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Resistenza a pubblico ufficiale: quando è attiva?

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per resistenza a pubblico ufficiale. Spintonare e ferire un agente prima di fuggire non è resistenza passiva, ma una condotta violenta che integra pienamente il reato.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Spintonare un Agente non è “Resistenza Passiva”

La distinzione tra resistenza attiva e passiva è un punto cruciale nel diritto penale quando si valuta il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 35957 del 2024, offre un chiaro esempio di come la giurisprudenza interpreti questa differenza, sottolineando che atti violenti, anche se finalizzati alla fuga, integrano pienamente il reato. Analizziamo insieme la decisione per comprendere meglio i confini di questa fattispecie.

Il Caso in Esame: Dalla Presunta Resistenza Passiva alla Fuga

Il caso ha origine dal ricorso presentato da un uomo condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. L’imputato sosteneva, nel suo unico motivo di ricorso, di essersi limitato a una mera “resistenza passiva”, contestando così la sussistenza stessa del reato. A suo dire, il suo comportamento non avrebbe integrato gli estremi della violenza o della minaccia richiesti dalla norma penale.

La Decisione della Corte d’Appello sul Reato di Resistenza

La Corte d’Appello aveva già respinto questa tesi, fornendo una ricostruzione dei fatti ben diversa. Secondo i giudici di merito, la condotta dell’imputato non era stata affatto passiva. Egli, infatti, aveva agito con violenza e minaccia, spintonando uno degli agenti operanti, causandogli lesioni personali, per poi darsi alla fuga. La Corte territoriale aveva sottolineato come queste azioni fossero una chiara dimostrazione di una “resistenza attiva”, finalizzata a opporsi all’atto d’ufficio.

La Valutazione della Cassazione sulla Resistenza a Pubblico Ufficiale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione precedente. I giudici supremi hanno osservato che il motivo presentato dal ricorrente era generico e non si confrontava in modo specifico con la solida motivazione della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva chiaramente spiegato perché la condotta dell’imputato non poteva essere qualificata come passiva, ma rientrava a pieno titolo nella fattispecie di resistenza a pubblico ufficiale.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nella netta distinzione tra un comportamento di semplice non collaborazione e un’azione violenta volta a ostacolare l’operato delle forze dell’ordine. La norma incriminatrice punisce chiunque usi violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale. Nel caso di specie, l’azione di spintonare un agente, arrivando a provocargli lesioni, costituisce un’inequivocabile forma di violenza fisica. La successiva fuga non è un elemento neutro, ma rafforza l’intento dell’imputato di sottrarsi all’atto d’ufficio attraverso un comportamento attivo e oppositivo. La Corte ha quindi ritenuto che il ricorso non scalfisse la logica e coerente argomentazione dei giudici di merito, che avevano correttamente qualificato il fatto come resistenza attiva.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per configurare il reato di resistenza a pubblico ufficiale, è necessaria una condotta attiva che si manifesti tramite violenza o minaccia. La semplice “resistenza passiva”, come il rifiuto di muoversi o una leggera reazione per divincolarsi senza intenti violenti, potrebbe non essere sufficiente. Tuttavia, quando questa opposizione si traduce in un’azione fisica diretta contro l’agente, come una spinta, essa perde il carattere di passività e diventa penalmente rilevante. La decisione conferma che anche un’azione violenta finalizzata unicamente a garantirsi la fuga integra il reato, poiché impedisce o turba il compimento dell’atto d’ufficio. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Qual è la differenza tra resistenza attiva e resistenza passiva secondo questa ordinanza?
Secondo l’ordinanza, la resistenza attiva implica una condotta minacciosa e violenta, come spintonare e arrecare lesioni a un pubblico ufficiale. La resistenza passiva, invece, si limita a una non collaborazione senza violenza.

Spintonare un agente per poi fuggire costituisce reato di resistenza a pubblico ufficiale?
Sì, la Corte ha stabilito che spintonare un agente, causargli lesioni e poi darsi alla fuga sono azioni che dimostrano una resistenza attiva e, pertanto, integrano pienamente il reato.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava efficacemente le motivazioni della Corte d’Appello. I giudici di secondo grado avevano già spiegato in modo chiaro e logico perché la condotta dell’imputato fosse violenta e attiva, e non meramente passiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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