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Resistenza a pubblico ufficiale: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due individui condannati per resistenza a pubblico ufficiale e oltraggio. La Corte ha ritenuto manifestamente infondati i motivi del ricorso, confermando che la condotta aggressiva e minacciosa durante un’identificazione integra il reato di resistenza. Inoltre, ha sottolineato che l’offesa pronunciata in una piazza gremita di persone costituisce l’aggravante richiesta per il delitto di oltraggio, data la potenziale compromissione della prestazione del pubblico ufficiale.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: L’Inammissibilità del Ricorso per Manifesta Infondatezza

Affrontare un controllo da parte delle forze dell’ordine può generare tensione, ma quando l’opposizione diventa aggressiva si sconfina nel penale. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ha recentemente ribadito i contorni del reato di resistenza a pubblico ufficiale, chiarendo quando un ricorso contro la condanna risulti palesemente infondato e quindi inammissibile. Il caso analizzato offre spunti importanti anche sul delitto di oltraggio, specialmente quando l’offesa avviene in un contesto pubblico e affollato.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un’operazione di identificazione da parte delle forze dell’ordine nei confronti di un cittadino. Quest’ultimo, alla richiesta di fornire un documento, negava di averne con sé. La situazione degenerava rapidamente quando sia l’individuo fermato sia un suo congiunto assumevano un comportamento aggressivo e minaccioso nei confronti degli agenti. L’episodio si svolgeva in una piazza gremita di persone, circostanza che si rivelerà determinante per uno dei capi d’imputazione. I due venivano quindi condannati in primo grado e in appello per i reati di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale.

L’Analisi della Corte e la resistenza a pubblico ufficiale

I due condannati presentavano ricorso in Cassazione, ma la Suprema Corte lo ha dichiarato inammissibile. Il primo motivo, relativo alla resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.), è stato giudicato generico e manifestamente infondato. La Corte ha evidenziato come i giudici di merito avessero correttamente valutato i fatti, riconoscendo nella “condotta aggressiva e minacciosa” tenuta dai due ricorrenti tutti gli elementi necessari per integrare il reato. Non si trattava di una mera opposizione passiva, ma di un’azione attiva e intimidatoria volta a impedire o ostacolare l’atto d’ufficio degli agenti, ovvero l’identificazione.

Il Reato di Oltraggio e la Rilevanza del Luogo Pubblico

Anche il secondo motivo di ricorso, riguardante il delitto di oltraggio, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha posto l’accento su un elemento cruciale: la condotta offensiva si era verificata in una “piazza gremita di gente”.

La legge richiede, per la configurabilità del reato di oltraggio, che l’offesa all’onore e al prestigio del pubblico ufficiale avvenga in un luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone. La ratio di questa norma è tutelare non solo la dignità del singolo funzionario, ma anche il prestigio dell’intera Pubblica Amministrazione. La presenza di un pubblico, secondo la Corte, amplifica la lesività della condotta, creando un “aggravio psicologico” per l’agente e rendendolo potenzialmente più vulnerabile, compromettendo così la sua prestazione.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi perché entrambi i motivi erano privi di fondamento giuridico evidente. Per quanto riguarda la resistenza, la Corte d’Appello aveva già adeguatamente motivato come il comportamento aggressivo e minaccioso degli imputati integrasse pienamente la fattispecie criminosa. Per l’oltraggio, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la presenza di numerose persone in grado di percepire l’offesa è un elemento costitutivo del reato, poiché genera una potenzialità lesiva che va oltre l’offesa personale, minando il prestigio della funzione pubblica.

Conclusioni

La decisione della Cassazione conferma che l’opposizione violenta o minacciosa a un atto legittimo di un pubblico ufficiale costituisce il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Inoltre, ribadisce l’importanza del contesto in cui avviene un’offesa per la configurazione del delitto di oltraggio. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, serve anche da monito: i ricorsi palesemente infondati non solo non hanno possibilità di successo, ma comportano anche sanzioni economiche per chi li propone in modo pretestuoso.

Quando un comportamento di opposizione integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale?
Secondo l’ordinanza, il reato si configura quando la condotta è ‘aggressiva e minacciosa’ e finalizzata a opporsi a un pubblico ufficiale mentre compie un atto del suo ufficio, come un’identificazione.

Perché è importante che l’oltraggio sia avvenuto in una piazza affollata?
È rilevante perché la presenza di più persone in grado di assistere all’offesa è un elemento costitutivo del reato. Questa circostanza crea un ‘aggravio psicologico’ per l’agente e può compromettere la sua prestazione, ledendo il prestigio della pubblica amministrazione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, a causa della manifesta infondatezza dei motivi proposti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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