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Resistenza a pubblico ufficiale: quando è reato

Una donna ha impugnato la sua condanna per resistenza a pubblico ufficiale, sostenendo che la sua fosse solo una resistenza passiva. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che spingere e graffiare gli agenti costituisce una condotta attiva e integra il reato. La Corte ha inoltre confermato il diniego delle attenuanti generiche a causa dei precedenti penali violenti della ricorrente, chiarendo così i limiti della protesta.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: La Cassazione Chiarisce i Limiti della Protesta

L’ordinanza n. 27867 del 2024 della Corte di Cassazione fornisce importanti chiarimenti sulla linea di demarcazione tra una legittima protesta e il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Analizzando un caso specifico, la Suprema Corte ha ribadito come condotte attive, quali spintonare o graffiare le forze dell’ordine, non possano essere derubricate a mera resistenza passiva, integrando pienamente la fattispecie criminosa. Questo principio assume particolare rilevanza in un contesto sociale dove le interazioni con le autorità possono talvolta essere tese e conflittuali.

I Fatti del Caso

Il procedimento trae origine dal ricorso presentato da una cittadina avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano, che l’aveva condannata per il reato di cui all’art. 337 del Codice Penale. La ricorrente era stata accusata di essersi opposta con violenza a degli agenti durante lo svolgimento delle loro funzioni. La sua difesa sosteneva che il suo comportamento non avesse superato i confini di una generica protesta o, al più, di una resistenza passiva, e che pertanto non avrebbe dovuto configurare un reato.

La Decisione della Corte d’Appello e il Ricorso in Cassazione

La Corte d’Appello aveva confermato la condanna, ritenendo che le modalità della condotta tenuta dall’imputata fossero idonee a integrare il reato contestato. Nello specifico, era emerso che la donna non si era limitata a una semplice opposizione verbale o a un’inerzia fisica, ma aveva attivamente spintonato e graffiato gli agenti. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un errore nella valutazione dei fatti e insistendo sulla natura passiva della sua resistenza.

Le Motivazioni: la Valutazione della Condotta e la Resistenza a Pubblico Ufficiale

La Corte di Cassazione, con la sua ordinanza, ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi presentati come “mere doglianze in punto di fatto”, non ammissibili in sede di legittimità. La Suprema Corte ha confermato la correttezza della valutazione dei giudici di merito. Il punto cruciale della motivazione risiede nella distinzione tra resistenza passiva e attiva. La Cassazione ha sottolineato che la condotta della ricorrente, consistita nello spintonare e graffiare, non poteva in alcun modo essere considerata una “mera resistenza passiva” o una “generica protesta”. Queste azioni, infatti, rappresentano una forma di violenza fisica diretta a ostacolare l’operato del pubblico ufficiale, integrando così pienamente gli elementi costitutivi del reato di resistenza a pubblico ufficiale.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Un altro aspetto significativo affrontato dalla Corte riguarda il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. La Cassazione ha giudicato la scelta dei giudici di merito “non manifestamente illogica”. Tale decisione era fondata sulla valorizzazione dei precedenti penali dell’imputata, che includevano anche reati violenti. Questo elemento, secondo la Corte, dimostra una certa propensione a delinquere che giustifica un trattamento sanzionatorio più severo, escludendo la concessione di benefici.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La decisione della Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la protesta e il dissenso nei confronti dell’operato delle forze dell’ordine sono legittimi finché non sfociano in violenza o minaccia. L’ordinanza chiarisce che qualsiasi atto fisico volto a impedire o ostacolare l’attività di un pubblico ufficiale, anche se di lieve entità come uno spintone, è sufficiente a configurare il grave reato di resistenza. Inoltre, la pronuncia conferma che il passato giudiziario di un imputato ha un peso determinante nella valutazione del giudice, potendo precludere l’accesso a benefici come le attenuanti generiche. Di conseguenza, i cittadini devono essere consapevoli che superare il confine della resistenza passiva può comportare non solo una condanna penale, ma anche l’applicazione di una pena non mitigata, con l’ulteriore condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Qual è la differenza tra resistenza passiva e il reato di resistenza a pubblico ufficiale?
Secondo l’ordinanza, la resistenza passiva si esaurisce in una protesta generica o in un’opposizione non violenta. Il reato di resistenza a pubblico ufficiale si configura, invece, quando si compiono atti di violenza fisica, come spingere e graffiare gli agenti, finalizzati a ostacolare il loro operato.

I precedenti penali possono impedire la concessione delle attenuanti generiche?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la decisione di negare le attenuanti generiche è legittima se basata sui precedenti penali dell’imputato, specialmente se questi includono reati violenti. Tale valutazione non è considerata illogica dai giudici.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non erano censure di legittimità (cioè violazioni di legge), ma contestazioni sulla valutazione dei fatti. La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti del processo, ma solo verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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