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Resistenza a pubblico ufficiale: quando è reato?

Un uomo si oppone con violenza agli agenti intervenuti per allontanare un minore. La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso, confermando che la condotta integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale, anche se successiva alla fase critica dell’intervento. Le lesioni all’agente sono procedibili d’ufficio.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando la Reazione Diventa Reato?

Il reato di resistenza a pubblico ufficiale è una delle fattispecie più delicate del nostro ordinamento, poiché si colloca al confine tra il legittimo esercizio delle funzioni pubbliche e la reazione, a volte sproporzionata, del cittadino. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per analizzare i contorni di questo delitto, chiarendo quando una condotta violenta e oppositiva integra pienamente il reato, anche se avviene in una fase successiva all’intervento principale delle forze dell’ordine.

I Fatti del Caso in Esame

La vicenda trae origine da un intervento delle forze dell’ordine finalizzato a sottrarre una bambina dalle braccia di un uomo. Subito dopo questa prima fase, mentre gli agenti stavano per completare le attività di polizia giudiziaria, l’uomo iniziava a dimenarsi violentemente, provocando la caduta di uno degli operatori e causandogli delle lesioni.

Condannato in appello, l’imputato proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente tre motivi:
1. L’errata procedibilità d’ufficio per il reato di lesioni.
2. L’insussistenza del reato di resistenza, in quanto la sua era stata una reazione all’azione dei militari.
3. La mancanza dell’elemento psicologico (il dolo) necessario a configurare il reato.

La Decisione della Corte di Cassazione

Con l’ordinanza in commento, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la condanna. I giudici hanno ritenuto tutti i motivi presentati manifestamente infondati, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Analisi delle Motivazioni: la Resistenza a Pubblico Ufficiale

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive, offrendo chiarimenti importanti sulla configurazione del reato di resistenza a pubblico ufficiale.

La Procedibilità d’Ufficio per le Lesioni

Il primo motivo è stato rapidamente liquidato come infondato. La Corte ha ricordato che il delitto di lesioni è procedibile d’ufficio quando ricorre l’aggravante prevista dall’art. 576, comma primo, n. 5-bis del codice penale. Questa norma si applica quando il fatto è commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, proprio come nel caso di specie, dove la vittima era un agente intervenuto per compiere un atto del suo ufficio.

La Configurazione del Reato di Resistenza

Il punto centrale della decisione riguarda il secondo motivo. La difesa sosteneva che la reazione violenta non costituisse resistenza. La Cassazione ha respinto questa tesi, sottolineando un aspetto temporale e funzionale cruciale: la condotta violenta e oppositiva dell’imputato si è verificata dopo l’azione iniziale di sottrarre la minore, ovvero durante la fase successiva e necessaria di completamento dell’attività di polizia giudiziaria.

Questo significa che la resistenza a pubblico ufficiale non si configura solo ostando all’atto principale, ma anche opponendosi con violenza a tutte le attività consequenziali e legittime svolte dagli agenti. L’essersi dimenato fino a far cadere un operante è stata considerata una condotta violenta e oppositiva, idonea a integrare il delitto.

L’Elemento Psicologico del Reato

Infine, anche il terzo motivo, relativo alla mancanza di dolo, è stato giudicato manifestamente infondato. Secondo la Corte, la condotta oppositiva era chiaramente finalizzata a ostacolare l’operato dei pubblici ufficiali. La volontarietà del comportamento violento era sufficiente a integrare il “coefficiente psicologico” richiesto dalla norma, ovvero la coscienza e volontà di opporsi a un atto di ufficio.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il reato di resistenza a pubblico ufficiale copre l’intero arco dell’intervento legittimo delle forze dell’ordine. Qualsiasi atto di violenza o minaccia posto in essere per ostacolare non solo l’atto principale, ma anche le attività accessorie e successive (come l’identificazione, la verbalizzazione o il trasporto), configura il delitto. La decisione serve da monito: la reazione a un’azione percepita come ingiusta non può mai sfociare nella violenza contro gli operatori, pena l’integrazione di un’autonoma e grave fattispecie di reato.

Quando il reato di lesioni a un pubblico ufficiale è procedibile d’ufficio?
Il reato di lesioni commesso ai danni di un pubblico ufficiale è procedibile d’ufficio quando ricorre l’aggravante prevista dall’art. 576, n. 5-bis del codice penale, ovvero quando il fatto avviene mentre il pubblico ufficiale sta compiendo un atto del proprio ufficio o a causa delle sue funzioni.

Un atto di opposizione violenta commesso dopo la fase principale di un intervento di polizia può essere considerato resistenza a pubblico ufficiale?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che la condotta violenta e oppositiva, anche se posta in essere in una fase successiva all’atto principale (in questo caso, mentre si completava l’attività di polizia giudiziaria), è idonea a integrare il delitto di resistenza, in quanto mira comunque a ostacolare l’adempimento di un dovere d’ufficio.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito. Di conseguenza, la decisione impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende a causa della colpa nell’aver proposto un ricorso privo dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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