Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando Divincolarsi Diventa Reato
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito importanti chiarimenti sui confini del reato di resistenza a pubblico ufficiale, delineando la sottile linea che separa una legittima opposizione passiva da una condotta penalmente rilevante. La decisione scaturisce dal ricorso di un uomo condannato per essersi opposto con violenza a un arresto durante un’operazione di polizia. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati dai giudici.
I Fatti del Caso: Dalla Colluttazione alla Condanna
Il caso ha origine da un intervento delle forze dell’ordine per l’accertamento e la repressione di reati legati agli stupefacenti. Durante l’operazione, un soggetto, per impedire il proprio arresto, reagiva in modo violento. In particolare, secondo quanto ricostruito dai giudici di merito, l’uomo aveva strattonato, si era dimenato e aveva ingaggiato una vera e propria colluttazione con gli agenti. Tale comportamento aveva portato alla sua condanna per il reato di cui all’art. 337 del codice penale, sia in primo grado che in appello.
Il Ricorso in Cassazione: Una Richiesta di Rivalutazione dei Fatti
L’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio nella motivazione della sentenza di condanna. Sostanzialmente, la difesa chiedeva ai giudici supremi una diversa lettura e valutazione degli elementi di fatto, ritenendo che la propria condotta non integrasse gli estremi del reato contestato.
La Decisione della Cassazione: I Limiti della Resistenza a Pubblico Ufficiale
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicando i motivi presentati come manifestamente infondati. I giudici hanno colto l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali in materia di resistenza a pubblico ufficiale e sui poteri della stessa Corte.
La Differenza tra Opposizione Passiva e Resistenza Attiva
Il punto centrale della decisione riguarda la distinzione tra un’opposizione meramente passiva e una resistenza attiva e violenta. La Corte ha chiarito che il reato di resistenza scatta quando il soggetto non si limita a una semplice reazione passiva per sottrarsi all’atto del pubblico ufficiale, ma impiega la forza per neutralizzarne l’azione e tentare la fuga. Nel caso specifico, azioni come strattonare, dimenarsi con violenza e ingaggiare una colluttazione sono state considerate condotte aggressive e minacciose, idonee a coartare la volontà degli agenti e quindi a integrare pienamente il reato.
Il Ruolo della Corte di Cassazione
L’ordinanza ha inoltre riaffermato un principio cardine del nostro ordinamento processuale: la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Questo significa che il suo compito non è quello di operare una nuova e diversa lettura degli elementi di fatto, come richiesto dal ricorrente. La valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti sono riservate in via esclusiva ai giudici dei primi due gradi di giudizio. Alla Cassazione spetta solo il compito di verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria.
Le Motivazioni
La Corte ha motivato la dichiarazione di inammissibilità evidenziando come la Corte d’Appello avesse adeguatamente descritto le condotte violente e minacciose dell’imputato. Queste azioni, secondo i giudici, superavano la soglia della mera resistenza passiva, configurandosi come un uso attivo della forza volto a contrastare l’operato dei pubblici ufficiali e a guadagnare la fuga. La richiesta del ricorrente di una nuova valutazione delle risultanze processuali è stata quindi ritenuta estranea ai poteri della Corte di legittimità, che non può sostituire la propria valutazione a quella, adeguatamente motivata, del giudice di merito.
Le Conclusioni
La decisione in esame conferma che non ogni reazione fisica a un atto d’ufficio costituisce reato, ma solo quella che si traduce in un uso della forza o della minaccia per opporsi attivamente all’operato del pubblico ufficiale. La semplice azione di divincolarsi, se non accompagnata da violenza diretta a neutralizzare l’agente, potrebbe non essere sufficiente a configurare il reato. Tuttavia, quando questa azione diventa una colluttazione o un’aggressione, il confine viene superato. La sentenza ribadisce anche l’impossibilità per i cittadini di chiedere alla Cassazione di ‘rigiocare la partita’ sul piano dei fatti, consolidando la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità.
Quando divincolarsi da un arresto diventa reato di resistenza a pubblico ufficiale?
Secondo l’ordinanza, il semplice divincolarsi diventa reato quando il soggetto non si limita a un’opposizione passiva ma impiega la forza, ad esempio strattonando o ingaggiando una colluttazione, con lo scopo di neutralizzare l’azione del pubblico ufficiale e sottrarsi alla presa.
La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti di un processo?
No. La sentenza ribadisce che la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non di merito. Il suo ruolo è controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, senza poter effettuare una nuova e diversa valutazione delle prove o dei fatti, compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito. Di conseguenza, la decisione impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7556 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7556 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 14/08/1992
avverso la sentenza del 29/05/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di NOME COGNOME
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso – con il quale si eccepisce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla conferma in appello della condanna dell’imputato per il reato di cui all’art. 337 cod. pen. – deve essere dichiarato inammissibile in quanto i motivi dedotti sono manifestamente infondati. Invero, la Corte di appello ha ritenuto la responsabilità dell’imputato in ordine al reato contestato evidenziando in modo adeguato le condotte violente e minacciose poste in essere dal predetto per opporsi agli operanti (in particolare, dopo avere strattonato, dimenandosi e sgomitando, ingaggiava una colluttazione con gli operanti impegnati in un intervento per accertamento e repressione di reati in materia di stupefacenti); condotta che, in modo non illogico, la sentenza impugnata ha ritenuto minacciosa e aggressiva e idonea a coartare la volontà degli operanti, integrante dunque il reato di resistenza a pubblico ufficiale, fattispecie che viene in rilievo, in presenza di strattonare o divincolarsi posti in essere da un soggetto onde impedire il proprio arresto, ogni qualvolta – come ritenuto dai Giudici di merito – quest’ultimo non si limiti a una mera opposizione passiva al compimento dell’atto del pubblico ufficiale, ma impieghi la forza per neutralizzarne l’azione e sottrarsi alla presa, nel tentativo di guadagnare la fuga (Sez. 1, n. 29614 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283376 – 01).
Rilevato che è principio pacifico che esula dai poteri di questa Corte di legittimità operare, come vorrebbe il ricorrente, una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, COGNOME, Rv. 207944), essendo precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020 – dep. 2021, F., Rv. 280601);
Ritenuto dunque che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma giudicata congrua – di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso il 20/01/2025