Resistenza a pubblico ufficiale: la minaccia di autolesionismo è reato?
La minaccia di compiere atti di autolesionismo per fermare un pubblico ufficiale costituisce reato di resistenza a pubblico ufficiale? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha risposto affermativamente, confermando un principio giuridico di notevole importanza pratica.
Il caso esaminato dai giudici supremi riguardava una persona che, per opporsi all’esecuzione di un atto d’ufficio da parte di un agente, aveva minacciato di farsi del male. La questione centrale era stabilire se questo tipo di condotta potesse essere equiparata alla ‘violenza’ o ‘minaccia’ richiesta dalla norma penale per configurare il reato.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello, che aveva già ritenuto colpevole l’imputata. La difesa sosteneva che la minaccia di autolesionismo non avesse le caratteristiche per essere considerata una minaccia idonea a ostacolare l’attività del pubblico ufficiale, chiedendo l’annullamento della condanna.
Il ricorso, tuttavia, è stato giudicato ‘manifestamente infondato’ dalla Corte di Cassazione, in quanto riproponeva una questione già adeguatamente analizzata e risolta dalla Corte territoriale con motivazioni logiche e complete.
La Decisione della Corte sulla Resistenza a Pubblico Ufficiale
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si basa su un orientamento giurisprudenziale consolidato, che interpreta in modo ampio i concetti di violenza e minaccia nel contesto del reato di resistenza a pubblico ufficiale.
I giudici hanno ribadito che qualsiasi comportamento, anche non direttamente aggressivo verso il pubblico ufficiale, che sia finalizzato a impedirgli o contrastargli il compimento di un atto d’ufficio, integra il reato. La minaccia di farsi del male, in quest’ottica, non è vista come un gesto di disperazione irrilevante per il diritto penale, ma come uno strumento di coartazione psicologica volto a paralizzare l’azione dell’agente.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte si fonda su una precisa interpretazione della legge. Il delitto di resistenza a pubblico ufficiale mira a tutelare non solo l’incolumità fisica del funzionario, ma soprattutto il corretto e regolare svolgimento della pubblica funzione. Di conseguenza, la ‘minaccia’ richiesta dalla norma non deve necessariamente essere rivolta alla persona del pubblico ufficiale, ma può manifestarsi in qualsiasi forma che abbia l’effetto di ostacolarne l’operato.
Nel caso specifico, la minaccia di atti autolesionistici è stata considerata una minaccia idonea perché costringe l’agente a desistere dalla propria azione per evitare conseguenze dannose, anche se queste ricadono sulla persona stessa che minaccia. Si crea quindi un ostacolo concreto al compimento dell’atto d’ufficio. La Corte ha richiamato un precedente specifico (Cass. Pen., Sez. 6, n. 42951/2016), secondo cui sussiste il delitto di resistenza anche in presenza di una condotta autolesionistica dell’agente, quando questa sia finalizzata a impedire l’atto dell’ufficio.
Le Conclusioni
Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: la tutela della pubblica funzione prevale e viene garantita anche contro forme di opposizione ‘indirette’. La decisione chiarisce che la resistenza a pubblico ufficiale non si limita all’aggressione fisica o alla minaccia verbale diretta, ma include anche comportamenti manipolatori come la minaccia di autolesionismo. Per gli operatori di polizia e i pubblici ufficiali, ciò rappresenta un’importante conferma della tutela offerta dall’ordinamento. Per i cittadini, è un monito a non utilizzare tali condotte per opporsi a un atto legittimo, poiché possono avere conseguenze penali significative.
Minacciare di farsi del male per fermare un pubblico ufficiale è reato?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, minacciare di compiere atti autolesionistici con lo scopo di impedire o contrastare il compimento di un atto d’ufficio integra il delitto di resistenza a pubblico ufficiale.
Qual è il delitto che si configura in questi casi?
Si configura il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, in quanto la minaccia di autolesionismo viene considerata una forma di minaccia idonea a ostacolare l’attività del pubblico ufficiale.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato e riproduttivo di una questione già esaminata e correttamente risolta dalla Corte d’Appello, la cui motivazione era logica e completa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6913 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6913 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a REGGIO CALABRIA il 27/03/1977
avverso la sentenza del 04/06/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di NOMECOGNOME
OSSERVA
Ritenuto che il ricorso con cui si deducono vizi di motivazione e violazione di legge è manifestamente infondato e riproduttivo di identica questione già sottoposta al vaglio ed adeguatamente confutata dalla Corte di appello che ha evidenziato, con motivazione logica e completa, come la minaccia di atti autolesionistici costituisse minaccia idonea ad ostacolare il compimento dell’atto dell’ufficio (cfr. Sez. 6, n. 42951 del 09/09/2016, COGNOME, Rv. 268719 secondo cui sussiste il delitto di resistenza a pubblico ufficiale in presenza di una condott autolesionistica dell’agente, quando la stessa sia finalizzata ad impedire o contrastare i compimento di un atto dell’ufficio ad opera del pubblico ufficiale);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/01/2025.