Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Il reato di resistenza a pubblico ufficiale è una fattispecie che si presenta con una certa frequenza nelle aule di giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 10814/2024, offre un’importante lezione su quali siano i limiti di un ricorso e i motivi per cui può essere dichiarato inammissibile. Il caso analizzato riguarda un cittadino che, dopo la condanna in Corte d’Appello per violenza e resistenza, ha tentato la via del ricorso in Cassazione senza successo. Vediamo perché.
I Fatti del Caso
Un individuo veniva condannato dalla Corte d’appello di Bari per i reati previsti dagli articoli 336 (Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) e 337 (Resistenza a un pubblico ufficiale) del codice penale. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, l’uomo aveva tenuto una condotta violenta, consistita in calci e pugni, per opporsi a un tentativo di fermo e identificazione da parte di un pubblico ufficiale. Inoltre, aveva proferito espressioni intimidatorie per costringere l’agente a desistere dal compiere un atto del proprio ufficio.
Contro questa sentenza, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge penale e un vizio di motivazione da parte della Corte d’appello.
La Condanna per Violenza e Resistenza a Pubblico Ufficiale
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso, ritenendoli però del tutto infondati e, soprattutto, meramente riproduttivi di censure già analizzate e respinte correttamente nel precedente grado di giudizio. Questo aspetto è cruciale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riproporre all’infinito le stesse argomentazioni, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione del diritto.
La Decisione della Suprema Corte
Con l’ordinanza in esame, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione comporta non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
Le motivazioni alla base della decisione sono chiare e dirette. La Corte ha spiegato che i motivi addotti dal ricorrente erano inammissibili per due ragioni principali:
1. Ripetitività delle Censure: Le argomentazioni presentate erano una semplice riproposizione di quelle già vagliate e motivatamente respinte dalla Corte d’appello. Non venivano sollevati nuovi profili di illegittimità, ma si tentava di ottenere un nuovo esame del merito dei fatti, cosa non consentita in sede di legittimità.
2. Manifesta Infondatezza: I motivi erano palesemente infondati. Per quanto riguarda il reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.), la Corte d’appello aveva correttamente motivato che la condotta violenta (calci e pugni) era chiaramente finalizzata a impedire l’identificazione. Per il reato di violenza o minaccia (art. 336 c.p.), era stato accertato che le espressioni intimidatorie erano state usate per costringere il pubblico ufficiale a compiere un atto del suo ufficio.
La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata congrua, esaustiva e priva di vizi logici, rendendo quindi l’impugnazione priva di qualsiasi fondamento giuridico.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato come un terzo appello. Per avere una possibilità di successo, è necessario sollevare vizi di legittimità concreti, come un’errata interpretazione della norma di legge o un difetto di motivazione evidente e illogico, e non limitarsi a ripetere le stesse difese già respinte. La condanna per resistenza a pubblico ufficiale viene confermata quando i fatti dimostrano una volontà attiva e violenta di opporsi a un atto legittimo dell’autorità, e le minacce verbali sono sufficienti a integrare il reato di cui all’art. 336 c.p. quando mirano a coartare la volontà del pubblico ufficiale.
Quando un ricorso in Cassazione per resistenza a pubblico ufficiale rischia di essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi si limitano a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte dal giudice precedente (in questo caso, la Corte d’appello), senza presentare nuovi vizi di legittimità, e quando sono considerati manifestamente infondati.
Quale condotta integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) secondo questa ordinanza?
Secondo l’ordinanza, una condotta violenta, come sferrare calci e pugni, finalizzata a impedire a un pubblico ufficiale di compiere un atto del suo ufficio, come un fermo per l’identificazione, integra pienamente il reato di resistenza.
Cosa è sufficiente per configurare il reato di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale (art. 336 c.p.)?
In base alla decisione, è sufficiente proferire espressioni intimidatorie con lo scopo specifico di costringere il pubblico ufficiale a compiere o a omettere un atto del proprio ufficio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10814 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10814 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da NOME, nato a Bari il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/01/2023 della Corte d’appello di Bari;
visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminati i motivi del ricorso;
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso, afferenti alla condanna del ricorrente in ai reati di cui agli artt. 336 e 337 cod. pen., sono inammissibili in quanto riproduttiv censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal merito, nonché manifestamente infondati;
Considerato, invero, che – quanto al primo motivo, con cui si censura l’erronea applic dell’art. 337 cod. pen. – la Corte d’appello, con congrua ed esaustiva motivazione, h integrato il delitto de quo, dal momento che risultava accertato come la condotta violenta de ricorrente, consistita in calci e pugni, fosse finalizzata a far sì che il pubblico uffi dal tentativo di fermo ed identificazione;
che – quanto al secondo motivo, afferente all’erronea applicazione dell’art. 336 c e al vizio di motivazione in ordine agli elementi costitutivi del reato – la Corte d’ motivazione immune da vizi, ha ritenuto integrato il predetto reato giacché la con ricorrente, alla luce delle risultanze probatorie, era consistita nel proferir intimidatorie volte a costringere il pubblico ufficiale a compiere un atto del proprio u
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conda ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favo Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proc della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presiqiente