Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 9687 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 9687 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
1.NOME, nata in Romania il DATA_NASCITA
2.NOME NOME, nato in Romania il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/01/2023 della Corte di appello di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibili i ricorsi;
letta la memoria difensiva, depositata il 12 gennaio 2024 dall’AVV_NOTAIO nell’interesse di NOME COGNOME e NOME, in cui si contestano gli argomenti contenuti nella requisitoria del Pubblico Ministero e si insiste per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la condanna del Tribunale di Reggio Calabria emessa nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, per resistenza a pubblico ufficiale(capo A) e rifiuto di indicazioni sulla propria identità personale (capo B).
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOMECOGNOME COGNOME COGNOME loro difensore, con due diversi ricorsi, sostanzialment sovrapponibili, in cui propongono cinque motvi.
2.1. Con il primo deducono violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la sentenza impugnata non aveva dato conto, in modo logico e completo, delle censure difensive / comprese quelle relative alla nullità o inutilizzabilità di alcuni atti e delle prove a discarico, ritenendo non credibile la ricostruzione alternativa degli imputati e, al contrario, facendo propria quella degli agenti operanti.
2.2. Con il secondo motivo deducono violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la sentenza impugnata non aveva considerato che dall’istruttoria dibattimentale fosse emersa una valida giustificazione dei ricorrenti per stare fuori dal proprio domicilio e un loro corretto comportamento, mentre aveva trascurato l’effettivo e concreto modus operandi tenuto dagli operanti e omesso di motivare circa il dolo specifico del delitto.
2.3. Con il terzo motivo deducono violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la sentenza impugnata, con riferimento al delitto di cui all’art. 651 cod. pen. si era limitata a richiamare per relationem la sentenza di primo grado, non aveva tenuto conto degli argomenti difensivi e che i ricorrenti si fossero ritenuti vittime di abuso degli agenti.
2.4. Con il quarto motivo deducono violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla scriminante di cui all’art. 393-bis cod. pen. visto che gli agenti avevano travalicato le loro attribuzioni tanto da avere determinato l’errore dei ricorrenti sulle scorrette modalità dell’intervento.
2.5. Con il quinto motivo deducono violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla pena applicata non avendo la sentenza tenuto conto degli argomenti difensivi atteso che i ricorrenti, senza denigrare gli operanti, avevano solo esercitato il loro diritto di difesa e comunque l’aumento per la continuazione per il capo B) era ingiustificato.
2.6. Con il sesto motivo deducono violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego di applicazione delle circostanze attenuanti generiche per
non essere stati valutati gli elementi favorevoli ai ricorrenti declinati nell’atto appello.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta le parti hanno concluso come in epigrafe indicato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono inammissibili perché reiterano pedissequamente le censure contenute negli atti di appello e propongono ragioni in fatto volte a sollecitare una rilettura delle prove assunte.
La sentenza impugnata, da leggere come un unicum rispetto a quella del Tribunale di Reggio Calabria, di cui ha totalmente condiviso la puntuale ricostruzione fattuale, ha utilizzato argomenti esenti da vizi in questa sede rilevabili e ha fornito una completa valutazione delle prove assunte, rispondendo con puntualità a tutti i motivi di appello.
Invero, alla luce delle testimonianze degli agenti operanti, valutate come attendibili e riscontrate, era stato provato che gli imputati, dopo essere stati fermati sulla pubblica via, nell’ambito dei controlli del territorio per verificar rispetto delle limitazioni alla circolazione imposte dalla normativa emergenziale per il Covid 19, si erano rifiutati di dare giustificazioni circa la loro presenza strada e fornire le loro generalità per poi minacciare gli agenti di filmarli “rovinarli”, reagendo con calci e pugni, certificati dai referti del pronto soccorso, tanto da essere arrestati.
Contrariamente a quanto genericamente dedotto dalla difesa, in termini sempre e solo di fatto, la Corte di Appello, in adesione all’accurata e puntuale ricostruzione dell’accaduto operata dal Tribunale, ha comprovato che la versione degli imputati, circa il grave abuso di autorità praticato dagli agenti operanti ai loro danni per motivi razziali con redazione di atti falsi, risultass documentalmente smentita dalle prove acquisite, tanto da avere determinato il Tribunale a disporre la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica in sede di NOME COGNOME e NOME COGNOME per il delitto di calunnia.
Infatti, era risultato che: a) i verbali di perquisizione e di arresto, di cui difesa ha eccepito la nullità o inutilizzabilità, avevano cristallizzato le attiv compiute dagli operanti con orari compatibild sia con le certificazioni mediche rilasciate dal pronto soccorso dell’ospedale di Reggio Calabria, struttura terza rispetto ai fatti di causa, agli agenti picchiati dagli imputati, sia con la dinamica d
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fatti riferita da tutti i testimoni; b) il certificato medico rilasciato dal soccorso il 16 aprile 2020, a due giorni dal presunto pestaggio patito in Questura da NOME, recava una prognosi di «zero giorni e attesta che all’esame obiettivo del paziente non risultava nulla da rilevare» (pag. 14 della sentenza di primo grado) e le due certificazioni mediche rilasciate alla RAGIONE_SOCIALE davano conto solo di una lieve contusione al gomito (compatibile con i fatti emersi), ma nessuna lesione riconducibile al denunciato pugno in faccia o alle percosse subite dagli operanti; d) le querele presentate da entrambi gli imputati nei confronti degli operanti avevano fornito una versione dello svolgimento dei fatti diversa da quella riferita da questi in dibattimento in sede di esame; e) nessuna delle persone che aveva assistito ai fatti sulla pubblica via, in pieno giorno, era stata indicata come teste discarico.
Le condotte descritte costituiscono minacce e violenze rivolte a pubblici ufficiali per costringerli ad omettere atti del loro ufficio ed integrano il reato di all’art. 337 cod. pen. per il compimento del quale basta l’opposizione allo svolgimento delle attività, indipendentemente dall’esito della condotta (Sez. 6, n. 5459, 08/01/2020, Sortino, Rv. 278207), consistendo il dolo nella coscienza e volontà di usare violenza o minaccia per ostacolare l’attività del pubblico ufficio o servizio in atto, non rilevando che l’agente abbia avuto di mira anche altri scopi (Sez. 6, n. 46743 del 06/11/2013, Rv. 257512).
Con riguardo alla scriminante di cui all’art. 393-bis cod. pen., in linea con l’interpretazione offerta dal Giudice delle leggi (Corte cost., n. 140 del 1998), la giurisprudenza di questa Corte ritiene che la reazione del privato può dirsi giustificata a fronte di un comportamento oggettivamente illegittimo del pubblico agente che si presenti disfunzionale rispetto al fine per cui il potere è conferito anche solo per le modalità scorrette, incivili e sconvenienti di attuazione (Sez. 6, n. 7255 del 26/11/2021, dep. 2022, Guarnieri, Rv. 282906).
Nel caso di specie non c’è stato alcun comportamento del pubblico ufficiale disfunzionale allo scopo, in quanto la sentenza ha dato conto che gli operanti si erano limitati a svolgere i controlli loro spettanti nel corso dell’emergenza sanitaria per la diffusione del virus COVID-19 e per accertare il rispetto delle restrizioni imposte su tutto il territorio nazionale per la tutela della salute pubblica.
I motivi relativi al trattamento sanzionatorio, da trattare congiuntamente, sono anch’essi reiterativi di quelli già esposti nell’atto di appello.
La Corte di merito ha congruamente disatteso la richiesta difensiva, richiamando la motivazione esposta in primo grado sia con riguardo allo scostamento dal minimo edittale, peraltro mlnimale, sia con riguardo al diniego
delle circostanze attenuanti generiche fondate sulla gravità e pervicacia delle condotte poste in essere dagli imputati che avevano accusato ingiustamente gli ufficiali di polizia giudiziaria nello svolgimento delle loro funzioni, non limitando affatto ad esercitare il loro legittimo diritto di difesa visto che avevano determinato il Tribunale alla trasmissione degli atti nei loro confronti per il delitto di calunni
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, in ragione della natura delle questioni dedotte, si stima di quantificare nella misura di euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 gennaio 2024
La Consigliera estensora