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Resistenza a pubblico ufficiale: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due individui condannati per resistenza a pubblico ufficiale durante una manifestazione. La Corte ha stabilito che la partecipazione attiva a un gruppo che si oppone con violenza alle forze dell’ordine è sufficiente per configurare il reato in concorso, anche senza aver commesso personalmente atti specifici come il lancio di oggetti. È stata inoltre respinta la richiesta di applicare la non punibilità per tenuità del fatto, data la gravità delle modalità dell’azione collettiva.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale in Concorso: La Decisione della Cassazione

Il reato di resistenza a pubblico ufficiale assume contorni complessi quando commesso in un contesto di gruppo, come una manifestazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 14840 del 2025, offre chiarimenti cruciali su come viene valutata la responsabilità individuale all’interno di un’azione collettiva e sui limiti di applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.

I Fatti: Dalla Manifestazione alla Condanna

Il caso riguarda due persone condannate in primo grado e in appello per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. I fatti risalgono a una manifestazione autorizzata tenutasi a Roma, durante la quale un gruppo di manifestanti, tra cui i due ricorrenti, si è spostato in un’area non autorizzata, iniziando a lanciare oggetti contro la sede di un partito politico.

Le forze dell’ordine sono intervenute per disperdere la folla, e in questo frangente si sono verificati scontri e colluttazioni. I due imputati, identificati in prima fila, sono stati accusati di aver partecipato attivamente alle violenze, spingendo gli agenti e incitando gli altri manifestanti. Pur essendo stati assolti dall’accusa di lesioni personali, la condanna per resistenza è stata confermata dalla Corte di Appello.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

I difensori hanno presentato ricorso alla Suprema Corte basandosi principalmente su due argomenti:

1. Violazione di legge sul concorso di persone: Si sosteneva l’assenza di prove individualizzanti sulle condotte specifiche dei ricorrenti. A loro dire, la semplice presenza in prima fila non dimostrava un contributo causale al reato di resistenza, specialmente considerando l’assoluzione per le lesioni.
2. Mancata applicazione della tenuità del fatto: Veniva richiesta l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., sostenendo che, all’epoca dei fatti, il reato di resistenza non era escluso da questa causa di non punibilità e che la modifica normativa successiva non poteva essere applicata retroattivamente.

Analisi della resistenza a pubblico ufficiale di gruppo

La questione centrale del ricorso era definire i confini della responsabilità penale in un contesto di azioni di gruppo. Quando la condotta del singolo si fonde con quella della folla, diventa essenziale per il giudice individuare elementi che provino la partecipazione consapevole e volontaria all’azione criminosa collettiva. I ricorrenti puntavano proprio sulla presunta indeterminatezza della loro condotta personale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili perché manifestamente infondati, confermando integralmente la decisione della Corte di Appello. Le motivazioni sono state chiare e nette.

Sul Concorso nel Reato

I giudici hanno stabilito che le sentenze di merito avevano correttamente ricostruito i fatti, valorizzando la compattezza del gruppo che si opponeva unitamente alle forze dell’ordine. La partecipazione attiva dei ricorrenti è stata provata dalle testimonianze che li hanno riconosciuti non solo presenti, ma attivi nell’incitare gli altri e nello spingere gli agenti. Secondo la Corte, questo comportamento costituisce una forma di concorso nel reato, in quanto rafforza il proposito criminoso degli altri e contribuisce all’azione violenta complessiva. L’assoluzione per le lesioni, inoltre, non è contraddittoria, poiché riguarda un capo di imputazione diverso e autonomo.

Sulla Particolare Tenuità del Fatto

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha chiarito che la decisione di non applicare l’art. 131-bis c.p. non si basava sulla modifica normativa successiva, ma su una valutazione concreta della gravità del fatto. I giudici di merito avevano correttamente ritenuto l’offesa non di particolare tenuità a causa delle modalità della condotta: un’azione violenta posta in essere in concorso con numerose persone, che ha richiesto un notevole impegno di uomini e mezzi da parte delle forze dell’ordine per sedare i disordini. Tali elementi escludono la tenuità a prescindere da qualsiasi previsione di legge.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce principi fondamentali in materia di reati commessi in contesti di manifestazioni pubbliche. In primo luogo, per essere ritenuti responsabili di resistenza a pubblico ufficiale in concorso, non è necessario compiere personalmente ogni singolo atto violento, ma è sufficiente partecipare attivamente all’azione collettiva, rafforzando l’intento criminoso del gruppo. In secondo luogo, la valutazione sulla particolare tenuità del fatto non è automatica, ma deve tenere conto di tutte le circostanze concrete del reato, incluse le modalità dell’azione, il numero di persone coinvolte e l’allarme sociale generato. Una decisione che serve da monito sulla distinzione tra legittima manifestazione del pensiero e condotte violente che integrano fattispecie di reato.

Per essere condannati per resistenza a pubblico ufficiale in una manifestazione, è necessario aver compiuto personalmente atti di violenza fisica come il lancio di oggetti?
No. Secondo la Corte, è sufficiente aver partecipato attivamente ai comportamenti violenti del gruppo, anche solo incitando gli altri o spingendo gli agenti, rafforzando così il proposito criminoso collettivo. La compattezza del gruppo che si oppone alle forze dell’ordine è un elemento chiave.

L’assoluzione dal reato di lesioni personali impedisce la condanna per resistenza a pubblico ufficiale?
No. La Corte chiarisce che si tratta di due capi di imputazione diversi e autonomi. La valutazione delle prove per il reato di lesioni non inficia la coerenza logica della condanna per resistenza, che si basa su condotte oppositive violente anche quando non causano lesioni dirette.

È possibile invocare la non punibilità per particolare tenuità del fatto per il reato di resistenza a pubblico ufficiale?
In questo caso, la Corte ha escluso l’applicazione della causa di non punibilità non in base a un divieto assoluto, ma valutando le specifiche modalità del fatto. La condotta violenta in concorso con numerose persone e il notevole impegno richiesto alle forze dell’ordine per sedare i disordini sono stati considerati elementi che rendono l’offesa non ‘tenue’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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