Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8613 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 8613  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato in Senegal il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Palermo il 12/10/2022;
visti gli atti ed esaminato il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO generale, AVV_NOTAIO, che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, difensore dell’imputato, che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza con cui NOME è stato condannato, in concorso con altri, per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali volontarie.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato articolando tre motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge processuale prevista a pena di nullità
Il tema attiene alla omessa traduzione del decreto di citazione in appello nei confronti dell’imputato la cui non conoscenza della lingua italiana sarebbe emersa, si sostiene, sin dalla udienza di convalida in cui NOME fu assistito da un interprete.
L’udienza in appello si sarebbe svolta con trattazione scritta e si sarebbe realizzata una nullità assoluta.
2.2. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità, fatto discendere dalla Corte senza distinguere le singole condotte e le singole posizioni soggettive
Sarebbe in atti la prova che l’imputato avrebbe posto in essere solo una fuga durata pochi secondi e con una involontaria spallata dovuta al movimento del corpo nell’atto di fuggire.
La Corte, inoltre, non avrebbe correttamente valutato, da una parte, il motivo di appello relativo alla mancata conoscenza dell’imputato della qualifica soggettiva degli agenti, che erano in abiti civili e le cui parole non potevano essere comprese dal ricorrente proprio in ragione della sua non conoscenza della lingua italiana, e, dall’altra la natura colposa delle lesioni procurate.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, esclusa sulla base della “immotivata” fuga e della “pervicacia violenza”.
La Corte, si argomenta, non avrebbe valutato una serie di elementi che avrebbero dovuto condurre al riconoscimento della causa di non punibilità, quali la condotta concretamente tenuta (una fuga di pochi secondi ed una spallata involontaria), il danno cagionato (lesioni di un giorno), il comportamento successivo (l’imputato appena fermato si sarebbe reso collaborativo, fornendo le sue generalità), lo stato di incensuratezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, nel complesso, infondato, al limite della inammissibilità.
È infondato il primo motivo.
Le Sezioni unite GLYPH hanno già chiarito che la mancata traduzione nella lingua dell’imputato alloglotta del decreto di citazione a giudizio, in presenza delle condizio richieste dall’art. 143 cod. proc. pen. come interpretato da Corte cost. 12 gennaio 1993 n. 10, integra una nullità generale di tipo intermedio (artt. 178, lett. c) e 180 cod. p pen.) la cui deducibilità è soggetta a precisi termini di decadenza (Sez. U, n. 12 de 31/05/2000, Jakani, Rv. 216259).
In senso conforme, anche recentemente, la Corte ha ribadito che la nullità derivante dall’omessa traduzione del decreto di citazione in appello all’imputato alloglotto che non
comprende l’italiano è di ordine generale a regime intermedio e, pertanto, deve ritenersi sanata qualora non sia tempestivamente eccepita (Sez. 5, n. 20035 dell’01/03/2023, COGNOME, Rv. 284515; Sez.6, n. 44421 del 22/10/2015, COGNOME, Rv.265026 in cui si è ritenuta tardiva la eccezione relativa alla mancata traduzione del decreto di citazione in appello dedotta con il ricorso in cassazione, anzichè nel giudizio di appello).
Nel caso di specie, il difensore di fiducia dell’imputato, che formulò le conclusioni 28/09/2022, nulla dedusse.
Ne consegue che la deduzione oggetto del primo motivo di ricorso è preclusa perchè tardivamente proposta.
3. È inammissibile il secondo motivo di ricorso.
La Corte di appello, anche richiamando la sentenza di primo grado, ha con precisione ricostruito i fatti e spiegato che: a) in occasione del controllo compiuto il 21.6.20 arrivarono sul posto ben due equipaggi dei carabinieri con le auto recanti i colori dell’arma e che i militari chiesero alle persone presenti – tra cui l’imputato- i document mostrando il loro tesserino; b) subito dopo intervennero sul posto ulteriori militari divisa; c) l’imputato rifiutò di esibire i documenti e, per darsi alla fuga, spintonò violenza e con la spalla il maresciallo COGNOME facendolo cadere per terra e cagionandogli lesioni
Rispetto a tale ricostruzione fattuale, il motivo rivela la sua struttur inammissibilità, non confrontandosi con la motivazione delle sentenze e sostanzialmente sollecitando una diversa ricostruzione fattuale; rispetto alla compiuta motivazione della Corte di appello non è obiettivamente chiaro né perché nella specie l’imputato non dovrebbe aver compreso che le persone che chiedevano i documenti non fossero dei pubblici ufficiali e neppure perché la condotta in concreto tenuta non dovrebbe essere sussunta nella fattispecie di cui all’art. 337 cod. pen.
Le censure dedotte si sviluppano sul piano della ricostruzione fattuale e sono sostanzialmente volte a sovrapporre un’interpretazione delle risultanze probatorie diversa da quella recepita dai giudici di merito, piuttosto che a far emergere un vizi della motivazione rilevante ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen.
Secondo i principi consolidati dalla Corte di cassazione la sentenza non può essere annullata sulla base di mere prospettazioni alternative che si risolvano in una rilettura orientata degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, d preferire rispetto a quelli adottati dal giudice del merito, perché consider maggiormente plausibili, o perché assertivamente ritenuti dotati di una migliore capacità esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata ( Sez.
n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, COGNOME, rv. 234148).
L’odierno ricorrente ha sostanzialmente riproposto con il ricorso per cassazione la versione dei fatti dedotta in primo e secondo grado e disattesa dai Giudici del merito; compito del giudice di legittimità nel sindacato sui vizi della motivazione non è tuttavi quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, ma quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a lo disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando completa e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.
E’ possibile che nella valutazione sulla “tenuta” del ragionamento probatorio, la struttura motivazionale della sentenza di appello si saldi con quella precedente per formare un unico corpo argomentativo, atteso che le due decisioni di merito possono concordare nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, (cfr., in tal senso, tra le altre, Sez. 3, n. 44418 del 16/07/ Argentieri, rv. 2574595; Sez. 2, n. 5606 dell’8/2/2007, COGNOME e altro, Rv. 236181; Sez. 1, n. 8868 dell’8/8/2000, COGNOME, rv. 216906; Sez. 2, n. 11220 del 5/12/1997, COGNOME, rv. 209145).
Tale integrazione tra le due motivazioni si verifica allorché i giudici di secondo grado, come nel caso in esame, esaminino le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con riferimenti alle determinazioni ed ai passaggi logico-giuridici della decisione di primo grado e, a maggior ragione, ciò è legittimo quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione del primo giudice (Cfr. la parte motiva della sentenza Sez. 3, n. 10163 del 12/3/2002, Lombardozzi, Rv. 221116).
Nel caso di specie, i giudici di appello, che pure hanno fatto riferimento all argomentazioni sviluppate nella sentenza di primo grado, hanno fornito una valutazione analitica ed autonoma sui punti specificamente indicati nell’impugnazione di appello, di talché la motivazione risulta esaustiva ed immune dalle censure proposte.
È infondato anche il terzo motivo di ricorso, avendo la Corte spiegato come, in ragione delle modalità del fatto, della pervicace violenza strumentale alla realizzazione della fuga, non vi siano i presupposti per riconoscere la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Si è fatta dunque corretta applicazione del principio per cui l’assenza dei presupposti per l’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. motivarsi con riferimento alle concrete modalità di estrinsecazione del fatto, tali d
generare un pericolo significativo in termini di non esiguità. (Cfr., tra le altre, Sez. 31843 del 17/05/2023, COGNOME, Rv. 285065).
Anche in tal caso il motivo non si confronta con la motivazione, essendosi l’imputato limitato, da una parte, a reiterare la tesi secondo cui la “spallata” sarebbe sta involontaria, e, dall’altra, a fare riferimento ad elementi non di per sé decisivi.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 1’8 novembre 2023.