Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’analisi di una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre spunti fondamentali per comprendere i limiti dell’impugnazione in materia di resistenza a pubblico ufficiale. Quando un ricorso si limita a ripetere argomenti già respinti, senza una critica specifica alla sentenza di secondo grado, la sua sorte è segnata: l’inammissibilità. Questo principio, ribadito con forza dai giudici di legittimità, sottolinea l’importanza di formulare motivi di ricorso specifici e pertinenti.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Bologna per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, previsto dall’articolo 337 del codice penale. L’imputato, ritenuto colpevole di essersi opposto con violenza all’operato di un ufficiale durante l’espletamento delle sue funzioni, decideva di presentare ricorso per Cassazione. I motivi dell’impugnazione si basavano su tre punti principali: la presunta insussistenza del reato, la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.) e l’erroneo riconoscimento della recidiva.
La Decisione della Corte di Cassazione: Inammissibilità del Ricorso
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un vizio procedurale dirimente: la genericità dei motivi presentati dalla difesa. I giudici hanno constatato che le censure sollevate non erano altro che una sterile riproduzione di argomentazioni già adeguatamente esaminate e disattese dalla Corte d’Appello. Questo approccio difensivo, che non si confronta criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata, non può trovare accoglimento in sede di legittimità.
Analisi della Corte sulla resistenza a pubblico ufficiale
La Corte ha confermato la correttezza della valutazione operata in secondo grado. È stato ribadito che la condotta dell’imputato si era concretizzata prima che il pubblico ufficiale portasse a termine l’atto d’ufficio, integrando così pienamente gli estremi del reato di resistenza a pubblico ufficiale. Viene così sottolineato il principio per cui l’azione di resistenza è penalmente rilevante nel momento in cui interferisce con il compimento dell’atto, non essendo necessario che questo venga definitivamente impedito.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni dell’ordinanza si articolano su tre pilastri che confermano la decisione della Corte d’Appello. In primo luogo, la genericità dei motivi di ricorso, che rende l’impugnazione non meritevole di un esame nel merito.
In secondo luogo, la Corte ha escluso l’applicabilità dell’art. 131 bis c.p. (particolare tenuità del fatto). La valutazione si è basata sulla gravità della condotta
, ritenuta tale da superare la soglia della tenuità che consentirebbe la non punibilità. Questo punto è cruciale: non tutte le condotte, pur astrattamente rientranti in una fattispecie di reato, sono uguali, e la loro gravità concreta è determinante.
Infine, è stata confermata la correttezza del riconoscimento della recidiva. La Corte ha osservato che la reiterazione di condotte illecite
da parte dell’imputato era sintomatica di una persistente pericolosità
sociale. Le precedenti condanne, quindi, non erano un mero dato anagrafico, ma un elemento che influenzava negativamente il giudizio sulla personalità del reo, giustificando un trattamento sanzionatorio più severo e l’esclusione di benefici.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. La prima, di natura processuale, è un monito per i difensori: un ricorso per Cassazione deve essere specifico, puntuale e deve attaccare le fondamenta logico-giuridiche della sentenza impugnata. La mera riproposizione di argomenti già respinti è una strategia destinata al fallimento. La seconda, di natura sostanziale, ribadisce che la valutazione della gravità del fatto e della pericolosità del reo sono elementi centrali nel giudizio penale, capaci di escludere l’applicazione di istituti di favore come la non punibilità per tenuità del fatto e di giustificare il riconoscimento della recidiva. La lotta contro il reato di resistenza a pubblico ufficiale passa anche attraverso una rigorosa applicazione di questi principi.
Per quale motivo principale il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per la “genericità dei motivi”, in quanto si limitava a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte con validi argomenti giuridici dalla Corte d’Appello, senza contestare specificamente le ragioni della decisione impugnata.
Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.)?
La Corte ha ritenuto che la causa di non punibilità non fosse applicabile a causa della “gravità della condotta” tenuta dall’imputato. Non sussistevano quindi i presupposti per considerare il fatto di particolare tenuità.
Come ha giustificato la Corte il riconoscimento della recidiva?
La Corte ha confermato che la reiterazione di condotte illecite da parte dell’imputato era un sintomo di “persistente pericolosità”. Questa valutazione, influenzata dalle precedenti condanne, ha giustificato il mancato accoglimento della richiesta di esclusione della recidiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32315 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32315 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 26/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NAPOLI il 25/08/1968
avverso la sentenza del 22/10/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
N
visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui all’ art. 337 cod. pen.);
esaminati i motivi di ricorso.
OSSERVA
Il ricorso è inammissibile per genericità dei tre motivi – relativi alla configurabilità del reato di resistenza a pubblico ufficiale, al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. e al riconoscimento della recidiva)
riproduttivi di censure già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dalla Corte di appello (pag. 3).
In particolare, la Corte di appello ha evidenziato che 1) l’imputato ha posto in essere la condotta contestata prima che terminasse, da parte del pubblico ufficiale, il compimento dell’atto di ufficio; 2) stante la gravità della condotta, non sussistevano i presupposti di cui all’art. 131 bis cod. pen. e 3) la reiterazione di condotte illecite ascritte all’imputato era sintomatica di persistente pericolosità e, quindi, influenzata dalle pregresse condanne.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 26/05/ 125.