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Resistenza a pubblico ufficiale: quando è esclusa la tenuità

Un individuo condannato per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni ricorre in Cassazione, lamentando vizi procedurali e chiedendo l’applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, stabilendo che le nullità procedurali devono essere eccepite tempestivamente e che la violenza usata per fuggire, anche se di breve durata, osta al riconoscimento della particolare tenuità del fatto, confermando la condanna.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fuga e spinta a un agente: è sempre resistenza a pubblico ufficiale?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8613 del 2024, torna a pronunciarsi sul delitto di resistenza a pubblico ufficiale, delineando i confini tra una reazione momentanea e una condotta penalmente rilevante. Il caso analizzato offre spunti cruciali sulla tempestività delle eccezioni processuali e sull’inapplicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto quando la fuga è accompagnata da violenza, anche se di breve durata.

I fatti del caso

Durante un controllo di routine, due equipaggi dei carabinieri, con auto di servizio, si avvicinano a un gruppo di persone, tra cui l’imputato, chiedendo i documenti. Gli agenti, alcuni in borghese e altri in divisa, si qualificano mostrando i tesserini. L’imputato, cittadino straniero, si rifiuta di esibire i documenti e tenta la fuga. Nel farlo, spintona con violenza un maresciallo, facendolo cadere a terra e procurandogli lesioni giudicate guaribili in un giorno.

Condannato in primo grado e in appello per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali volontarie, l’imputato propone ricorso per cassazione articolando tre motivi principali:

1. Vizio procedurale: La mancata traduzione del decreto di citazione in appello nella sua lingua, nonostante la sua scarsa conoscenza dell’italiano fosse nota fin dall’udienza di convalida.
2. Errata valutazione della responsabilità: Sostiene di aver posto in essere solo una breve fuga e che la spinta al militare sia stata un gesto involontario. Inoltre, afferma di non aver compreso la qualifica di pubblico ufficiale degli agenti in borghese.
3. Mancato riconoscimento della tenuità del fatto: Secondo la difesa, la condotta minima, il danno esiguo, il successivo comportamento collaborativo e lo stato di incensuratezza avrebbero dovuto portare al riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato e, per alcuni aspetti, inammissibile. Analizziamo le ragioni della decisione punto per punto.

Sulla nullità per mancata traduzione

La Corte chiarisce che la mancata traduzione del decreto di citazione a giudizio per l’imputato alloglotta integra una nullità generale di tipo intermedio, non una nullità assoluta. Questo tipo di vizio procedurale deve essere eccepito tempestivamente, ovvero nel corso del giudizio di appello. Nel caso di specie, il difensore dell’imputato non ha sollevato la questione durante il processo di secondo grado, pertanto la possibilità di dedurre tale nullità è decaduta per tardività.

Sulla ricostruzione della resistenza a pubblico ufficiale

Il secondo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile. La Cassazione ribadisce che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la correttezza logico-giuridica della motivazione dei giudici di merito. La Corte d’Appello aveva ricostruito con precisione l’accaduto: la presenza di auto con i colori d’istituto, l’esibizione dei tesserini da parte degli agenti in borghese e l’intervento di altri militari in divisa. Questi elementi, secondo i giudici, rendevano inequivocabile la qualifica di pubblici ufficiali degli operanti. La spinta violenta, che ha causato la caduta del maresciallo, è stata correttamente qualificata come un’azione finalizzata a vincere l’opposizione e a garantirsi la fuga, integrando pienamente il reato di resistenza a pubblico ufficiale.

Sull’esclusione della particolare tenuità del fatto

Anche il terzo motivo è stato giudicato infondato. La Corte ha spiegato che, per escludere l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., è necessario fare riferimento alle concrete modalità di estrinsecazione del fatto. Nel caso in esame, la “pervicace violenza” utilizzata, sebbene strumentale a una fuga di breve durata, è stata ritenuta un elemento ostativo al riconoscimento della particolare tenuità. La spinta non è stata considerata un gesto involontario, ma un’azione deliberata per sottrarsi al controllo, sufficiente a generare un pericolo significativo. La violenza fisica diretta contro un pubblico ufficiale, anche se di modesta entità, assume una gravità tale da non poter essere considerata “tenue”.

Le conclusioni

La sentenza consolida tre importanti principi giuridici:

1. Decadenza delle nullità processuali: Le nullità a regime intermedio, come la mancata traduzione degli atti per l’imputato straniero, devono essere sollevate nei termini previsti, altrimenti si considerano sanate.
2. Limiti del giudizio di Cassazione: La Suprema Corte non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, logicamente motivata, dei giudici di merito.
3. Incompatibilità tra violenza e tenuità del fatto: La resistenza a pubblico ufficiale realizzata con violenza fisica, anche se contenuta, è di per sé incompatibile con la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, poiché le modalità della condotta rivelano una significativa gravità.

La mancata traduzione di un atto giudiziario per un imputato straniero rende sempre nullo il processo?
No. Secondo la Corte, si tratta di una ‘nullità a regime intermedio’. Ciò significa che il vizio deve essere eccepito dalla difesa tempestivamente, ovvero durante il grado di giudizio in cui si è verificato. Se non viene sollevato in tempo, si considera sanato e non può essere fatto valere per la prima volta in Cassazione.

Spingere un agente durante una fuga è sempre considerato reato di resistenza a pubblico ufficiale?
Sì, se la spinta è un’azione violenta finalizzata a vincere l’opposizione dell’agente e a garantirsi la fuga. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che la spinta, avendo causato la caduta del maresciallo, fosse una condotta violenta e non un gesto involontario, integrando così pienamente gli estremi del reato.

È possibile invocare la ‘particolare tenuità del fatto’ per il reato di resistenza se le lesioni causate sono minime?
Generalmente no. La Corte ha stabilito che la ‘pervicace violenza’ utilizzata per resistere a un pubblico ufficiale, anche se di breve durata e con conseguenze lievi (lesioni di un giorno), è un indicatore di gravità che impedisce l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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