Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 22370 Anno 2025
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Penale Sent. Sez. 6 Num. 22370 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOMECOGNOME nato a Torino il 27/12/1968;
avverso la sentenza emessa in data 6/11/2024 dalla Corte di appello di Torino visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore eji generale NOME COGNOME chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; lette le conclusioni depositate in data 18 aprile 2025’avvocato NOME COGNOME ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Pubblico Ministero del Tribunale di Ivrea ha esercitato l’azione penale nei confronti di NOME COGNOME per il delitto di cui all’art. 341-bis cod. pe commesso in Rivarolo Canavese in data 29 luglio 2018 (capo A), per il delitto di cui all’art. 612 cod. pen., commesso in Rivarolo Canavese in data 29 luglio 2018
(capo B), per il delitto di cui all’art. 336 cod. pen., commesso in Colleretto Giacosa il 16 novembre 2018 (capo D), e per il delitto di cui all’art. 336 cod. pen. commesso in Favria e Rivarolo Canavese il 27 e 28 gennaio 2019 (capo D); delitti aggravati dalla recidiva reiterata e infraquinquennale.
Il Tribunale di Ivrea, con sentenza emessa in data 18 dicembre 2020, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine al reato a lui ascritto al capo B) per mancanza della condizione di procedibilità; ha dichiarato l’imputato responsabile dei residui delitti di cui ai capi A), C) e D), questi ult due riqualificati in resistenza a pubblico ufficiale, e, ritenuta la continuazione, ha condannato alla pena di nove mesi di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni cagionati alle parti civili.
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado, condannando l’imputato appellante al pagamento delle spese del grado.
L’avvocato NOME COGNOME difensore di NOMECOGNOME ricorre avverso tale sentenza e ne chiede l’annullamento, deducendo due motivi.
4.1. Con il primo motivo di ricorso, il difensore difesa censura, con riferimento ai delitti contestati ai capi C) e D), la manifesta illogicità d motivazione.
In entrambe le occasioni, infatti, le condotte minatorie contestate all’imputato sarebbero tenute non già «nel bel mezzo della compilazione degli atti di rito», come sostenuto dalla Corte di appello, ma successivamente alla stessa, come ritenuto dallo stesso giudice di primo grado.
D’altra parte le imputazioni fanno riferimento alla sola redazione dell’identificazione dell’imputato e non già ad altri atti.
La sentenza impugnata sarebbe, dunque, contraddittoria con quanto accertato dalla sentenza di primo grado e con quanto dichiarato dalle persone offese.
4.2. Con il secondo motivo, il difensore lamenta la mancanza di motivazione con riferimento all’elemento soggettivo del reato.
La Corte di appello non avrebbe, infatti, motivato sulla censura, proposta nell’atto di appello, relativa al difetto del dolo specifico costituito dalla volont porre in essere la minaccia per contrastare il compimento di un atto del pubblico ufficiale.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 8 aprile 2025, il Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto di dichiarare inammissibile i
ricorso.
Con note di replica depositate in data 18 aprile 2025 l’avvocato COGNOME ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto nei limiti che di seguito si precisano.
Con il primo motivo di ricorso, il difensore censura, con riferimento ai delitti contestati ai capi C) e D), la manifesta illogicità della motivazione.
Con il secondo motivo, il difensore eccepisce la mancanza di motivazione con riferimento all’elemento soggettivo del reato.
3. Entrambi i motivi sono fondati.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, sussiste il vizio di mancanza di motivazione, ex art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., quando le argomentazioni addotte dal giudice a fondamento dell’affermazione di responsabilità dell’imputato sono prive di completezza in relazione a specifiche doglianze formulate con i motivi di appello e dotate del requisito della decisività (ex plurimis: Sez. 2, n. 36119 del 04/07/2017, COGNOME, Rv. 27801-02; Sez. 5, n. 2916 del 13/12/2013, COGNOME, Rv. 257967).
Nell’atto di appello il difensore dell’imputato ha specificamente contestato la collocazione temporale dell >tcondotte oppositive del ricorrente, rilevando come le stesse siano state tenute solo successivamente al compimento degli atti di ufficio da parte degli agenti operanti.
Questa deduzione assume, peraltro, il carattere della decisività, in quanto, ove accolta, consentirebbe di escludere la qualificazione delle condotte contestate in termini di resistenza a pubblico ufficiale.
Il difensore ha, inoltre, contestato la sussistenza del dolo del delitto di resistenza a pubblico ufficiale.
I giudici di appello hanno, tuttavia, affermato, in modo apodittico, che «dall’analisi del compendio processuale e delle testimonianze assunte appare invero evidente come le parole e il contegno del NOME siano intervenute nel bel mezzo della compilazione degli atti di rito (vd. trascrizioni udienza 21.2.2020, pp. 18 e 24-25)».
Il rilievo dell’autoevidenza del dato probatorio e il richiamo a un passo, non esplicato, dell’incarto processuale integrano, tuttavia, una motivazione puramente apparente.
La Corte di appello non ha, inoltre, motivato sulla censura proposta nell’atto
di appello relativamente alla sussistenza del dolo del reato di resistenza a pubblico ufficiale, ritenendo apoditticamente generico il motivo di ricorso svolto sul punto.
4. Alla stregua di tali rilievi, la sentenza impugnata deve essere annullata e deve essere disposto il rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di
Torino, che dovrà nuovamente motivare sui predetti motivi di appello proposti dall’imputato, uniformandosi ai principi stabiliti da questa Suprema Corte.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino.
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2025.