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Resistenza a pubblico ufficiale: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per resistenza a pubblico ufficiale. L’imputato aveva minacciato verbalmente e brandito un casco verso gli agenti per ostacolare un accertamento. La Corte ha ritenuto il ricorso meramente riproduttivo di censure già respinte e ha confermato la correttezza della decisione dei giudici di merito, compreso il diniego delle attenuanti generiche, motivato dai precedenti penali e dalla pericolosità del soggetto.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: la Cassazione conferma la condanna

L’ordinanza n. 5562/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante analisi sui limiti del reato di resistenza a pubblico ufficiale e sui criteri per la concessione delle attenuanti generiche. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la sua condanna per aver minacciato degli agenti e brandito un casco per impedirgli di svolgere il loro lavoro. Questa decisione ribadisce principi consolidati in materia di diritto e procedura penale.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un intervento delle forze dell’ordine a seguito di una colluttazione che aveva coinvolto un parente dell’imputato. Durante gli accertamenti, l’uomo si era rivolto agli agenti con una minaccia verbale, rafforzandola brandendo un casco nella loro direzione. Tale condotta, secondo i giudici di merito, era stata posta in essere con l’intento specifico di ostacolare le attività in corso, integrando così gli estremi del reato previsto dall’art. 337 del codice penale.

L’imputato, dopo la condanna in Corte d’Appello, ha proposto ricorso in Cassazione, contestando la configurabilità del reato e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che i motivi presentati dall’imputato non fossero consentiti in sede di legittimità, in quanto si limitavano a riproporre censure già adeguatamente esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio con argomenti giuridici corretti. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: la Configurazione della Resistenza a Pubblico Ufficiale

La Corte ha chiarito in modo netto le ragioni giuridiche alla base della sua decisione, soffermandosi su due aspetti cruciali: la natura del reato di resistenza e la valutazione delle circostanze attenuanti.

La Condotta Rilevante

Secondo gli Ermellini, la condotta dell’imputato non poteva essere derubricata a una semplice manifestazione di disprezzo. L’azione era assistita da dolo, ovvero dalla precisa volontà di ostacolare gli agenti. La minaccia verbale, unita al gesto di brandire il casco, è stata considerata un’azione idonea a impedire o turbare l’attività dei pubblici ufficiali. La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero correttamente valutato questi elementi, descritti nel capo d’imputazione, per affermare la sussistenza del reato.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Anche la decisione di non concedere le attenuanti generiche è stata ritenuta immune da vizi. La Corte ha ricordato che la valutazione in merito rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale, nel caso di specie, aveva correttamente basato la sua decisione su elementi significativi. In particolare, sono stati considerati i precedenti penali dell’imputato e la sua attuale pericolosità. I giudici hanno valorizzato, come fattore criminogeno, il mancato effetto dissuasivo delle condanne precedenti, dimostrando che la personalità del soggetto rendeva ingiustificata una riduzione della pena.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza della Cassazione ribadisce alcuni principi fondamentali. In primo luogo, non ogni atto di opposizione a un pubblico ufficiale è penalmente irrilevante; quando la condotta, come una minaccia rafforzata da gesti, è finalizzata a impedire un atto d’ufficio, si configura il reato di resistenza. In secondo luogo, il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per richiedere una nuova valutazione dei fatti già esaminati nel merito. Infine, la concessione delle attenuanti generiche non è un diritto, ma una facoltà del giudice, che deve essere motivata analizzando concretamente la personalità dell’imputato, inclusi i suoi precedenti e la sua capacità a delinquere.

Quando una minaccia verbale e il brandire un oggetto integrano il reato di resistenza a pubblico ufficiale?
Secondo la decisione, ciò avviene quando la condotta non è una mera espressione di disprezzo, ma è assistita da dolo, cioè dalla volontà cosciente di ostacolare l’attività dei pubblici ufficiali, e risulta idonea a raggiungere tale scopo.

Per quale motivo il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti erano riproduttivi di censure già adeguatamente valutate e respinte dai giudici di merito. Il ricorso per cassazione non consente un riesame dei fatti, ma solo un controllo sulla corretta applicazione della legge.

Su quali basi un giudice può negare le circostanze attenuanti generiche?
Un giudice può negare le attenuanti generiche basandosi su una valutazione discrezionale di elementi significativi della personalità dell’imputato. Nel caso specifico, la decisione è stata fondata sui precedenti penali, sulla maggiore e attuale pericolosità del soggetto e sul mancato effetto dissuasivo delle condanne precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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