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Resistenza a pubblico ufficiale: motivazione illogica

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per resistenza a pubblico ufficiale emessa dalla Corte d’Appello. Il caso riguardava due individui accusati di aver partecipato a una rissa e di aver incitato la fazione avversaria a usare violenza contro le forze dell’ordine intervenute. La Suprema Corte ha ritenuto la motivazione della condanna per resistenza illogica e contraddittoria, in quanto non è plausibile che due gruppi contrapposti in una rissa possano improvvisamente collaborare contro la polizia. La condanna per rissa è stata invece confermata, ma il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio sul reato di resistenza.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a pubblico ufficiale: quando l’accusa è illogica

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30430/2025, offre un importante chiarimento sui requisiti di logicità e coerenza che devono sorreggere una condanna penale, in particolare per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. La vicenda esaminata dalla Suprema Corte riguarda un episodio di violenza collettiva sfociato in un’accusa complessa e, come vedremo, intrinsecamente contraddittoria, portando all’annullamento parziale della sentenza di condanna.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una violenta rissa avvenuta tra due fazioni contrapposte. Due individui, appartenenti a uno dei gruppi, venivano condannati in primo e secondo grado non solo per il reato di rissa, ma anche per resistenza a pubblico ufficiale.

Secondo l’accusa, confermata dalla Corte d’Appello, i due imputati avrebbero incitato i membri della fazione avversaria a usare violenza contro gli agenti di polizia intervenuti per sedare la contesa. L’impianto accusatorio si basava sulle dichiarazioni dei poliziotti e sui certificati medici che attestavano le lesioni riportate da alcuni dei partecipanti alla rissa.

La Decisione della Corte di Cassazione e la valutazione sulla resistenza a pubblico ufficiale

Gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, lamentando principalmente due aspetti:

1. Per il reato di rissa: un difetto di motivazione circa il loro ruolo specifico.
2. Per il reato di resistenza a pubblico ufficiale: l’erronea applicazione della legge e la manifesta illogicità della motivazione.

La Suprema Corte ha respinto il primo motivo, ribadendo un principio consolidato: per integrare il reato di rissa, non è necessario determinare le singole azioni di ciascun partecipe, essendo sufficiente accertare la sua appartenenza a una delle fazioni contrapposte.

Al contrario, la Corte ha accolto il secondo motivo, annullando la condanna per resistenza e rinviando il caso alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nella valutazione della palese contraddittorietà della ricostruzione dei fatti. La Corte di Cassazione ha evidenziato come sia logicamente insostenibile delineare uno scenario in cui due gruppi si stanno aggredendo violentemente e, contemporaneamente, configurare un concorso di persone in cui membri di un gruppo istigano i loro avversari ad attaccare le forze dell’ordine.

Questo “repentino e non spiegato mutamento dell’atteggiamento psicologico dei rissanti”, che da nemici diventano alleati contro un terzo soggetto, è stato giudicato privo di una spiegazione logica nella sentenza impugnata. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta carente anche perché non specificava in cosa consistesse concretamente l’istigazione: non era stato chiarito il contenuto delle frasi pronunciate dagli imputati, né come queste avrebbero potuto effettivamente influenzare la volontà della fazione opposta.

In sostanza, l’accusa di resistenza poggiava su un paradosso: l’alleanza estemporanea tra avversari nel mezzo di un combattimento. La Corte ha sottolineato che, per superare tale apparente contraddizione, sarebbe stato necessario un approfondimento motivazionale specifico, che invece è mancato.

Le Conclusioni

La sentenza in esame riafferma un principio cardine del diritto processuale penale: ogni condanna deve fondarsi su una motivazione esente da vizi logici e contraddizioni. Un’accusa non può basarsi su una ricostruzione dei fatti che sfida la logica comune senza fornire una spiegazione rigorosa e dettagliata. L’annullamento della condanna per resistenza a pubblico ufficiale dimostra come il controllo di legittimità della Cassazione sia un presidio fondamentale per garantire che le decisioni giudiziarie siano non solo formalmente corrette, ma anche sostanzialmente ragionevoli e coerenti.

Per essere condannati per rissa è necessario provare il ruolo specifico di ogni partecipante?
No, secondo la giurisprudenza citata nella sentenza, per la responsabilità penale nel reato di rissa è sufficiente accertare che un conflitto tra gruppi contrapposti si sia verificato e che il soggetto abbia fatto parte di una delle due fazioni, senza la necessità di determinare le specifiche e singole azioni poste in essere da ciascuno.

Perché la condanna per resistenza a pubblico ufficiale è stata annullata in questo caso?
La condanna è stata annullata perché la motivazione della sentenza precedente è stata giudicata contraddittoria e illogica. La Corte ha ritenuto implausibile che due gruppi impegnati in una rissa potessero improvvisamente collaborare, con una parte che istiga l’altra, per opporsi congiuntamente alle forze dell’ordine intervenute.

Cosa significa “annullamento con rinvio”?
Significa che la Corte di Cassazione ha cancellato la sentenza impugnata e ha ordinato che si tenga un nuovo processo su quel punto specifico (in questo caso, il reato di resistenza) davanti a un’altra sezione della Corte di Appello. Quest’ultima dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi di diritto stabiliti dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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