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Resistenza a pubblico ufficiale: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una condanna per resistenza a pubblico ufficiale. I motivi sono stati giudicati generici e riproduttivi di censure già respinte in appello. La Corte ha confermato la gravità della condotta, che esclude la non punibilità per particolare tenuità del fatto, e la pericolosità sociale del soggetto, giustificando la recidiva.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’analisi di una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre spunti fondamentali per comprendere i limiti dell’impugnazione in materia di resistenza a pubblico ufficiale. Quando un ricorso si limita a ripetere argomenti già respinti, senza una critica specifica alla sentenza di secondo grado, la sua sorte è segnata: l’inammissibilità. Questo principio, ribadito con forza dai giudici di legittimità, sottolinea l’importanza di formulare motivi di ricorso specifici e pertinenti.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Bologna per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, previsto dall’articolo 337 del codice penale. L’imputato, ritenuto colpevole di essersi opposto con violenza all’operato di un ufficiale durante l’espletamento delle sue funzioni, decideva di presentare ricorso per Cassazione. I motivi dell’impugnazione si basavano su tre punti principali: la presunta insussistenza del reato, la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.) e l’erroneo riconoscimento della recidiva.

La Decisione della Corte di Cassazione: Inammissibilità del Ricorso

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un vizio procedurale dirimente: la genericità dei motivi presentati dalla difesa. I giudici hanno constatato che le censure sollevate non erano altro che una sterile riproduzione di argomentazioni già adeguatamente esaminate e disattese dalla Corte d’Appello. Questo approccio difensivo, che non si confronta criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata, non può trovare accoglimento in sede di legittimità.

Analisi della Corte sulla resistenza a pubblico ufficiale

La Corte ha confermato la correttezza della valutazione operata in secondo grado. È stato ribadito che la condotta dell’imputato si era concretizzata prima che il pubblico ufficiale portasse a termine l’atto d’ufficio, integrando così pienamente gli estremi del reato di resistenza a pubblico ufficiale. Viene così sottolineato il principio per cui l’azione di resistenza è penalmente rilevante nel momento in cui interferisce con il compimento dell’atto, non essendo necessario che questo venga definitivamente impedito.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni dell’ordinanza si articolano su tre pilastri che confermano la decisione della Corte d’Appello. In primo luogo, la genericità dei motivi di ricorso, che rende l’impugnazione non meritevole di un esame nel merito.

In secondo luogo, la Corte ha escluso l’applicabilità dell’art. 131 bis c.p. (particolare tenuità del fatto). La valutazione si è basata sulla gravità della condotta, ritenuta tale da superare la soglia della tenuità che consentirebbe la non punibilità. Questo punto è cruciale: non tutte le condotte, pur astrattamente rientranti in una fattispecie di reato, sono uguali, e la loro gravità concreta è determinante.

Infine, è stata confermata la correttezza del riconoscimento della recidiva. La Corte ha osservato che la reiterazione di condotte illecite da parte dell’imputato era sintomatica di una persistente pericolosità sociale. Le precedenti condanne, quindi, non erano un mero dato anagrafico, ma un elemento che influenzava negativamente il giudizio sulla personalità del reo, giustificando un trattamento sanzionatorio più severo e l’esclusione di benefici.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. La prima, di natura processuale, è un monito per i difensori: un ricorso per Cassazione deve essere specifico, puntuale e deve attaccare le fondamenta logico-giuridiche della sentenza impugnata. La mera riproposizione di argomenti già respinti è una strategia destinata al fallimento. La seconda, di natura sostanziale, ribadisce che la valutazione della gravità del fatto e della pericolosità del reo sono elementi centrali nel giudizio penale, capaci di escludere l’applicazione di istituti di favore come la non punibilità per tenuità del fatto e di giustificare il riconoscimento della recidiva. La lotta contro il reato di resistenza a pubblico ufficiale passa anche attraverso una rigorosa applicazione di questi principi.

Per quale motivo principale il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per la “genericità dei motivi”, in quanto si limitava a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte con validi argomenti giuridici dalla Corte d’Appello, senza contestare specificamente le ragioni della decisione impugnata.

Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.)?
La Corte ha ritenuto che la causa di non punibilità non fosse applicabile a causa della “gravità della condotta” tenuta dall’imputato. Non sussistevano quindi i presupposti per considerare il fatto di particolare tenuità.

Come ha giustificato la Corte il riconoscimento della recidiva?
La Corte ha confermato che la reiterazione di condotte illecite da parte dell’imputato era un sintomo di “persistente pericolosità”. Questa valutazione, influenzata dalle precedenti condanne, ha giustificato il mancato accoglimento della richiesta di esclusione della recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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