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Resistenza a pubblico ufficiale: quando è legittima?

La Cassazione ha confermato la condanna per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni a carico di due coniugi. L’intervento della polizia, richiesto per una lite familiare, è stato ritenuto legittimo, escludendo la scriminante della reazione ad un atto arbitrario. Gli imputati avevano aggredito gli agenti che cercavano di sedare la situazione.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a pubblico ufficiale: la Cassazione chiarisce i limiti della reazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18589 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un caso di resistenza a pubblico ufficiale, offrendo importanti chiarimenti sui confini tra una reazione legittima e un comportamento penalmente rilevante. La vicenda riguarda due coniugi condannati per aver aggredito degli agenti di polizia intervenuti presso la loro abitazione per sedare una lite familiare. La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando la condanna e ribadendo la piena legittimità dell’operato delle forze dell’ordine in quel contesto.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da una chiamata alle forze dell’ordine effettuata dalla madre di uno degli imputati, preoccupata per lo stato di forte agitazione del figlio, presumibilmente dovuto all’abuso di alcol. Giunti sul posto, gli agenti decidevano di separare l’uomo dalla madre, collocandolo temporaneamente nella sua camera da letto per evitare possibili aggressioni e per poter ricostruire con calma l’accaduto.

In questo frangente, l’uomo reagiva con violenza contro gli agenti. In suo ‘soccorso’ intervenivano la moglie e, successivamente, la stessa madre che aveva richiesto l’intervento. La situazione degenerava ulteriormente: dopo aver sedato momentaneamente gli animi e richiesto rinforzi, l’aggressione verbale e fisica proseguiva anche in strada, dove la moglie opponeva resistenza al tentativo degli agenti di farla salire sull’auto di servizio, danneggiandola con pugni e calci. L’uomo, a sua volta, tentava nuovamente di aggredire gli operanti prima di essere bloccato.

La Difesa degli Imputati e la valutazione dei Giudici

La difesa degli imputati ha tentato di ribaltare la ricostruzione dei fatti, sostenendo che fossero stati gli agenti i primi ad aggredire l’uomo e che la reazione dei familiari fosse unicamente un tentativo di difenderlo. Secondo questa tesi, l’operato della polizia sarebbe stato arbitrario, in quanto non vi era una ragione apparente per costringere l’uomo a rimanere nella sua stanza, e ciò avrebbe giustificato la reazione. Tale impostazione, tuttavia, non ha trovato accoglimento né in primo grado né in appello.

I giudici di merito, al contrario, hanno ritenuto pienamente attendibili le dichiarazioni degli agenti, confermando che il loro intervento era un legittimo ‘atto d’ufficio’, volto a tutelare l’incolumità della madre che aveva richiesto aiuto. Le misure adottate, come la separazione temporanea dei litiganti, erano state giudicate necessarie e proporzionate alla situazione.

La Decisione della Cassazione sulla resistenza a pubblico ufficiale

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi manifestamente infondati e quindi inammissibili. Gli Ermellini hanno sottolineato come le argomentazioni della difesa si risolvessero in una mera rilettura del materiale probatorio e nella contrapposizione di una versione dei fatti alternativa. Questo tipo di valutazione è precluso in sede di legittimità, dove la Corte non può riesaminare il merito della vicenda, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito due punti fondamentali. In primo luogo, l’operato degli agenti era pienamente legittimo. Essi si trovavano nel pieno esercizio delle loro funzioni, essendo intervenuti su richiesta per prevenire che una lite familiare sfociasse in violenza. Collocare l’uomo nella sua stanza era una misura cautelativa necessaria per impedire il contatto con la madre e svolgere gli accertamenti del caso. Si trattava, dunque, di un ‘atto d’ufficio’ in piena regola, il cui compimento è stato violentemente ostacolato dagli imputati.

In secondo luogo, è stata esclusa la sussistenza della scriminante della reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale. La Corte ha ribadito che non è ravvisabile alcuna illegittimità o arbitrarietà nella condotta degli agenti, i quali si sono limitati a contenere la violenza, subendola a loro volta e riportando lesioni documentalmente accertate. La reazione degli imputati non era quindi giustificabile in alcun modo.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio cardine del nostro ordinamento: la violenza e la minaccia nei confronti di un pubblico ufficiale che compie un atto legittimo del proprio ufficio integrano il reato di resistenza. La possibilità di invocare una reazione a un atto arbitrario è una eccezione che richiede una prova rigorosa dell’illegittimità e della prevaricazione da parte dell’agente pubblico. Un intervento di polizia volto a sedare un conflitto domestico e a proteggere i soggetti più deboli rientra a pieno titolo tra gli atti d’ufficio legittimi, e opporsi con la forza a tale intervento comporta gravi conseguenze penali.

Quando l’intervento della polizia in una lite familiare è considerato un ‘atto d’ufficio’ legittimo?
L’intervento è legittimo quando è finalizzato a tutelare l’incolumità fisica delle persone coinvolte, come nel caso di una richiesta di aiuto da parte di un familiare spaventato dall’agitazione di un altro. Le azioni volte a separare i litiganti e a ricostruire l’accaduto rientrano nel pieno e legittimo esercizio delle funzioni di polizia.

È possibile giustificare la resistenza a pubblico ufficiale sostenendo che gli agenti abbiano agito in modo arbitrario?
No, nel caso esaminato non è stato possibile. La Corte ha stabilito che non vi era alcuna illegittimità o arbitrarietà nella condotta degli agenti, i quali si sono limitati a tentare di impedire il compimento di atti di violenza, subendo a loro volta un’aggressione. La scriminante della reazione ad atti arbitrari è stata quindi esclusa.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i ricorrenti hanno proposto una semplice rilettura del materiale probatorio, contrapponendo la loro ricostruzione dei fatti a quella accertata dai giudici di merito. Questo tipo di valutazione non è consentito in sede di legittimità, dove la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo la corretta applicazione del diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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