Resistenza a pubblico ufficiale: la differenza tra condotta passiva e reato attivo
L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 38673/2024 offre un’importante lezione sulla distinzione tra una condotta di mera resistenza passiva e una vera e propria resistenza a pubblico ufficiale, penalmente rilevante ai sensi dell’art. 337 del codice penale. Con questa decisione, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la sua condanna e chiarendo i limiti del sindacato di legittimità.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un episodio di tensione tra un cittadino e le forze dell’ordine. L’uomo, condannato in appello per i reati di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che la sua condotta fosse stata erroneamente qualificata. A suo dire, si sarebbe trattato di una semplice resistenza passiva, non punibile, e che le frasi offensive non integrassero il reato di oltraggio per la mancanza di più persone presenti.
La Corte d’Appello aveva già stabilito che la condotta dell’imputato era andata ben oltre la passività: egli aveva spintonato i militari, tentato di colpirli con calci e pugni e ingaggiato una colluttazione fisica, terminata solo con l’applicazione delle manette.
La Valutazione della Cassazione sulla resistenza a pubblico ufficiale
I giudici della Suprema Corte hanno innanzitutto ribadito un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti. Il compito della Corte è il cosiddetto ‘sindacato di legittimità’, ovvero controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge, senza entrare nel merito delle prove.
Nel caso specifico, i motivi del ricorso sono stati ritenuti ‘meramente riproduttivi’ di argomenti già respinti dalla Corte d’Appello e tesi a sollecitare una nuova e inammissibile valutazione delle prove. La Corte ha quindi confermato la lettura dei fatti operata dai giudici di merito.
L’Oltraggio e la Presenza di Più Persone
Anche per quanto riguarda il reato di oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341-bis c.p.), la Cassazione ha rigettato le argomentazioni della difesa. La legge richiede che l’offesa all’onore e al prestigio del pubblico ufficiale avvenga in luogo pubblico e ‘in presenza di più persone’. La Corte d’Appello aveva accertato che, al momento dei fatti, erano presenti non solo un amico dell’imputato, ma anche un’altra persona e una ‘pluralità di soggetti’ frequentatori dell’esercizio pubblico. Questo elemento, secondo i giudici, era sufficiente a integrare il requisito normativo, rendendo infondata la contestazione del ricorrente.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione di inammissibilità su due pilastri principali. In primo luogo, ha sottolineato che le argomentazioni del ricorrente non denunciavano vizi di legge, ma miravano a una ‘rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie’, un’attività preclusa in sede di legittimità. In secondo luogo, ha ritenuto che la Corte territoriale avesse fornito una motivazione logica e coerente per confermare la colpevolezza. La condotta dell’uomo, caratterizzata da spinte, tentativi di colpi e una colluttazione, è stata correttamente qualificata come resistenza attiva e violenta, e non come mera resistenza passiva. Allo stesso modo, la presenza di più testimoni ha reso pienamente configurabile il reato di oltraggio.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma con chiarezza i confini tra la condotta penalmente irrilevante (resistenza passiva) e quella che integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Spingere, scalciare o lottare con gli agenti costituisce un comportamento violento che la legge punisce. Inoltre, la pronuncia serve da monito sull’importanza di strutturare un ricorso in Cassazione su vizi di legittimità e non su una semplice riproposizione delle proprie tesi fattuali, pena la declaratoria di inammissibilità e la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.
Quando la resistenza a un pubblico ufficiale diventa un reato e non è considerata ‘passiva’?
Secondo la decisione, la resistenza diventa un reato attivo e punibile quando implica un’azione fisica violenta, come spintonare gli agenti, tentare di colpirli con calci e pugni o ingaggiare una colluttazione. Supera quindi la mera non collaborazione.
Per configurare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, quante persone devono essere presenti?
L’ordinanza conferma che per integrare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, le frasi offensive devono essere pronunciate ‘in presenza di più persone’. La presenza di almeno due persone oltre all’offeso e al pubblico ufficiale è sufficiente.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo ruolo è limitato al ‘sindacato di legittimità’, ossia al controllo sulla corretta applicazione della legge. Non può effettuare una nuova valutazione delle prove o una rilettura dei fatti, attività che spetta ai giudici di primo e secondo grado.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38673 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38673 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/02/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe è inammissibile;
rilevato che i motivi, con cui il ricorrente ha censurato l’affermazione della responsabilità per i reati di cui agli artt. 337 e 341 bis cod. pen., sono tesi a sollecitare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estran al sindacato di legittimità, e sono meramente riproduttivi di profili di doglianza g disattesi con corretti argomenti giuridici dal Giudice di merito (cfr. pagine 5 e 6 del sentenza impugnata);
considerato, in particolare, che la Corte territoriale ha affermato che, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la sua condotta non era consistita in una resistenza passiva, avendo egli spintoNOME i militari, cercando di colpirli con calci e pugni, tanto da finire a terra con essi e da ingaggiare una vera e propria colluttazione, terminata solo con l’apposizione delle manette;
considerato, inoltre, che la Corte di appello ha rilevato che le frasi pronunciate erano offensive dell’onore e del prestigio dei Pubblici ufficiali e, come precisato da giudice di primo grado, la condotta è stata posta in essere innanzi senz’altro a NOME COGNOME, amico dell’imputato, e NOME COGNOME COGNOME, oltre che a una pluralità di soggetti, anch’essi frequentatori dell’esercizio, cosicché il motivo con cui si contesta la mancata presenza di più persone in grado di percepire le frasi potenzialmente offensive risulta smentito da tali precisi rilievi;
ritenuto che alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 9/9/2024