Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14135 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14135 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/03/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato il 14/03/1981 COGNOME NOME nato a ALBANO LAZIALE il 19/12/1985
avverso la sentenza del 25/09/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Roma ha confermato la decisione del Giudice monocratico del Tribunale di Velletri, che aveva dichiarato NOME COGNOME e NOME COGNOME colpevoli del reato di cui agli artt. 10 e 14 legge n. 497 del 1974 e 648 co pen. (entrambi), per aver illegalmente detenuto una pistola con relativo munizionamento, d provenienza illecita in quanto provento di furto e che detenevano occultata all’interno de camera da letto della loro abitazione, nonché del reato ex art. 337 cod. pen. (il solo COGNOME per aver adoperato violenza e minaccia nei confronti dei pubblici ufficiali intervenuti, al opporsi al compimento, da parte di questi, di una perquisizione domiciliare; per l’effetto – pr riconoscimento al solo COGNOME delle circostanze attenuanti generiche, computate con il criter dell’equivalenza rispetto alla contestata recidiva, nonché riconoscimento del vincolo de continuazione tra i fatti accertati – il Giudice di primo grado aveva condannato alla pena di due e mesi due di reclusione ed euro mille COGNOME e alla pena di anni uno e mesi sei di reclusion ed euro seicento di multa NOME.
Ricorrono per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME a mezzo del difensore avv. NOME COGNOME deducendo tre motivi, a mezzo dei quali lamentano: a) vizio ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. per omessa motivazione; b) violazione dell’art. 41 T.U.L.P.S oltre che degli artt. 337 e 393-bis cod. pen.; c) violazione dell’art. 41 R.D. 18 giugno 193 773, oltre che 192 e 352 cod. proc. pen., nonché degli artt. 13 e 14 Cost.
Le censure dedotte nell’atto di impugnazione non sono consentite in sede di legittimità, in quanto costituite da mere doglianze versate in fatto e, comunque, manifestamente infondate. La difesa, sostanzialmente, lamenta come la condotta ascritta al ricorrente non sia riconducibi entro l’alveo di quelle atte a integrare il ritenuto paradigma normativo ex art. 337 cod. pen ragione dell’assenza dei presupposti atti a legittimare l’esecuzione della perquisizione.
Non vi è chi non rilevi come si tratti di critiche direttamente incentrate sul merito vicenda e che sono volte, con tutta evidenza, a sollecitare una nuova valutazione fattuale, ordine agli elementi di valutazione e conoscenza emersi; le doglianze, quindi, auspicano i compimento di una operazione interpretativa non consentita in sede di legittimità.
4.1. Dette censure, altresì, riproducono nel complesso i medesimi profili di doglianza g congruamente vagliati e disattesi – secondo un ineccepibile argomentare giuridico – dalla Corte territoriale, a mezzo della sentenza impugnata (la censura concernente l’art. 41 T.U.L.P.S. peraltro, non era stata nemmeno dedotta in sede di gravame).
4.2. La motivazione adottata dal Giudice di merito è poi congruente, logica e priva dell pur minima forma di contraddittorietà ed è, pertanto, meritevole di restare al riparo
qualsivoglia stigma in sede di legittimità. A fronte di ciò, le argomentazioni appalesano assertive e aspecifiche.
5. Alla luce delle considerazioni che precedono, i ricorsi devono essere d inammissibili, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese proce
– non ricorrendo ipotesi di esonero – al versamento di una somma alla Cassa delle a determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così
deciso in Roma, il 20 marzo 2025.