Resistenza a Pubblico Ufficiale: Basta Ostacolare per la Condanna
L’ordinanza n. 44417/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante precisazione sui confini del reato di resistenza a pubblico ufficiale. Con questa decisione, i giudici supremi ribadiscono un principio fondamentale: per essere condannati non è necessario impedire completamente l’azione del pubblico ufficiale, è sufficiente ostacolarla con una condotta violenta. Analizziamo insieme questo caso per capire meglio la differenza tra resistenza passiva e resistenza penalmente rilevante.
I Fatti del Caso: Oltre la Semplice Resistenza Passiva
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un cittadino contro la sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per il reato previsto dall’art. 337 del codice penale. L’imputato sosteneva che la sua condotta non integrasse gli estremi del reato, ma la sua tesi è stata respinta in ogni grado di giudizio. La ricostruzione dei fatti, basata sulle testimonianze dei pubblici ufficiali coinvolti, ha dimostrato che l’uomo non si era limitato a una semplice resistenza passiva, come il tentativo di divincolarsi. Al contrario, la sua è stata una “violenta condotta oppositiva e intenzionale”, un comportamento attivo volto a contrastare l’operato delle forze dell’ordine.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto i motivi del ricorso generici e, soprattutto, una mera ripetizione di censure già esaminate e motivatamente respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione non ha riscontrato vizi logici o giuridici nella sentenza impugnata, confermando la valutazione dei giudici di merito. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e a versare una somma di tremila euro alla cassa delle ammende.
La configurabilità del reato di resistenza a pubblico ufficiale
Il punto centrale della decisione, e di maggior interesse giuridico, riguarda la definizione dei presupposti per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. La Corte ha colto l’occasione per chiarire un aspetto cruciale della norma.
Le motivazioni
Nelle motivazioni, la Cassazione ha sottolineato che i motivi del ricorso erano inammissibili per genericità, poiché riproponevano argomentazioni già valutate e respinte in appello. La sentenza impugnata aveva correttamente ricostruito i fatti basandosi sulle testimonianze dei pubblici ufficiali, le quali confermavano la natura violenta e intenzionale della condotta dell’imputato. La Corte ha ribadito un principio consolidato: per la configurabilità del reato di resistenza, non è necessario che l’atto d’ufficio venga concretamente impedito. È sufficiente che la condotta oppositiva dell’imputato lo abbia anche solo ostacolato. La condotta del ricorrente, superando la mera resistenza passiva, ha integrato pienamente la fattispecie criminosa, rendendo la condanna legittima e il ricorso infondato.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: la linea di demarcazione tra un comportamento lecito e il reato di resistenza a pubblico ufficiale risiede nella natura della condotta. Mentre la resistenza passiva (ad esempio, il rifiuto di muoversi) non è penalmente rilevante, qualsiasi azione che trascenda in violenza o minaccia, anche se finalizzata solo a ostacolare e non a impedire l’atto d’ufficio, configura il delitto. Questa decisione serve da monito sull’importanza di mantenere un comportamento collaborativo con le forze dell’ordine e sottolinea che la genericità e la ripetitività dei motivi di ricorso in Cassazione ne determinano l’inevitabile inammissibilità.
Per configurare il reato di resistenza a pubblico ufficiale, è necessario impedire completamente l’atto d’ufficio?
No, secondo la Corte, per la configurabilità del reato non è necessario che l’atto d’ufficio sia concretamente impedito, ma è sufficiente che venga ostacolato dalla condotta oppositiva dell’imputato.
Una condotta che si limita a divincolarsi può essere considerata resistenza a pubblico ufficiale?
La Corte ha confermato la condanna perché la condotta dell’imputato non si è limitata a una mera resistenza passiva o a divincolarsi, ma è stata una “violenta condotta oppositiva e intenzionale”, come confermato dalle testimonianze.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per genericità, in quanto si limitava a riproporre censure già esaminate e motivatamente respinte dal giudice di appello, senza introdurre nuovi e specifici motivi di diritto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44417 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44417 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a TORTORICI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/03/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
ritenuto che i motivi di ricorso proposti nell’interesse di NOME COGNOME NOME co quali si contesta la motivazione posta a fondamento dell’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 337 cod. pen. sono inammissibili per genericità, già rilevata dal giudi appello, in quanto reiterativi di censure esaminate e motivatamente disattese in sentenza in base alla ricostruzione del fatto e alle testimonianze dei pubblici ufficiali che confermano violenta condotta oppositiva e intenzionale del ricorrente, non limitatosi a divincolarsi e ad mera resistenza passiva, a differenza di quanto sostenuto nel ricorso;
ritenuto che per la configurabilità del reato non è necessario che l’atto d’ufficio concretamente impedito, ma solo ostacolato dalla condotta oppositiva dell’imputato;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 20 settembre 2024
Il consigliere e i st nsore