Resistenza a Pubblico Ufficiale: la Fuga non Basta, la Violenza Aggrava
La recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso emblematico di resistenza a pubblico ufficiale, commessa per sottrarsi alle conseguenze di un precedente reato. La decisione chiarisce come la violenza usata contro le forze dell’ordine per impedire la propria identificazione costituisca un reato autonomo e grave, che dimostra un’intensa volontà criminale. Analizziamo insieme i fatti e le conclusioni dei giudici.
I Fatti del Caso
La vicenda ha origine da un incidente stradale. Un automobilista, dopo aver provocato lesioni a un’altra persona, ometteva di prestare soccorso e si dava alla fuga. Le forze dell’ordine, grazie a una rapida indagine, riuscivano a rintracciare il veicolo e a risalire all’abitazione del responsabile.
Una volta giunti alla sua porta, gli agenti venivano accolti con violenza. L’uomo, nel tentativo di impedire la propria identificazione e sottrarsi alle responsabilità per l’incidente, spingeva con forza gli ufficiali. Questo comportamento ha portato a una condanna non solo per l’omissione di soccorso, ma anche per il reato di resistenza a pubblico ufficiale.
La Decisione della Corte e la Configurazione della Resistenza a Pubblico Ufficiale
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando vizi di motivazione e violazione di legge nella sentenza di condanna della Corte d’Appello. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo una mera riproposizione di argomenti già correttamente valutati e respinti nei precedenti gradi di giudizio.
I giudici di legittimità hanno pienamente condiviso l’analisi della Corte territoriale. La condotta dell’uomo non lasciava spazio a dubbi: la violenza esercitata contro gli agenti era chiaramente finalizzata a un obiettivo preciso, ovvero impedire un atto legittimo del loro ufficio – l’identificazione – e garantirsi così l’impunità per il sinistro stradale causato poco prima.
Le Motivazioni
La Corte ha sottolineato la piena sussistenza del dolo, ossia dell’intenzione cosciente e volontaria di opporsi con la violenza all’operato dei pubblici ufficiali. Le motivazioni della decisione si fondano su punti chiave:
1. Finalità della Violenza: L’atto di spingere gli agenti non è stato un gesto istintivo o casuale, ma una reazione mirata a ostacolare l’attività di polizia giudiziaria. Questo ha integrato perfettamente gli estremi del reato di resistenza.
2. Infondatezza delle Attenuanti: È stata respinta la richiesta di applicare l’attenuante dell’ubriachezza accidentale (prevista dall’art. 91 c.p.). La Corte ha specificato che non vi era alcuna prova che lo stato di ebbrezza fosse dovuto a caso fortuito o forza maggiore. Al contrario, la condotta complessiva dell’imputato dimostrava una notevole lucidità nel perseguire il proprio scopo illecito.
3. Gravità del Dolo: La decisione ha evidenziato la “grave intensità del dolo”. L’imputato non si è limitato a fuggire, ma ha aggiunto un’ulteriore condotta violenta e illegale per coprire la precedente. Questo atteggiamento è stato considerato un elemento negativo che ha giustificato la congruità della pena inflitta.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la reazione violenta contro le forze dell’ordine per evitare le conseguenze di un proprio illecito è un comportamento che viene sanzionato con severità. La fuga dopo un incidente è già un reato grave, ma tentare di ottenere l’impunità usando la forza contro chi rappresenta lo Stato aggrava ulteriormente la posizione processuale. La decisione della Cassazione conferma che il sistema giuridico non tollera tentativi di sottrarsi alla giustizia attraverso la violenza, riconoscendo in tali atti una chiara e intensa volontà criminale meritevole di una risposta sanzionatoria adeguata.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che i motivi presentati fossero una semplice ripetizione di argomentazioni già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre elementi di diritto nuovi o validi.
Qual è stato l’elemento chiave per confermare il reato di resistenza a pubblico ufficiale?
L’elemento chiave è stato il dolo, ovvero l’intenzione manifesta dell’imputato di usare la violenza (spingendo gli agenti) con lo scopo preciso di impedire la propria identificazione per l’incidente stradale e garantirsi l’impunità.
Perché non è stata concessa l’attenuante legata allo stato di ubriachezza?
L’attenuante è stata negata perché non è stato dimostrato che l’ubriachezza fosse dovuta a caso fortuito o forza maggiore, come richiede la legge. Inoltre, la condotta, mirata a ottenere l’impunità, è stata ritenuta indicativa di una grave intensità del dolo, incompatibile con la concessione di benefici.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6943 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6943 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a CANICATTI’ il 31/07/1998
avverso la sentenza del 12/03/2024 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di NOME COGNOME
OSSERVA
Ritenuto che il ricorso con cui si deducono vizi di motivazione e violazione di legge (anche processuale quanto. al terzo motivo) in merito alla ritenuta responsabilità per il delitt omissione di soccorso, resistenza a pubblico ufficiale e trattamento sanzionatorio costituiscono reiterazione di motivi adeguatamente confutati dalla Corte di appello nella parte in cui apprezzato la sussistenza del dolo del delitto di cui al capo 2) allorché fuggiva dopo un inciden che aveva provocato lesioni ad altra persona, poneva in essere condotte violente nei confronti dei pubblici ufficiali che, dopo aver rintracciato l’auto e bussato alla porta dell’abitazione di si vedevano spinti violentemente dal ricorrente per impedire la necessaria identificazione pe l’incidente occorso; che corretta e completa risulta la parte della decisione che ha dato atto de congruità della pena per come determinata, della manifesta infondatezza della richiesta della attenuante di cui all’art. 91 cod. pen., non vertendosi in ipotesi di ubriachezza determinata caso fortuito, e dell’assenza di elementi positivi da valorizzare anche in presenza della gra intensità del dolo insita nella condotta attraverso cui si pretendeva l’impunità per quanto pos in essere;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 20/01/2025