a precedenti pronunce (come la sentenza n. 29614/2022 citata nel testo), consolidando un’interpretazione rigorosa della norma, volta a tutelare il corretto svolgimento delle funzioni pubbliche.
Conclusioni
L’ordinanza rappresenta un’importante conferma dei confini del reato di resistenza a pubblico ufficiale. La decisione chiarisce che qualsiasi uso della forza fisica per opporsi a un atto legittimo dell’autorità, superando la mera inerzia, integra il delitto. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, questa pronuncia è un monito: la linea di demarcazione tra comportamento lecito e illecito in tali contesti è netta e l’uso della forza per sottrarsi a un arresto comporta precise conseguenze penali. Inoltre, la valutazione della personalità dell’imputato, attraverso i precedenti e l’atteggiamento processuale, rimane un fattore decisivo per la concessione di benefici come le attenuanti generiche.
Divincolarsi da un pubblico ufficiale durante un arresto è considerato semplice ‘resistenza passiva’?
No. Secondo la Corte di Cassazione, lo strattonare o il divincolarsi con forza per impedire il proprio arresto e tentare la fuga non è resistenza passiva, ma integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale, in quanto si impiega la forza fisica per neutralizzare l’azione dell’agente.
Per quale motivo la Corte ha confermato il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche agli imputati?
La Corte ha ritenuto logica la decisione dei giudici di merito di non concedere le attenuanti generiche a causa della mancanza di elementi positivi, in particolare l’assenza di pentimento (resipiscenza) da parte degli imputati e la presenza di precedenti penali che dimostravano una maggiore colpevolezza e pericolosità sociale.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la Corte non esamina il merito del ricorso. La sentenza impugnata diventa definitiva e i ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una condanna al pagamento di tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6170 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6170 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a CERIGNOLA il 09/08/1998 NOME nato a CERIGNOLA il 21/01/1994 NOME nato a CERIGNOLA il 01/02/2001
avverso la sentenza del 09/02/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti;
esaminati i motivi dei ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME e NOME; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i ricorsi – con il quale si eccepisce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla conferma in appello della condanna degli imputati per il delitto di cui all’art. 337 cod. pen. – devono essere dichiarati inammissibili i quanto i motivi dedotti, reiterativi delle doglianze formulate in appello, sono manifestamente infondati. Invero, la Corte di appello ha ritenuto la responsabilità degli imputati in ordine al reato loro contestato, evidenziando in modo adeguato le singole condotte violente e minacciose poste in essere dai predetti per opporsi agli operanti. Prive di fondamento sono le censure mosse dai ricorrenti secondo cui si sarebbe trattato di meri divincolamenti che al più potevano costituire “resistenza passiva”. E’ stato infatti già precisato che integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale lo strattonare o il divincolarsi posti in essere da un soggetto onde impedire il proprio arresto, ogni qualvolta quest’ultimo non si limiti a una mera opposizione passiva al compimento dell’atto del pubblico ufficiale, ma impieghi la forza per neutralizzarne l’azione e sottrarsi alla presa, nel tentativo di guadagnare la fuga (Sez. 1, n. 29614 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283376 – 01), situazione certamente sussistente nel caso di specie, per come ricostruita dalla sentenza impugnata.
Ritenuto che inammissibili risultano anche i motivi relativi alla mancata concessione delle attenuanti generiche e alla conferma della ritenuta recidiva. Al riguardo, la Corte territoriale ha – con motivazione non illogica e quindi insindacabile in questa sede – escluso l’applicabilità dell’art. 62 bis cod. pen., rilevando l’insussistenza di elementi valorizzabili in tal senso, anche alla luce della mancanza di resipiscenza degli imputati. Ha altresì indicato in modo analitico i precedenti penali a carico dei predetti, dimostrativi di una maggiore colpevolezza e pericolosità sociale e che giustificano dunque la conferma della recidiva ritenuta dal primo Giudice.
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma giudicata congrua – di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/01/2025