Resistenza a pubblico ufficiale: l’analisi della Corte di Cassazione
Il reato di resistenza a pubblico ufficiale è una fattispecie che solleva spesso questioni interpretative, soprattutto riguardo al momento esatto in cui la condotta criminosa si perfeziona. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti, confermando un orientamento consolidato e delineando i criteri per la valutazione delle pene sostitutive. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere meglio i suoi principi.
I Fatti del Caso: Minacce Durante un Controllo
Il caso esaminato riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per il reato di resistenza a pubblico ufficiale e per la contravvenzione di guida in stato di ebbrezza. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. Sosteneva che il delitto di resistenza non fosse configurabile, poiché la sua condotta minacciosa sarebbe intervenuta solo dopo che i pubblici ufficiali avevano terminato la loro attività d’ufficio.
2. Contestava il diniego dell’applicazione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, ritenendolo immotivato.
L’imputato, in sostanza, chiedeva alla Suprema Corte di riconsiderare la qualificazione giuridica dei fatti e la scelta della pena applicata dai giudici di merito.
La Decisione della Cassazione: Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le doglianze dell’imputato. Questa decisione ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: la resistenza a pubblico ufficiale e il diniego della pena sostitutiva
La Corte ha fornito una motivazione chiara e distinta per ciascuno dei punti sollevati dal ricorrente, basandosi su principi giuridici consolidati e sulla valutazione dei fatti come accertati nei precedenti gradi di giudizio.
La Configurabilità del Reato di Resistenza
Sul primo punto, la Cassazione ha definito il motivo ‘manifestamente infondato’. I giudici hanno chiarito che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la condotta minacciosa dell’imputato si è verificata in un momento in cui l’attività d’ufficio dei pubblici ufficiali non era ancora conclusa. Anzi, la minaccia era funzionale proprio a impedirne il completamento.
La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il reato di resistenza a pubblico ufficiale si consuma quando la violenza o la minaccia è diretta a opporsi a un atto di ufficio in corso di svolgimento. Non è necessario che l’atto venga effettivamente interrotto, ma è sufficiente che la condotta sia finalizzata a tale scopo. L’attività dei pubblici ufficiali, nel caso di specie, era ancora in atto, rendendo pienamente configurabile il delitto.
La Valutazione sul Trattamento Sanzionatorio
Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo al diniego della pena sostitutiva, la Corte ha sottolineato che la scelta del trattamento sanzionatorio rientra nel giudizio di fatto del giudice di merito. Tale giudizio non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che non sia palesemente illogico, contraddittorio o privo di motivazione.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva puntualmente motivato la sua decisione, basandosi su elementi concreti previsti dall’art. 133 del codice penale. I giudici avevano ritenuto l’imputato non idoneo al reinserimento sociale attraverso una pena sostitutiva, evidenziando la sua condizione di recidiva e la sua dedizione all’uso di sostanze alcoliche. Questa valutazione, essendo logica e ben argomentata, non poteva essere messa in discussione dalla Cassazione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza in esame conferma due principi importanti. In primo luogo, il reato di resistenza a pubblico ufficiale copre tutte le condotte oppositive che si manifestano finché l’azione del pubblico ufficiale non è completamente esaurita. In secondo luogo, la concessione di pene alternative, come il lavoro di pubblica utilità, non è un diritto automatico, ma una valutazione discrezionale del giudice, che deve tenere conto della personalità del reo e della sua concreta possibilità di reinserimento sociale. La presenza di elementi negativi, come la recidiva o l’abuso di alcol, può legittimamente giustificare un diniego.
Quando si configura il reato di resistenza a pubblico ufficiale?
Il reato si configura quando la condotta minacciosa o violenta interviene mentre l’attività d’ufficio del pubblico ufficiale non è ancora conclusa ed è funzionale a impedirne il completamento.
Perché può essere negata la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità?
La pena sostitutiva può essere negata quando il giudice di merito, con motivazione logica e non arbitraria, ritiene il condannato non idoneo al reinserimento sociale. Elementi come la recidiva e la dedizione all’uso di sostanze alcoliche possono giustificare tale decisione.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende, a meno che non si dimostri l’assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32210 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32210 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOMECUI CODICE_FISCALE) nato a RIVOLI il 17/04/1995
avverso la sentenza del 12/02/2025 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Bilal COGNOME impugna la sentenza in epigrafe indicata, che ne ha confermato la condanna per il delitto di cui all’art. 337, cod. pen., e la contravvenzione di cu all’art. 186, comma 2, lett. c), C.d.S.. Egli denuncia violazione di legge e vizi di motivazione: 1) in tema di configurabilità del delitto di resistenza, essendo la minaccia intervenuta dopo il compimento dell’attività d’ufficio; 2) in ordine al dinego dell’applicazione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità.
2. Il ricorso è inammissibile.
2.1. Il primo motivo è manifestamente infondato. La condotta minacciosa dell’imputato, secondo la non controversa ricostruzione dei fatti contenuta in sentenza, è intervenuta quando ancora l’attività d’ufficio dei pubblici ufficiali non si era esaurita ed è stata funzionale ad impedirne il completamento (sul tema, v. Sez. 6, n. 13465 del 23/02/2023, COGNOME, Rv. 284574).
2.2. Il secondo non è consentito.
In tema di trattamento sanzionatorio, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133, cod. pen., d esso considerati preponderanti, e non si presenti quale frutto di mero arbitrio o di ragionamento del tutto illogico, contraddittorio od immotivato. Nello specifico, la sentenza impugnata ha puntualmente indicato gli elementi del fatto che, con valutazione nient’affatto irragionevole, ha ritenuto espressivi di dell’inidoneità della invocata pena sostitutiva al reinserimento sociale del reo (recidiva nonostante una precedente applicazione, dedizione all’uso di sostanze alcooliche).
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna alle spese del procedimento ed al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equa in tremila euro, non ravvisandosi assenza di colpa del ricorrente nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Così deciso, l’11 luglio 2025.