Resistenza a pubblico ufficiale: Inammissibile il ricorso che rivaluta i fatti
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Il caso in esame riguarda un ricorso contro una condanna per resistenza a pubblico ufficiale, dichiarato inammissibile perché basato sul tentativo di offrire una diversa e più mite versione dei fatti, operazione non consentita davanti alla Suprema Corte.
I fatti del caso: l’inseguimento e la manovra di sbarramento
I fatti alla base della vicenda processuale vedono un motociclista che, a seguito di un intervento della Polizia, si dà alla fuga dando vita a un inseguimento. La condotta del fuggitivo culmina in una manovra volontaria di sbarramento della strada, costringendo gli agenti inseguitori a una frenata brusca che porta a un lieve tamponamento. Per questa azione, l’individuo veniva condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di resistenza a pubblico ufficiale.
Il ricorso per Cassazione e la tesi difensiva
L’imputato decideva di presentare ricorso in Cassazione, sostenendo l’insussistenza del reato. La sua difesa si fondava su un tentativo di ‘edulcorare’ la propria condotta, proponendo una ricostruzione dei fatti alternativa e meno grave rispetto a quella accertata dai giudici di merito. In sostanza, si contestava la valutazione fattuale che aveva portato alla condanna, cercando di accreditare una versione diversa dell’accaduto.
Le motivazioni della Corte: la chiara configurazione della resistenza a pubblico ufficiale
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato, generico e, soprattutto, ‘declinato in fatto’. I giudici hanno sottolineato come il ricorrente non avesse contestato un errore di diritto, ma avesse tentato di ottenere una nuova valutazione delle prove e dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.
La Corte ha evidenziato che i giudici di merito avevano già ricostruito in modo logico e completo le fasi dell’accaduto, individuando correttamente tutti gli elementi oggettivi e soggettivi del reato di resistenza a pubblico ufficiale. La condotta violenta, finalizzata a evitare l’intervento delle forze dell’ordine, era stata chiaramente integrata dall’azione volontaria di guida culminata nello sbarramento della strada. Questa manovra, costringendo gli agenti a frenare per evitare conseguenze peggiori, rappresenta inequivocabilmente quella violenza o minaccia richiesta dall’articolo 337 del Codice Penale.
Conclusioni: l’inammissibilità del ricorso fondato su questioni di fatto
La decisione riafferma con forza che il ricorso per Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità, ovvero sulla violazione di legge o su vizi di motivazione, e non può essere utilizzato come un’ulteriore istanza per discutere la ricostruzione dei fatti. Quando i giudici di merito hanno fornito una motivazione completa e coerente, come nel caso di specie, ogni tentativo di proporre una versione alternativa in Cassazione è destinato all’inammissibilità. La condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende sigilla l’esito del procedimento, confermando la correttezza delle decisioni precedenti.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è inammissibile quando è manifestamente infondato, generico e, soprattutto, quando si limita a proporre una diversa ricostruzione dei fatti già accertati dai giudici di merito, anziché contestare errori di diritto.
Quale azione concreta integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale in questo caso?
L’azione di guida culminata nel volontario sbarramento della strada durante un inseguimento, che ha costretto i pubblici ufficiali a frenare bruscamente e a tamponare, seppur lievemente, il veicolo del fuggitivo.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti di un processo?
No, non è un’operazione consentita in sede di legittimità. La Corte di Cassazione non è un ‘terzo giudice’ del fatto, ma ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione delle sentenze impugnate.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33093 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33093 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a CATANIA il 21/09/2001
avverso la sentenza del 12/03/2025 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; visto il ricorso di NOME
OSSERVA
Ritenuto che il ricorso con cui si deduce l’insussistenza del delitto di cui all’art. 337 cod. p pen. è manifestamente infondato e declinato in fatto, oltre che generico, tenuto conto che i ricorrente non prende in esame la corretta risposta fornita dalla Corte di appello che, oltre aver rinviato a quanto nel dettaglio espresso dal primo giudice in ordine alla analitica descrizio della complessiva condotta violenta finalizzata ad evitare di essere arrestato a seguito d intervento di personale della Questura di Catania, ha evidenziato come fossero sussistenti tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, tali da far ritenere integrata la resistenza allorché att l’azione di guida che seguiva all’intervento, veniva volontariamente posta in essere una condotta culminata con lo sbarramento della strada ove avveniva l’inseguimento che costringeva i pubblici ufficiali a frenare e tamponare, seppur lievemente, il motociclo su cui viaggiava l’Aurora;
rilevato che il ricorrente tenta di accreditare, altresì, una differente ricostruzione dei finalizzata a edulcorare la condotta, operazione non consentita in sede di legittimità specie i considerazione della logica e completa analisi svolta dai Giudici di merito che hanno · analiticamente ricostruito le fasi dell’occorso volontariamente posto in essere dal ricorrente;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 15/09/2025.