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Resistenza a pubblico ufficiale: quando è reato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31928/2024, ha confermato la condanna per resistenza a pubblico ufficiale nei confronti di un automobilista che aveva minacciato gli agenti durante le procedure di ritiro della patente per guida in stato di ebbrezza. La Corte ha chiarito che il reato si configura anche se la minaccia avviene durante le fasi conclusive dell’atto d’ufficio. Al contempo, ha annullato la condanna per la guida in stato di ebbrezza, dichiarandola estinta per intervenuta prescrizione, specificando che le regole di calcolo per le contravvenzioni differiscono da quelle per i delitti.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando la Minaccia è Reato? L’Analisi della Cassazione

Il reato di resistenza a pubblico ufficiale è spesso al centro di dibattiti legali, soprattutto riguardo ai confini temporali della condotta punibile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 31928/2024) offre chiarimenti cruciali, stabilendo che la minaccia rivolta agli agenti integra il reato anche se avviene nelle fasi conclusive dell’atto d’ufficio. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa: Dalla Guida in Stato di Ebbrezza all’Accusa di Resistenza

Il caso riguarda un automobilista, assolto in primo grado dall’accusa di resistenza, ma condannato dalla Corte di Appello a seguito del ricorso del Pubblico Ministero. L’imputato era stato fermato per guida in stato di ebbrezza. Durante le procedure che hanno portato al ritiro della sua patente, l’uomo aveva inveito e minacciato i pubblici ufficiali. La Corte territoriale aveva inoltre rideterminato la pena per la contravvenzione di guida in stato di ebbrezza, su appello dello stesso imputato.

I Motivi del Ricorso: Quando si Configura la Resistenza a Pubblico Ufficiale?

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali, mettendo in discussione la configurabilità stessa del reato di resistenza.

La Tempistica della Minaccia

Il ricorrente sosteneva che le minacce fossero state proferite dopo il compimento dell’atto d’ufficio (il ritiro della patente). Di conseguenza, la sua condotta non poteva essere finalizzata a impedire l’atto e, quindi, non poteva integrare il reato di resistenza, ma al massimo una contestazione verbale di un’attività già conclusa.

L’Omessa Rinnovazione dell’Istruttoria

Un secondo motivo di doglianza riguardava un vizio procedurale. Secondo la difesa, la Corte di Appello, nel riformare la sentenza di assoluzione di primo grado, avrebbe dovuto rinnovare l’istruttoria, ovvero riesaminare le prove, come richiesto da consolidata giurisprudenza.

La Questione della Prescrizione per la Contravvenzione

Infine, la difesa lamentava l’errata decisione della Corte d’Appello di non dichiarare l’estinzione per prescrizione del reato di guida in stato di ebbrezza. Secondo il ricorrente, i giudici di secondo grado avevano calcolato erroneamente il termine massimo di prescrizione, non tenendo conto delle regole specifiche previste per le contravvenzioni.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato i primi due motivi del ricorso, ma ha accolto il terzo.
Ha confermato la condanna per resistenza a pubblico ufficiale, ritenendo irrilevante che le minacce fossero avvenute nelle fasi finali dell’intervento degli agenti.
Contestualmente, ha annullato senza rinvio la sentenza per quanto riguarda il reato di guida in stato di ebbrezza, dichiarandolo estinto per intervenuta prescrizione.

Le Motivazioni: La Resistenza a Pubblico Ufficiale e la Prescrizione

La sentenza si sofferma su due principi di diritto fondamentali.

Sulla Configurabilità della Resistenza a Pubblico Ufficiale

La Cassazione ha ribadito un principio cruciale: l’atto d’ufficio non è un evento istantaneo, ma un’attività che si protrae nel tempo. La norma sulla resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) tutela l’intera attività svolta dal pubblico ufficiale in un determinato contesto. L’espressione “mentre compie l’atto del suo ufficio” non si esaurisce nel momento esatto in cui l’atto si perfeziona, ma include anche le fasi immediatamente precedenti e successive, purché funzionalmente collegate. Nel caso di specie, le minacce, pur avvenute durante le operazioni conclusive del ritiro della patente, erano state proferite mentre gli agenti stavano ancora ultimando le attività scaturite dall’accertamento. Di conseguenza, il reato era pienamente configurato.

Sulla Prescrizione del Reato Contravvenzionale

Sul punto della prescrizione, la Corte ha dato ragione al ricorrente. I giudici di appello avevano commesso un errore di diritto nel calcolare il termine. La legge prevede che l’aumento del termine di prescrizione per la recidiva si applichi solo ai delitti e non alle contravvenzioni. Eseguendo il calcolo corretto, il termine massimo per la contravvenzione di guida in stato di ebbrezza era già decorso alla data della sentenza d’appello. La Corte ha quindi dovuto dichiarare l’estinzione del reato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia consolida l’interpretazione estensiva del concetto di “atto d’ufficio” ai fini del reato di resistenza a pubblico ufficiale, avvertendo che qualsiasi condotta violenta o minacciosa posta in essere durante l’intero arco dell’intervento di un pubblico ufficiale può integrare il reato. Al contempo, sottolinea l’importanza di applicare correttamente le distinte regole sulla prescrizione previste per delitti e contravvenzioni, un errore che può portare all’annullamento di una condanna.

Quando si considera consumato il reato di resistenza a pubblico ufficiale?
Il reato si considera consumato quando si utilizza violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale. La condotta deve avvenire “mentre compie l’atto del suo ufficio”, un’espressione che la giurisprudenza interpreta in modo ampio, includendo non solo il momento esatto dell’atto, ma anche le fasi immediatamente precedenti e successive che sono funzionalmente connesse ad esso.

È necessario che la minaccia avvenga prima del compimento dell’atto d’ufficio per integrare la resistenza?
No. Come chiarito dalla sentenza, non è necessario. Il reato si configura anche se la minaccia viene posta in essere mentre l’attività del pubblico ufficiale è in corso di ultimazione, poiché la tutela penale copre l’intera attività svolta in un determinato contesto temporale e funzionale, e non solo il momento perfezionativo dell’atto.

Le regole sulla prescrizione sono uguali per tutti i tipi di reato?
No. La sentenza evidenzia che esistono differenze sostanziali. In particolare, l’aumento dei termini di prescrizione dovuto alla recidiva, previsto dalla legge, si applica solo ai delitti e non alle contravvenzioni (reati meno gravi come la guida in stato di ebbrezza), per le quali il calcolo deve seguire regole specifiche e più favorevoli.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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